Negli ospedali la situazione è al collasso. Ma anche i 128 mila siciliani (circa) costretti a casa col Covid, imprigionati nelle grinfie di una sanità a corto di personale (dalle Usca in giù), non se la passano meglio. Sembra tutto così surreale, eppure la pandemia gravita sulla testa del mondo da un paio d’anni. Durante l’audizione in commissione Salute, ieri all’Ars, l’assessore Ruggero Razza ha provato a rassicurare i parlamentari. Ma ad Antonello Cracolici, del Pd, la storiella non è andata giù: “Appare evidente che nella gestione dell’emergenza Covid il governo regionale sia del tutto assente ed incapace – ha detto l’ex assessore -. Il boom di contagi tra Natale e Capodanno era annunciato, eppure non si è provveduto ad adeguare il numero dei posti letto Covid sulla base delle previsioni di ricoveri”.

E’ un dato inconfutabile che molti ospedali, nelle ultime ore, si siano trovati di fronte al ‘dramma’ – perché non è facile dal punto operativo né logistico – di dover riconvertire interi reparti. Il “Cervello” di Palermo ha dovuto chiudere quello di Ginecologia e Ostetricia, dove nascono ogni anno 1.500 bambini. Fra Biancavilla e Caltagirone sono stati riconvertiti venti posti letto. A Ragusa sono stati accorpati i reparti di Chirurgia, Urologia e Otorino-laringoiatra (con una limitazione dell’attività operatoria), ed è stato riservato un modulo del nuovo ospedale alla Medicina Covid. Il meccanismo, che coinvolge tutte le province, si ripercuote sull’utenza extra Covid: fra ricoveri sospesi, interventi rimandati e liste d’attese che si gonfiano, l’emergenza ‘vera’ potrebbe durare mesi. Allo stato, è in atto la riconversione di 634 posti letto fra sanità pubblica e strutture accreditate. Non sempre, però, fila tutto liscio. Il ‘Piemonte’ di Messina sarebbe dovuto diventare Covid Hospital da qui a poco, con la chiusura contestuale del Pronto soccorso. Se non fosse che i deputati del Movimento 5 Stelle, Antonio De Luca e Valentina Zafarana, si sono opposti fermamente, scongiurandola: “Il Piemonte – ha scritto De Luca in una nota – non è in grado di ottemperare alla funzione in quanto la struttura è vecchia e occorrerebbe troppo tempo per adeguarla. I degenti dovrebbero essere trasferiti e si interromperebbero alcuni servizi essenziali”. Infine “nei Pronto soccorso cittadini ci sono ore di attesa per le ambulanze e con la chiusura del punto centrale queste code aumenterebbero ancora”.

Le code sono ovunque. Qualche giorno fa, sulla rampa del “Cervello”, gli autisti soccorritori del 118 hanno inscenato una protesta coi pazienti a bordo delle ambulanze. Per i casi più urgenti è stato allestito un ospedale da campo, ma il tendone ieri s’è sgonfiato e in cinque sono stati evacuati sotto la pioggia. Le strutture, quelle vere, sono sature e dei posti ‘aggiuntivi’ (571 fra terapia intensiva e sub-intensiva) promessi dalla struttura commissariale anti-Covid, sono arrivate solamente le briciole. L’ultimo dato aggiornato, a metà ottobre, parla di 95 posti letto completati. Gli interventi hanno riguardato l’ospedale Parlapiano di Ribera (20 posti), nell’Agrigentino; il Garibaldi-Centro (16) e il Policlinico Rodolico a Catania (15); il Policlinico Martino di Messina (15); l’Ospedale Civico (12) e il Policlinico Giaccone a Palermo (17).

Anche il sito dedicato al potenziamento della rete ospedaliera è in manutenzione. L’unica voce rimasta è quella dell’ingegnere Tuccio d’Urso, che coordina la struttura commissariale anti-Covid di Musumeci. L’ex direttore del dipartimento Energia ha pubblicato sui social il dato estrapolato dal sito della presidenza del Consiglio, da cui emerge che la Sicilia è la prima regione italiana per somme trasferite da Roma: poco più di 58 milioni. Inizialmente ne erano previsti 128. Poi, a ottobre, s’è scoperto che il piano – “sottodimensionato” – andava aggiornato con nuove previsioni di spesa e di lavori. Questo ha comportato uno stop dei finanziamenti: molte imprese si sono fermate, qualcuna è andata avanti senza troppa convinzione.

Prima di Capodanno, ad esempio, si sarebbero dovuti completare altri 22 posti letto al ‘Cervello’. Per un totale di 194 in tutta l’Isola: dato che avrebbe permesso di raggiungere il 50 per cento del target. L’attesa si protrarrà ancora. Poco meno di 250 posti sono ancora da appaltare e, nella migliore delle ipotesi, vedranno la luce in estate. Dalla commissione Salute, però, esigono risposte immediate: “Per quel che riguarda le strutture, dal momento che siamo arrivati a dovere allestire ospedali da campo, il commissario delegato per l’emergenza Covid in Sicilia può spiegare quanti dei reparti e degli spazi previsti e già finanziati, sono stati realizzati e sono dunque in funzione?”, ha chiesto Cracolici. L’assessore Razza sostiene che al momento, nell’Isola, non c’è carenza di posti in terapia intensiva. Quello delle Rianimazioni, occupate al 17%, in effetti èè l’unico dato che ci mette al riparo dalla zona arancione. L’incidenza per 100 mila abitanti e la percentuale di riempimento dei reparti d’area medica, infatti, hanno sconfinato i livelli d’allerta.

Ma ci sono anche altre questioni: le solite. “Il tracciamento – scrive in una nota il deputato dem – appare del tutto saltato, e ci sono enormi differenze tra i dati delle Asp e quelli raccolti dai comuni al punto che sorge il dubbio che i dati ‘ufficiali’ comunicati dal governo non siano veritieri. Insomma – ha proseguito Cracolici – manca l’organizzazione a tutti i livelli, si sta offrendo lo spettacolo di una regione in stato di guerra con gli ospedali da campo. In molti casi a mettere una pezza ci pensano gli operatori con le loro iniziative o i cittadini che, mossi dal buonsenso, si adoperano con isolamenti autonomi mentre molti di loro sono chiusi in casa in attesa di comunicazioni, o di poter fare il tampone”. Nei giorni scorsi Razza aveva chiesto al Partito Democratico di smetterla con la propaganda. Ma fino a lunedì, dopo una fila di cinque ore all’hub della Casa del Sole di Palermo, agli ‘avventori’ è stato comunicato che i kit erano terminati.

Sul fronte dei vaccini, invece, si è registrato qualche disguido all’hub dell’ospedale Civico, che per quattro giorni, dal 6 al 9 gennaio, ha chiuso. Suscitando le proteste dei sindacati. Nei grandi hub di Palermo, Catania e Messina, invece, il servizio andrà garantito fino alla mezzanotte per permettere anche agli over 50 più riottosi (ma per i quali la vaccinazione è diventata obbligatoria) di aderire alla campagna. L’ultimo problema in ordine di tempo, però, riguarda il nuovo reclutamento di personale. E’ di qualche settimana fa, infatti, la segnalazione dell’ex deputato del Pd, Franco De Domenico, secondo il quale al Policlinico Martino di Messina, a fronte di 28 posti di terapia intensiva, era possibile garantire appena 12 ricoveri per la mancanza di anestesisti. Anche il commissario ad acta dell’azienda ospedaliera ha ammesso che “il contingente di anestesisti rianimatori assegnati alla degenza terapia intensiva Covid non consente ulteriore disponibilità di accoglienza di pazienti positivi”. Nonostante le seimila assunzioni (a livello regionale) per far fronte alla pandemia, la coperta resta troppo corta. E l’emergenza pronunciata. All’ospedale Villa Sofia-Cervello di Palermo sono state aperte le selezioni per reclutare 50 infermieri con contratto a tempo determinato da catapultare nei reparti Covid.

Il sindacato degli infermieri (Nursind), che per il 28 gennaio ha promosso una giornata di sciopero nazionale, a Messina segnala una situazione drammatica: “Al Policlinico c’è il serio rischio di rifiutare i pazienti. Il sistema è al collasso e visto che non esistono da due anni Malattie infettive, Pneumologia e ci sono pochissimi posti di Rianimazione, e dato che questi reparti sono diventati esclusivi Covid e adesso verranno a mancare anche la Medicina e la Geriatria, ci chiediamo dove andranno a curarsi le broncopneumopatie ostruttive in cura da anni in Pneumologia? O i malati di Hiv o di altra patologia infettiva quando necessitano di ricovero? E i malati di Medicina? Persino la Rianimazione e i reparti Covid – sostiene il Nursind – sono stati aperti in fretta e furia senza nessuna sicurezza”. ‘Andrà tutto bene’ è rimasto solo un auspicio. La situazione è assai diversa dagli slogan.