“Un bottino di guerra, una terra di mezzo da conquistare, un’occasione per fabbricare vantaggi economici e rendite personali”. E’ questo il giudizio della commissione regionale Antimafia relativamente alla sanità siciliana. La relazione finale è stata approvata oggi all’unanimità. All’inchiesta sono stati dedicati undici mesi di lavoro e cinquantacinque audizioni. Percorrendo un tragitto impervio, che va da Lucia Borsellino ad Antonio Candela. Il manager palermitano, considerato a lungo un paladino della legalità, è finito dentro il calderone più devastante: l’inchiesta ‘Sorella Sanità’ che ha portato anche a un altro arresto eccellente: quello dell’ex direttore della Cuc, Fabio Damiani.

“La sanità pubblica, nelle parole di Antonio Candela, sarebbe stata solo “un condominio” (anzi: il suo condominio), un privatissimo business del quale spartirsi quote millesimali, carriere, appalti, profitti: tutto. Non si tratta solo dell’idea malata e isolata d’un personaggio che ha fatto della propria carriera, e di una certa ingiustificata notorietà, il passepartout per impadronirsi della sanità siciliana. In questi vent’anni – si legge nelle conclusioni dell’Antimafia – una parte non irrilevante dei ceti professionali, pubblici e privati, ha avuto lo stesso sguardo avido sulla salute dei siciliani”.

L’inchiesta si è concentrata su due direttrici: la trasparenza della spesa sanitaria e, dunque, l’efficacia dei meccanismi di controllo; la legittimità delle interferenze della politica nella gestione della sanità siciliana. Che spesso si sono rivelate assillanti, come all’epoca del governo Crocetta. E in modo particolare della dottoressa Lucia Borsellino, che non è stata audita per motivi di salute. “Certamente – evidenzia la commissione diretta da Claudio Fava – la stagione di governo che ha visto Lucia Borsellino alla guida della sanità regionale ed un nutrito nugolo di malversatori e presunti “consigliori” agitarsi alle sue spalle è una delle pagine meno degne di questi anni. Anche per l’oltraggio che quel cognome, così importante per la Sicilia, ha ricevuto impunemente da taluni personaggi”. Una figura, quella della Borsellino, indebolita da alcuni rappresentanti del ‘cerchio magico’ di Crocetta. Ce ne sono due in particolare: Matteo Tutino, chirurgo plastico e medico personale dell’ex sindaco di Gela; e Giacomo Sampieri, ex commissario straordinario dell’ospedale Santa Sofia di Palermo. Quando Tutino, il 29 giugno 2015, viene arrestato, si scopre il suo forte ascendente sul presidente della Regione. Il giorno dopo la Borsellino si dimette.

La vicenda è ripercorsa da Pippo Di Giacomo, ex parlamentare regionale del Pd, che in quella fase rivestiva il ruolo di presidente della commissione Salute. “Attorno al presidente della Regione – disse all’epoca dei fatti (ma il concetto è stato ribadito anche in audizione) – s’è creato un cerchio magico, di poca chiarezza e di grande pericolosità, che ha speso e continua a spendere, il più delle volte impropriamente, il nome di Crocetta in contesti non oltremodo trasparenti. Un giro di persone in malafede, qualcuno pure affarista, che lo sta travolgendo (…) Questo è un sistema contro il quale Lucia ha combattuto per tanto tempo, a dispetto del suo fisico gracile, come una leonessa. Ma questa cosa l’ha stancata. È stanca di essere nell’occhio del ciclone per vicende opache”.

Il giornalista Mario Barresi, de ‘La Sicilia’, rigira il coltello nella piaga, esplicando il modus operandi di Crocetta e dei suoi governi, dove si fa spazio il solito senatore della porta accanto, Beppe Lumia: “C’è un magistrato o una indiscussa personalità messa lì come simbolo di legalità, a garanzia: nel caso dei rifiuti erano stati PM, Marino e la Contrafatto; nella sanità c’era la Borsellino, con un cognome in Sicilia pesantissimo… E poi c’era invece una sorta di contropotere occulto che passava attraverso gli uomini di punta, personaggi che non avevano assolutamente alcuna competenza per prendere le decisioni sulla sanità e che, invece, interferivano”.

Un altro capitolo rilevante degli undici mesi di lavoro della commissione Antimafia riguarda ‘Sorella Sanità’ e il ruolo di Candela e Damiani, di cui si offre un’accurata descrizione. Vengono definiti “paladini indiscussi della legalità e della lotta al malaffare; testimonial per manifestazioni e congressi di qualsiasi tipo e colore; top player per lo scacchiere delle poltrone che contano. Ma anche protagonisti di un sistema criminale dedicato a controllare minuziosamente gli appalti della sanità siciliana”. Ma la politica in tutto questo che fa? Sembra non accorgersi di nulla, è l’amara constatazione. Lo dimostra la genesi della Cuc, istituita nel 2015 e divenuta in breve tempo l’epicentro della corruzione: “Dopo una fase di start-up” infatti “comincia a perdere colpi: le procedure vengono sistematicamente falcidiate dal giudice amministrativo e le risorse umane sono troppo poche per sorreggere l’enorme mole di lavoro”. Da qui il crollo e gli inferi, complice l’intreccio d’interessi che coinvolge Fabio Damiani.

L’inchiesta dell’Antimafia si conclude con una riflessione sulla pandemia: “Occorre registrare come la crisi Covid-19 abbia evidenziato, qualora ve ne fosse stata ulteriore necessità, i deficit di organico nel comparto della sanità regionale. Se è vero che tale tema può essere solo accennato da questa relazione, vale comunque la pena sottolineare che solo lo sblocco delle procedure concorsuali potrà garantire un accesso trasparente ai ruoli della sanità pubblica. Riducendo, al tempo sesso, il potere di condizionamento della politica e ristabilendo il primato del merito nelle procedure di assunzione”.