Il 22 luglio scorso, senza alcuna autorizzazione, un uomo ha fatto irruzione negli uffici dell’assessorato all’Istruzione e alla Formazione professionale, per chiedere i “piccioli”. L’assessore Lagalla si è indispettito ed è uscito, lasciando che fossero gli uomini del suo staff a riportare la pace. Questione di minuti, ma ce l’hanno fatta. Un episodio deprecabile, che però è sintomo di un malessere profondo. Quello dei lavoratori della formazione, una categoria messa su dalla Regione siciliana e, negli anni, inspiegabilmente abbandonata.

L’ultimo censimento risale al mese di maggio, quando si è concluso l’aggiornamento dell’albo professionale: 5 mila persone hanno chiesto di confermare la propria iscrizione (tra cui i 1.200 ex sportellisti), ma nell’elenco – 187 pagine di nomi e cognomi – mancano data di nascita e data di assunzione, che secondo il deputato del M5s, Nuccio Di Paola, “sono importanti per poter fare verifiche e dare tranquillità ai cinquemila lavoratori. Ci avevano detto che era un problema di privacy e che sarebbe stato superato con la pubblicazione del nuovo albo. A che gioco stanno giocando?”. Mentre 2.563 utenti non hanno avviato la procedura, decadendo dal diritto di essere inseriti nell’albo (a esaurimento) che tutela i lavoratori più anziani e ne favorisce l’inserimento negli enti di formazione (almeno fino al 2030). Gli stessi accreditati per rispondere agli avvisi della Regione.

Sembra il caos, ma è più facile di quanto si immagini. Da anni la Regione siciliana – ad eccezione del “blocco” durante la stagione degli scandali e di Crocetta – pubblica degli avvisi. Alcuni enti vengono accreditati, ottengono dei finanziamenti e distribuiscono cattedre, pescando nell’albo di cui sopra. Man mano che passa il tempo, però, sempre più personale rimane a spasso. Senza un lavoro. Senza un euro. E la Regione s’inventa un modo per sopperire: l’ultimo, grazie a una norma inserita nella Finanziaria di cartone, è l’attivazione di un fondo di garanzia (istituito per legge nel 2003) che riguarda “il personale dipendente del settore della formazione professionale iscritto all’albo (…) già posto in mobilità e quello risultante in esubero rispetto alla programmazione del piano regionale dell’offerta formativa finalizzato ad una politica di sostegno al reddito”. Una sorta di cassa integrazione per ripagare questa gente di anni di “crudeltà” e abbandono. Molti sono rimasti fuori quando si è ridotto il numero degli enti accreditati (per ovvio tornaconto della politica).

Tornando all’ultima Finanziaria, per buona parte congelata in attesa della rimodulazione dei fondi extraregionali, Roberto Lagalla e Antonio Scavone, assessore al Lavoro, hanno autorizzato l’anticipazione di 15 milioni – dal capitolo di quest’ultimo – per il pagamento del fondo di garanzia. Per far fronte ad anni di arretrati. Una goccia dell’oceano, visto che i sindacati avevano altre pretese (50 milioni). Ma comunque un primo passo per tenere a bada la protesta: “Grazie alla disponibilità del presidente Musumeci e della giunta – ha detto Lagalla – nonché alla particolare sensibilità dimostrata dall’assessore Antonio Scavone, si è sbloccata una situazione giacente e incancrenita da tanti anni alla quale il governo Musumeci ha posto, sin dal suo insediamento, particolare attenzione. E’ stata ricercata e collegialmente trovata una soluzione tecnica che ha consentito, con il fondamentale contributo dell’assessore al Lavoro, di fornire accelerate risposte al comparto della formazione professionale e, in particolare, a quella parte di lavoratori che, anche dopo la ripresa delle attività formative, sono rimasti esclusi da un rientro occupazionale che ha interessato ben oltre la metà degli operatori iscritti all’albo professionale di settore”.

Anche per chi lavora la situazione non è rosea. Proprio qualche giorno fa, le associazioni Anfop, Asef, Assofor, Cenfop, Forma Sicilia, Forma.Re, Confimpresa Italia e Federterziario, hanno scritto una lettera all’assessore Lagalla per “segnalare la paralisi amministrativa che ha investito in questi mesi l’Assessorato dell’Istruzione e Formazione Professionale, certamente anche a causa dell’emergenza sanitaria e della carente risposta organizzativa. Le maggiori criticità si riscontrano nell’ambito dell’erogazione dei pagamenti, che è opportuno ricordare sono stati sospesi da fine dicembre 2019 ai primi di giugno 2020 in attesa dell’approvazione del Bilancio della Regione e delle relative procedure di riattivazione dei capitoli di spesa. Tuttavia dai primi di giugno ad oggi sono esigue le erogazioni operate con una mole di mandati arretrati ormai ingestibile e che risalgono anche all’anno 2019. Gli Enti ed il personale – è la denuncia delle associazioni – sono allo stremo, continuano a concludere le attività d’aula senza avere ricevuto in taluni casi neanche il primo acconto, si continua stoicamente ad a inserire dati nelle piattaforme di progettazione e rendicontazione, senza poi mai vedere un saldo. Come possiamo andare avanti? Forse è il caso di fermarsi tutti? Ad oggi le uniche prospettive di recupero di questa enorme mole di crediti, appare quella giudiziaria con aggravio di spesa per l’erario, ma appare l’unico modo per evitare il collasso finanziario degli Enti e del comparto”.

Non tutto fila liscio tra i formatori, ed è chiaro. Ma per un attimo occorrerebbe, anche, rovesciare la prospettiva. Se è vero come è vero che la Formazione, grazie alla sua capacità innata di creare clientele – sono datati, ma comunque noti, gli scandali sui corsi d’oro e le condanne ricevute dai vari Genovese, Giachetto e Genco – ha alimentato il malessere degli “esclusi”, bisognerebbe capire i profitti per gli “studenti”. Cioè quanti di essi, dopo aver frequentato un corso, ottengono la possibilità di un tirocinio o l’accesso al mondo del lavoro. Quanto la strategia della Regione, di creare un “ponte” con le varie realtà imprenditoriali della Sicilia, abbia pagato durante la gestione Musumeci. L’assessore Lagalla, nel report di fine 2019, aveva garantito “un ancoraggio con le politiche attive del lavoro”. Ma bisogna scuotere l’albero per notare i primi frutti.

La Legge di Stabilità approvata a maggio, oltre a promettere agli ex sportellisti, con un emendamento, di rimpolpare il personale nei Centri per l’Impiego (impegno, fin qui, non rispettato), ha garantito al mondo dell’istruzione somme considerevoli: 120 milioni. Alla Formazione ne sono andati una trentina (per il fondo di garanzia, per l’aggiornamento del personale storico non occupato, per adeguare i locali alle restrizioni anti-Covid e rafforzare la didattica a distanza). Ma è tutto in stand-by. E i dubbi si susseguono. Mentre la task force regionale, creata da Lagalla e gestita da Elio Cardinale (sottosegretario alla Salute con il governo Monti), ha già approvato delle linee guida per la ripresa delle lezioni scolastiche (l’ultima parola spetta al Ministero), quali precauzioni saranno adottate per i corsi di formazione? Di recente, a causa della pandemia, sono slittati al 30 novembre i termini dell’Avviso 33, per la creazione di nuova occupazione, in cui gli enti accreditati sono tenuti a garantire l’assunzione per il 25% dei formati. Una previsione, forse, troppo ottimistica.

Piccoli segnali – anche se usciamo dall’ambito della formazione professionale in quanto tale giungono sul fronte dei tirocini: un centinaio di giovani universitari provenienti dagli atenei di Palermo, Catania, Messina ed Enna, dopo una prima fase formativa nelle rispettive sedi universitarie, ha preso servizio negli uffici regionali dei vari assessorati. Al termine dei tirocini è previsto un corso di formazione avanzato di restituzione, sistematizzazione e approfondimento delle competenze acquisite. Questi profili, un domani, potrebbero tornare utili nel processo di ricambio del personale, ormai stantio da quasi 30 anni. Sempre che si decida di dare il via a una nuova stagione concorsuale, riuscendo ad espandere la ricerca anche fuori dal palazzo.