Da qualche settimana la politica ha portato a casa i nuovi dirigenti regionali. Capi dipartimento per lo più sprovvisti della qualifica di “prima” o “seconda” fascia, utile a occupare i vertici della burocrazia. I partiti, e in questo caso il governo, hanno deciso di andare avanti, in barba alle normative e alla giurisprudenza (e alle interrogazioni parlamentari: l’ultima porta la firma del “dem” Nello Dipasquale), che di fatto escluderebbero dalla competizione i dirigenti di “terza fascia”, ex dirigenti tecnici o amministrativi. Eppure, quelli nominati a capo dell’Amministrazione regionale sono tutti accomunati da questa condizione: da Giovanni Bologna, che ha preso in mano l’Ufficio legale, passando per Dario Cartabellotta, ex assessore di Crocetta e fresco di conferma all’Agricoltura. Ma anche i “nuovi”, da Benedetto Mineo (Finanze) a Ignazio Tozzo (ragioniere generale) a Carmen Madonia, che Musumeci ha promosso dal suo ufficio di gabinetto alla Funzione Pubblica.

Palazzo d’Orleans, negli ultimi vent’anni, non ha sopperito al pensionamento dei superburocrati: per questo le prime due fasce risultano “vacanti”. Nella dotazione organica della Regione siciliana rimangono sei dirigenti di “seconda fascia”, ma saranno soltanto quattro a fine anno (e per il momento sono rimasti in panchina). Da qui l’unica mossa possibile: promuovere chi, stando alle leggi n.10/2000 e n.20/2003 non ha i requisiti per occupare le posizioni apicali. Anche gli “esterni”, che potrebbero essere selezioni nel limite del 30% della pianta organica, rimangono alla finestra: l’unico ancora in corso è Federico Lasco, che nei prossimi mesi potrebbe accasarsi alla Programmazione, dove per il momento è finito Vincenzo Falgares ad interim.

Musumeci e soci hanno provato ad aggirare l’ostacolo. Hanno cercato la sponda nel Cga, il consiglio di giustizia amministrativa, che però l’ha ritenuto “inammissibile”, poiché la questione era già stato oggetto di contenzioso. E all’Aran, ossia l’agenzia per la rappresentanza negoziale, che però non si occupa di interpretare norme bensì contratti. Ed è questo che ha risposto all’assessorato alla Funzione pubblica qualche giorno fa (dopo che il governo aveva già ufficializzato le nomine). “La richiesta di parere in oggetto – ha fatto sapere l’Aran – non rientra tra le attività istituzionali correlate all’interpretazione delle norme contrattuali” e pertanto “appare ragionevole concludere, non essendo la questione interpretativa riguardante tanto la norma contrattuale, quanto piuttosto le norme di legge regionali che regolano la materia, che la richiesta di parere non debba essere rivolta a questa Agenzia”.

L’Aran, rappresentata da Ninni Gallo, tirandosi fuori ha segnalato che “sulla base della consolidata giurisprudenza della Magistratura contabile, l’adozione di provvedimenti, anche di natura amministrativa, sulla base di pareri richiesti e formulati da Organi non istituzionalmente competenti, potrebbe determinare l’insorgenza di correlate responsabilità erariali nel caso in cui la loro adozione risultasse in contrasto con l’Ordinamento giuridico”. Insomma, per la Regione è stato l’ennesimo buco nell’acqua, dopo quelli collezionati col Cga, e tempo addietro, col giudice di Pace, con la Corte d’Appello di Palermo, col Tar, con il Commissario dello Stato, e persino con la Corte Costituzionale. La norma va riscritta e aggiornata per evitare di incorrere in qualche guaio.

Ma un’altra partita di assoluto spessore si gioca a un livello più basso e riguarda i dipendenti. Il cosiddetto comparto “non dirigenziale”. Che è composto da funzionari (categoria D), istruttori (categoria C), collaboratori (categoria B) e operatori (categoria A). Maurizio Baio e Antonio Damiano, rispettivamente “collaboratori” dell’assessorato alla Salute e all’Economia, nelle ultime ore hanno denunciato “una discriminazione del personale del comparto” che va “a discapito delle categorie A e B”: “Nell’amministrazione regionale esistono da sempre due pesi e due misure – scrivono in una lettera -. Assistiamo, quasi giornalmente, alle esternazioni di una classe politica che, per nascondere la sua incapacità a gestire la macchina amministrativa ed il suo personale, continua a gettare fango sull’intera categoria dei Regionali (speranzosa di un ritorno elettorale, in considerazione del fatto che oggi va molto di moda “il denigra il regionale”) senza fare alcuna distinzione”.

Mentre nel 2001, grazie a una normativa ad hoc e un accordo sindacale legittimato da un decreto del presidente della Regione pro-tempore, il personale precedentemente assunto in qualità di operaio, dattilografo, agente tecnico, assistente contabile, assistente amministrativo, etc. si ritrovò da un giorno all’altro inquadrato nella categoria degli Istruttori e dei Funzionari (categoria C e D), ha avuto una sorte diversa il personale “precario” a cui, nel 2011, venne proposto (o meglio, imposto) un ridimensionamento professionale: “Circa 5.000 soggetti – scrivono Baio e Damiano – furono inquadrati nelle categorie A e B pur avendo già espletato mansioni ben superiori nell’amministrazione regionale. Ad oggi – contestano i due – ci sono nell’amministrazione regionale 3.636 impiegati regionali che, benché inquadrati nell’ambito delle categorie A e B, sono stati definiti di recente come personale non qualificato con mansioni manuali e generiche”.

Si tratta per lo più di personale che “porta avanti interi settori dell’amministrazione regionale come i centri per l’impiego, le motorizzazioni, uffici periferici e non, utilizzando piattaforme informatiche dedicate e istruendo pratiche in piena autonomia e partecipando ai corsi di formazione professionale”. E che avrebbe le carte in regola per un upgrade che non gli è stato mai riconosciuto dalla politica, rea – piuttosto – di utilizzare questi bacini di precariato a scopo elettorale: “Tutto il personale di categoria C e D – scrivono Baio e Damiano – è stato definito da alcuni rappresentanti sindacali come un insieme d’impiegati tecnici a elevato grado di autonomia a cui in questo periodo di emergenza è stata demandata la mole di lavoro più ingente svolto in smart working utilizzando la propria connessione da casa. Nessun accenno, invece, alle due categorie di fantasmi A e B che hanno continuato a fare il proprio lavoro in smart working e non. Le nuove normative messe in campo dall’amministrazione regionale, più che mirare a dare il giusto riconoscimento a questo personale, permette con l’avallo delle sigle sindacali conniventi di attivare procedure vessatorie e discriminatorie”.

E vengono portati un paio d’esempi. Il primo è la normativa in materia di trasparenza e anticorruzione. Essa prevede che il personale C e D che per un periodo superiore ai 5 anni si è occupato della stessa materia può ruotare nell’ambito dello stesso servizio, mentre il personale A e B deve cambiare obbligatoriamente servizio o addirittura dipartimento. Un’altra questione, invece, riguarda il nuovo sistema di valutazione della performance: a parità di obiettivi raggiunti dal servizio o struttura in cui il personale è inquadrato, prevede una valutazione massima di 97,6 per Funzionari e Istruttori e 94 per A e B, valutazione quest’ultima che incide sulla Progressione Economica Orizzontale prevista per il 30% del comparto nell’ultimo rinnovo contrattuale triennio economico e giuridica 2016-2018 (approvato, peraltro già scaduto, nel maggio del 2019).

L’aut aut, adesso, arriva proprio da “collaboratori” e “operatori”: Oggi queste due categorie di personale hanno deciso finalmente di dire basta, invitando l’Amministrazione regionale e tutte le sigle sindacali, che di fatto dovrebbero garantire i loro iscritti A e B, ad attivarsi affinché vengano riconosciuti i diritti dei fantasmi della Regione Siciliana. Ciò dovrebbe accadere procedendo ad una riqualificazione/riclassificazione, utilizzando come criterio determinante il titolo di studio posseduto e le mansioni effettivamente svolte negli ultimi di servizio. Sarebbe il momento che la politica si rendesse conto che il personale regionale di categoria A e B ha fatto la sua parte, adesso è giunta l’ora di valorizzare le professionalità acquisite da questo personale nel corso di un ventennio. In sede di contrattazione ARAN sui sistemi di riqualificazione e riclassificazione del personale del comparto la politica deve, adesso, fare la sua parte e in collaborazione con le parti sociali coinvolte dare il giusto riconoscimento a questi fantasmi che tanto hanno dato a questa Amministrazione”.