Sembra una burla, sembra Lercio. Ma l’arresto del presidente di un’associazione antiracket per estorsione è la realtà. Sconcertante e comica allo stesso tempo. Uno che si occupa di accompagnare le vittime degli usurai in un percorso di ritorno alla vita, che chiede il pizzo per sé. Cose dell’altro mondo. E’ successo a Salvatore Campo, 75 anni, ora ai domiciliari. Il presidente di A.si.a. (associazione siciliana antiracket di Aci Castello) è stato beccato mentre chiedeva il 3% (inteso come “ristoro di legge”) dell’indennizzo statale al gestore di una libreria vittima di estorsione. O due buste, contenenti 1500 euro, a una famiglia che aveva assistito all’omicidio di un proprio caro, altrimenti avrebbe interrotto l’assistenza a suo favore.

Vere e proprie tangenti nel mondo candido dell’antiracket. “Candido” come quello dell’antimafia, in cui troppo spesso si sono mischiate carriere e business, affabulatori e bugiardi. In cui i confini sono labili, e per questo è meglio non fidarsi. E pensate che il buon Campo – che fra l’altro, da personaggio già molto contestato, dovette lasciare un’associazione di Catania per crearne una “sua” ad Aci Castello – non abbia mai avuto a che fare con la politica? Ne he avuto, ne ha avuto. Con il Movimento 5 Stelle degli onesti, in verità, che lo avevano invitato nella sede dell’Ars di Catania per la presentazione di un disegno di legge per l’insegnamento dell’antimafia nelle scuole (c’è una foto che lo ritrae). E poi i grillini avevano persino spalancato le porte al figlio, che si era candidato alle Amministrative ma aveva raccolto appena 135 voti. Campo è accusato anche di falso ideologico e peculato (intascò dei contributi regionali). Non si è fatto mancare nulla, in questa vicenda tragicomica.