Da quando con Totò Cuffaro ho presentato il libro di Gianfranco Rotondi, “La variante Dc”, ho compreso una volta di più l’odio che impregna questo Paese.

Di una colpa adesso sono accusato anch’io, anche se per fortuna ancora non si finisce in carcere, sono reo di aver presentato il libro con Cuffaro: di essermi seduto accanto a lui, di essermi fatto fotografare al suo fianco, perfino di aver scambiato qualche battuta e magari qualche sorriso.

In Italia, il paese di Beccaria, un detenuto lo è per sempre e per sempre merita l’isolamento. Non è necessario essere stati condannati all’ergastolo, se hai passato anche un solo giorno in carcere resti comunque un detenuto a vita. Un marchio indelebile. E poco importa se la nostra Costituzione, al comma 3 dell’articolo 27, dice: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Proprio così, “rieducazione del condannato”. Nelle tradizionali divisioni destra vs sinistra la frase “sbattilo in carcere e butta la chiave” è una frase tipicamente di destra. In Italia capita spesso che questa tesi sia sposata anche da chi si reputa di sinistra. Gli estremi coincidono.

Io vado spesso in carcere, per fortuna con i miei piedi, incontro i detenuti, vedo cosa mangiano, verifico le condizioni delle celle, se hanno l’acqua calda. Mi preoccupo di segnalare al Dap ciò che non va e vi assicuro che c’è tanto da segnalare. Soltanto in carcere e morendo si diventa tutti uguali, potenti e poveri cristi. Cuffaro è stato condannato, ha passato le notti nel carcere di Rebibbia, ha scontato la sua pena con grandissima dignità ed è ritornato in libertà il 13 dicembre del 2015.

Ha riconosciuto i suoi errori. Da quel giorno è un uomo libero e merita di vivere la sua vita. Può andare al bar, può lavorare, può coltivare le sue passioni, può addirittura presentare libri. Ciò che non può fare lo stabilisce la legge non quei “cattivi perbenisti” che emettono sentenze anche quando “la seduta è tolta”.

Quando era un potente Presidente della Regione io Cuffaro nemmeno lo conoscevo, mai visto. Lezioni da chi, al governo con lui o peggio ancora all’opposizione, stava dietro la sua porta a chiedere prebende e adesso lo tratta da appestato, non ne prendo.

(Tratto da Facebook)