Martedì pomeriggio l’Ars ha ascoltato Musumeci sull’attuazione dell’ultima Legge Finanziaria e ha appreso che, dopo sei mesi, le misure si contano sulle dita di una mano. Fra l’altro, non servono neanche tutte: gli unici “avvisi” aperti sono quelli che riguardano l’esenzione dal bollo auto e i voucher per il turismo. Eppure, il presidente, ha sfoderato grandi numeri: come i quasi 300 milioni destinati ai Comuni, per non parlare degli oltre 900 stanziati per le imprese (di cui 520 ancora da riprogrammare). Detta così, sembra una potenza di fuoco. Ma per il Movimento 5 Stelle è soltanto una miccia. “La differenza tra proclamare e brandire le misure sui giornali, e poi attuarle, è sostanziale – spiega Luigi Sunseri, membro della commissione Bilancio e parlamentare del M5s –. Non puoi scomparire dopo aver avuto i titoloni sulla stampa”. Doveva essere una manovra di guerra, la più imponente di sempre, pronta a soddisfare le necessità più stringenti determinate dal lockdown. La storia, però, è un po’ diversa.

In aula il presidente della Regione ha scandito, con dovizia di date e incontri, i passaggi che l’hanno portato a esitare le prime misure della Legge di Stabilità. Perché l’ha accusato di dire menzogne?

“Le riprogrammazioni dei fondi strutturali, che il presidente ha passato in rassegna a Sala d’Ercole, non sono competenza dell’aula. Sono opera del governo. Apprezziamo lo sforzo di condividerle con i deputati, ma la realtà è che Musumeci avrebbe dovuto muoversi molto tempo prima. Così come hanno fatto alcune delle Regioni che lui ha citato, tra cui Puglia e Campania. Lì i bandi sono stati pubblicati ad aprile. Noi a novembre siamo ancora fermi al fallimento del click day”.

Il governatore ha detto di non essere rimasto con le mani in mano. Ci sono voluti due mesi per la decorrenza dei termini entro i quali Roma avrebbe potuto impugnare la legge.

“Infatti, l’impugnativa dello Stato non c’entra nulla. Non bisognava aspettare 60 giorni. Musumeci avrebbe potuto riprogrammare le somme inserite nella Finanziaria dal giorno immediatamente successivo l’approvazione all’Ars. Cioè dal 3 maggio. Invece si sono persi mesi. Gli unici soldi già erogati riguardano i buoni alimentari, che sono il frutto – anche in questo caso – di uno slancio continuo e costante per battere sul tempo il governo nazionale”.

Dei cento milioni promessi, ne mancano ancora settanta. Come mai?

“Non li hanno ancora riprogrammati, è assurdo. Musumeci ha anticipato di dodici ore le mosse del premier Conte, che avrebbe poi stanziato 400 milioni per tutti i Comuni d’Italia. Con la differenza che dodici ore dopo i soldi dello Stato erano già nella disponibilità dei sindaci. Quelli della Regione, dopo otto mesi, li stiamo ancora aspettando”.

Però l’altro giorno la giunta ha apprezzato una seconda delibera di rimodulazione di fondi europei – i cosiddetti Fsc – per 569 milioni di euro. Si tratta di risorse destinate a investimenti. A quali capitoli sono stati “tagliati”?

“Ad oggi questa riprogrammazione non è arrivata in commissione Bilancio. Né io, che ne faccio parte, né l’Ars, la conosciamo. Attendiamo di vedere le carte per capire quali fonti d’investimento sono state sottratte e a chi. Poi potremo fare le dovute considerazioni”.

Il viceministro Cancelleri ha imputato a palazzo d’Orleans la mancata spesa, per 14 milioni, dei soldi messi a disposizione dallo Stato per migliorare il trasporto pubblico. Senza andare troppo lontano, questa negligenza rischia di comportare ricadute negative sulla scuola?

“I due temi sono strettamente legati. Ma partiamo dall’inizio: i trasporti sono veicolo di contagio. È una delle prime osservazioni che il M5s aveva sollevato. Per ovviare a questa problematica, sarebbero servite due cose: da un lato la riduzione dei posti a sedere sui mezzi pubblici, dall’altra l’incremento delle corse. Sulla prima si è intervenuto con un ritardo di tre mesi, e solo a seguito del Dpcm nazionale che ha imposto di ridurre la capienza all’80% (poi la Regione è scesa al 50%, n.d.r.): sulla seconda, invece, siamo ancora fermi. Anche il direttore dell’ufficio scolastico regionale, Stefano Suraniti, ha fatto notare che il problema non è all’interno delle classi, bensì sui mezzi che vengono utilizzati per andare a scuola. Questo si sarebbe potuto evitare mettendo in atto delle norme di buonsenso che lo Stato applica in tutte le regioni italiane. Tranne la Sicilia”.

Dopo il resoconto del Comitato tecnico scientifico in audizione all’Ars, teme per la sorte dei nostri ospedali?

“È brutto fare politica sui posti di Terapia intensiva, ma i numeri parlano da soli. Anche se Musumeci e Razza non hanno comunicato – ufficialmente – alcun dato, quelli in nostro possesso parlano di 375 posti in Rianimazione, di cui 115 occupati da malati Covid gravi. Alla media di 8-9 ingressi al giorno, i 180 posti che rappresentano il “punto di rottura” si esauriranno in fretta. Questo non lo dice Luigi Sunseri, che è solo un deputato, ma il Cts nominato dalla Regione. Ad oggi non si ha traccia dei 500 posti di Terapia intensiva e dei 2.500 di degenza ordinaria annunciati dal governo. Se ci fossero, il presidente della Regione e l’assessore al ramo non avrebbero alcun problema a comunicarlo all’aula. Cosa che – ripeto – non è avvenuta”.

Una delle cose di cui si è parlato martedì, invece, è la dotazione del Recovery Fund per la Sicilia: 20 miliardi, secondo Musumeci. Che vorrebbe inserire nel piano d’investimento il Ponte sullo Stretto. È utile, secondo lei?

“Sarebbe un’opera utile se tutto il resto che c’è intorno funzionasse. Cioè, se si potesse viaggiare comodamente da Trapani a Ragusa, o da Sciacca a Gela. E se le infrastrutture utilizzate, ad esempio i treni, fossero all’avanguardia. Se esistesse tutto questo, o almeno il 60-70%, allora anche il Ponte avrebbe senso. Ma prima bisogna colmare un gap di 30-40 anni con il resto del Paese. Non parlo soltanto delle grandi opere, ma di tutte le strade provinciali che ad oggi risultano abbandonate”.

Non è un po’ troppo esigente?

“Vede, il Recovery è una grandissima opportunità per la Sicilia e per l’intera nazione. Ma la nostra Regione ha tanti miliardi nei cassetti – i Poc, i Fesr, gli Fsc – che non vengono spesi. È ovvio che averne di più agevola. Ma perché, nel frattempo, non spendere quelli che abbiamo? Prima torniamo alla normalità, che già non sarebbe male; poi pensiamo al Ponte”.

La Regione ha fatto un passo indietro approvando un ddl di quattro articoli che non prevede alcuna forzatura rispetto al Dpcm – almeno sugli orari dei ristoranti e sulla riapertura dei luoghi della cultura – ma fissa soltanto dei criteri generali per il futuro. È stata una scelta di responsabilità istituzionale o l’ennesimo passo indietro, innescato delle dichiarazioni di Boccia?

“Non è altro che un chiaro segnale di incompetenza. Tutti sapevano che quella norma sarebbe stata impugnata, solo Musumeci non c’era arrivato… Il presidente della Regione voleva cavalcare il dissenso di una parte dei ristoratori. Che vanno aiutati in tutti i modi, ma non con queste norme populiste. Musumeci ha prodotto due risultati: da un lato ha scontentato chi credeva che il presidente della Regione potesse alzare il tiro nei confronti dello Stato; dall’altro ha offerto un assist gratuito alle opposizioni. La sua incapacità amministrativa si conferma giorno dopo giorno. È stata l’ennesima presa in giro di un presidente incapace”.

A Termini Imerese, la sua città, c’è un sindaco grillino. In questi tempi di magra per il Movimento 5 Stelle, l’avreste mai detto?

“Termini è un bellissimo esperimento che ha portato una giovane donna a governare una città molto difficile, per dieci anni depredata del proprio futuro. Ciò che ha prodotto è un messaggio di speranza. Bisogna ripartire dal rilancio del territorio. L’area industriale è chiusa praticamente da dieci anni. Su questo aspetto l’interesse del governo è molto alto. Nei prossimi giorni parteciperò anch’io a degli incontri presso il Ministero dello Sviluppo economico, allo scopo di determinare uno scenario per il futuro. L’obiettivo è riportare dentro tutti i lavoratori e far ripartire la città”.

In campagna elettorale voi, il Pd e Claudio Fava siete sembrati davvero affiatati. Qualcuno ha fatto il suo nome come potenziale candidato presidente del “campo largo” alle prossime Regionali.

“Non è un modello da seguire a tutti i costi, anche se ha prodotto buoni frutti. L’insegnamento di Termini, però, è che da un impegno serio e costruttivo, senza fusioni a freddo, qualcosa di positivo può nascere. Al momento non è importante che il candidato sia io o qualcun altro. Prima bisogna costruire il percorso, che non sia solo politico ma anche civico. Negli ultimi tempi ho stretto una rete con un centinaio di sindaci siciliani, che sento quasi quotidianamente per provare a condividere delle soluzioni che affliggono i comuni. Loro conoscono le urgenze della gente e dei territori meglio di chiunque altro, per questo bisogna tirarli dentro. Dobbiamo consegnare alla Sicilia una guida alternativa rispetto a quella dell’attuale presidente, che a distanza di tre anni si sta rivelando fallimentare”.