La formazione professionale, in Sicilia, ha la faccia di Francantonio Genovese, ex segretario regionale del Partito Democratico condannato a sei anni e otto mesi (in appello) per la vicenda dei corsi d’oro; di Fausto Giachetto, il manager arrembante che aveva spremuto il Ciapi come un bancomat, ottenendo in cambio una condanna a otto anni (in primo grado) e una mega confisca del valore di 70 milioni di euro; e di Paolo Genco, capo dell’Anfe, anch’egli finito al centro di importanti inchieste giudiziarie. Dall’altra parte, però, ha il volto della fame, della precarietà, della disperazione toccata con mano da migliaia di iscritti all’albo dei formatori. Molti dei quali – non avendo firmato alcun contratto con gli enti accreditati – nemmeno lavorano. E non possono attingere al Fondo di garanzia, lo strumento messo a disposizione dei formatori, perché una legge regionale del 2003 è rimasta inapplicata. La verità è che non tutti, tanto meno gli “ultimi”, possono accedere a un sistema che si è rivelato, fino agli anni scorsi, una mangiatoia al servizio della politica e dei suoi amici più influenti.

Oggi rimangono attivi poco più di 2 mila formatori storici. Gli altri sopravvivono nel guado dell’incertezza, vittime di un sistema che li ha resi “invisibili”. La questione del Fondo di garanzia è stata posta da Nuccio Di Paola, deputato regionale del Movimento Cinque Stelle, che martedì ha partecipato, assieme ai colleghi Di Caro, Damante e Schillaci, a un’audizione col governo, i sindacati e i rappresentanti della Formazione: “La legge regionale 4/2003 – spiega Di Paola – ha istituito il Fondo di garanzia del personale dipendente della formazione professionale, per i lavoratori iscritti all’albo e posti in mobilità o in esubero. Era ed è previsto un sostegno economico, oltre alla riconversione e  riqualificazione del personale utilizzato con successo nei servizi di orientamento, dell’obbligo di istruzione e formazione e degli sportelli multifunzionali. Ma ad oggi questa norma è rimasta quasi del tutto inapplicata”.

Il Fondo, come recita la legge istitutiva all’art.1, riguarda “il personale dipendente del settore della formazione professionale iscritto all’albo (…) già posto in mobilità e quello risultante in esubero rispetto alla programmazione del piano regionale dell’offerta formativa finalizzato ad una politica di sostegno al reddito”. In pratica, accompagna i formatori “inoccupati” verso forme alternative di sostentamento: “Una specie di cassa integrazione”, secondo Di Paola. Di questi casi ce ne sono a centinaia: affondano le proprie origini nel 2010, quando la Regione non stanzia più un centesimo per la Formazione, ma emette un avviso da 400 mila ore, che secondo gli standard del Fondo Sociale Europeo valgono 127 euro l’una (per 50 milioni complessivi). La metà di queste ore, però, va a un solo ente, mentre agli altri restano le briciole. Così iniziano a fallire e chiudere, lasciando in mezzo a una strada i lavoratori. La vertenza che ne segue si misura con la sordità della politica e con i suicidi.

Nel 2011, con un’altra legge denominata “Interventi nel settore della formazione professionale”, il governo Lombardo-Armao fissa nuovi paletti per la disciplina del Fondo di garanzia e determina che “nei limiti degli stanziamenti di bilancio (…), l’Assessore regionale per l’istruzione e la formazione professionale è autorizzato ad attivare gli interventi a carico del fondo istituito ai sensi e per le finalità del predetto articolo, in conformità con gli istituti di sostegno al reddito e di riqualificazione professionale previsti dalle normative nazionali vigenti e dai contratti di settore e secondo le relative modalità di applicazione”. La priorità va ai lavoratori con trenta mesi d’anzianità e con contratto a tempo indeterminato. Eppure il Fondo rimane sguarnito: gli ex lavoratori, infatti, vantano tuttora arretrati per il periodo 2012-15. L’assessore alla Formazione professionale Roberto Lagalla, nel corso di una conference call con i sindacati, aveva parlato di un impegno di spesa di 12 milioni. Anche se da fonti sindacali, emerge che il reale fabbisogno degli “inoccupati” sfonda il tetto dei 50 milioni. I soldi promessi dal governo, pertanto, non basterebbero.

L’esigenza di tutelare questa platea di persone, esula dagli effetti del Coronavirus. Che invece colpisce i lavoratori attivi, i quali “restano esclusi dalla fruizione delle misure di sostegno previste dai provvedimenti nazionali. E’ nostro primario interesse – ha spiegato Lagalla – tutelare i percorsi formativi e i livelli occupazionali”. Nella prima bozza di Finanziaria, approvata dal governo e trasmessa ieri sera all’Ars, sono stati stanziati 120 milioni che, fra le altre cose, dovrebbero “garantire i livelli occupazionali dei lavoratori dei comparti dell’istruzione e della formazione professionale”. Il ritardo accumulato in questi anni, però, è difficile da colmare.

Qualche mese fa, a novembre, è stata approvata dopo 41 anni una legge di riforma della Formazione professionale, che ha fissato, fra le altre cose, la nascita del nuovo albo dei formatori. Un elenco a esaurimento, i  cui componenti, fino al 2030, si vedono garantire la priorità in caso di assunzione. L’albo, a cui possono iscriversi tutti quelli che si sono occupati di Formazione prima del 31 dicembre 2008, andrà aggiornato entro il 15 maggio:  “Gli operatori – avvisa una nota dell’assessorato regionale alla Formazione – sono obbligati a confermare la loro iscrizione ed il mancato riscontro sarà considerato equivalente a rinuncia, con perdita del diritto al reinserimento”. L’obiettivo è avere chiaro il quadro: capire chi è formatore e chi no, chi ha trovato un impiego e chi va aiutato. Questa procedura, all’apparenza snella, ha trovato un altro ostacolo lungo la strada: ossia lo scoppio della pandemia, che avrebbe impedito ad alcuni formatori storici di completare le pratiche. Così il termine, precedentemente fissato al 20 aprile, proprio oggi è stato prorogato di quasi un mese.

Il Movimento 5 Stelle si era opposto: “Non gioverebbe a nessuno. Sicuramente non ai lavoratori della formazione. Ci sono già quasi 4.000 richieste di aggiornamento pervenute – scrivevano i deputati, fra cui Di Paola – e proprio con la definizione dell’albo si potrà attingere a una serie di aiuti e di percorsi per venire incontro a tutti quei formatori che saranno censiti nell’albo ma che non avranno ancora un contratto con i vari enti di formazione. Oggi centinaia di lavoratori del mondo della formazione professionale sono ancora senza un sussidio. Quindi, anziché pensare a diluire i tempi, si rispetti la scadenza del 20 aprile per la chiusura dell’aggiornamento e si proceda dando finalmente certezze agli interessati. Inoltre, laddove occorre e per venire incontro alle esigenze di tutti, si adotti una procedura semplificata per agevolare quei formatori che hanno difficoltà tecnologiche nel completare la pratica”. Fiato sprecato.

Posticipare la scadenza, però, presuppone un altro rischio: non appena la Regione dovesse pubblicare il nuovo avviso e far partire i corsi, il parco “docenti” sarà incompleto. Facendo venir meno i vantaggi e i presupposti della riforma stessa. “C’è una platea di circa duemila persone rimasta ai margini – spiega Di Paola –. Chiudere l’aggiornamento entro il 20 aprile ci avrebbe aiutato a individuarla, e predisporre un focus sulle competenze disponibili. Inoltre, chiediamo al governo di stanziare una somma per rimpinguare il Fondo di garanzia nella prossima Finanziaria. Abbiamo bisogno di certezze, e soprattutto di dare una mano a chi è rimasto ai margini. Alcuni formatori, che magari si approssimano ai 63-64 anni, possono essere accompagnati con specifici strumenti, verso la pensione. Gli altri, invece, potrebbero essere indirizzati nei centri per l’Impiego, a ricoprire l’incarico di navigator, o nei percorsi di digitalizzazione attivati dalla Regione. Oppure, come avviene in altre parti d’Italia, la loro esperienza potrebbe fare punteggio per alcuni concorsi come quello del personale Ata. Ma il primo passo è scattare una fotografia della situazione attuale e fare chiarezza”. E’ il minimo che ci si aspetta dopo tanti anni di scandali.