Anche il mese di febbraio si è chiuso senza scosse. Zero leggi approvate all’Assemblea regionale. Solo qualche sporadica apparizione in aula per sancire che – nonostante il centrodestra dilaniato e il ceffone istituzionale a Musumeci sui delegati per il Quirinale – “non c’è alcuna crisi di governo”, ma anche per eleggere i revisori dei conti e per dibattere, a puntate, sulla pianificazione del Pnrr. L’attività del parlamento è bloccata, quella dell’esecutivo pure. Delle riforme di fine legislatura annunciate da Musumeci non c’è alcuna traccia all’ordine del giorno. Né rifiuti, né Consorzi di Bonifica, né Forestali, tanto meno Turismo e Pubblica amministrazione. Zero. Il governo, però, ha deciso di trasformare il padiglione 20 dell’ex Fiera del Mediterraneo di Palermo, dove oggi si fanno vaccini e tamponi, in un centro congressi (con uno stanziamento superiore a 15 milioni).

Oggi Sala d’Ercole si ritrova per le “comunicazioni del governo in ordine al piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee”. La settimana scorsa, dopo sette giorni di stop per celebrare alcuni concorsi, l’ha fatto per un botta e risposta fra i deputati (pochi) e l’assessore all’Agricoltura, Toni Scilla, su interrogazioni che – nel peggiore dei casi – risalivano a un paio d’anni fa. Non c’è molto altro da segnalare. Dopo il Covid è arrivata l’elezione (problematica) del Capo dello Stato, che ha rallentato i lavori d’aula fino a sospenderli, e infine la guerra in Ucraina. Il governo è impegnato sempre su qualcos’altro e l’assemblea si svuota. Soprattutto di contenuti. L’appuntamento con le elezioni Amministrative, che l’assessorato alle Autonomie locali non ha ancora fissato, e l’approssimarsi della campagna elettorale, rischia di rallentare ulteriormente l’azione parlamentare.

Una delle proposte di legge più interessanti di questi giorni, che prevedeva la possibilità del terzo mandato per i sindaci dei comuni con popolazione superiore a 15 mila abitanti, è stato cassato a sorpresa dalla commissione Affari istituzionali. Se ne riparlerà nel 2023. Il Movimento 5 Stelle, ad ogni modo, è contrario: “C’è l’altissimo rischio che venga impugnata dal Consiglio dei ministri, perché a livello nazionale il limite è di 3.000 abitanti, la Sicilia aveva già varato una deroga elevando questo limite a 5.000 abitanti e portarlo adesso a 15.000 è decisamente troppo. Nella nostra regione i Comuni di tali dimensioni costituiscono più dell’80% del totale. Il vincolo dei due mandati serve proprio a non creare centri di potere nei Comuni e a favorire il ricambio politico e generazionale delle amministrazioni”.

A proposito di impugnative – ci sia consentito un rapido off topic – il Consiglio dei Ministri ha stoppato l’ennesima norma sugli Asu, che prevedeva la proroga dei contratti fino al 2023. Non per ché non ci siano le risorse, come spesso accade, ma perché è troppo generica. Anche se l’articolo che riguardava la stabilizzazione vera e propria, contenuto nell’ultima Finanziaria, era stato bocciato da Roma a giugno dello scorso anno, cancellando (almeno fino al pronunciamento della Corte costituzionale) gli annunci del governo Musumeci e di tutti i gruppi dell’Ars, certi di aver chiuso una parentesi di precariato di oltre vent’anni.

Questo per dire che fuori dal palazzo continuano a palesarsi atteggiamenti di sfiducia verso l’operato della politica siciliana. L’ultima legge di un certo peso approvata dai deputati a gennaio è quella sull’autorizzazione all’esercizio provvisorio. Cioè la manovrina che ha permesso di sbloccare la spesa in dodicesimi fino al 30 aprile. Entro quella data bisognerà approvare la Legge di Bilancio e di Stabilità, che Musumeci ha promesso di trasmettere alle commissioni di merito entro il 31 marzo, “magari anche prima”, per avviare una sessione finanziaria su cui peseranno – in maniere diversa – i soldi derivanti dall’accordo di finanza pubblica con lo Stato (Armao ha promesso un tesoretto da mezzo miliardo), e l’ingordigia da campagna elettorale dei deputati, che faranno a gara per generare ricadute economiche sui territori di propria competenza.

Un giochino al massacro, però, che il centrodestra ha deciso di affrontare unito. Dopo aver aperto la crisi un’ora dopo la fine delle votazioni sui grandi elettori per il Colle, con quella sfuriata via social, Musumeci l’ha richiusa a distanza di un mese, lasciandosi alle spalle i tentativi di azzerare la giunta o proporre un rimpasto ai partiti della coalizione. Poi, incassato l’accordo con Giorgia Meloni (ancora incompleto, data l’indisponibilità dei vertici di Fratelli d’Italia a fare liste comuni col movimento del governatore), ha rallentato. Nel corso dell’ultima intervista a Repubblica, il governatore ha affermato che “mi sono imposto di non insistere sul tema della ricandidatura. Lascio che i partiti facciano le loro valutazioni. Voglio solo sperare che ognuno di noi abbia imparato la lezione del 2012, quando la coalizione ha perso e fatto vincere Crocetta perché si è presentata divisa”.

In attesa di conoscere quali schieramenti si presenteranno a Palermo e a Messina, e quali alla Regione, il parlamento riapre. Gli appuntamenti più sentiti riguardano le commissioni Antimafia, dove Claudio Fava ha programmato una serie di audizioni sull’AST e la situazione delle società partecipate: dopo quella con l’assessore Marco Falcone della settimana scorsa, oggi sarebbe dovuto toccare a Gaetano Armao, assessore all’Economia e pertanto responsabile della “vigilanza gestionale” sui carrozzoni. Ma il vicepresidente ha altri impegni e l’incontro sarà riprogrammato. Fra oggi e domani le auduzioni di Luigi Sunseri, deputato dei Cinque Stelle che ha messo insieme uno studio dettagliato sugli sprechi delle partecipate, e del ragioniere generale Ignazio Tozzo, oltre alla presidente della commissione Territorio e Ambiente, Giusy Savarino, che dice di aver sollevato, in passato, alcune anomalie sulle pratiche assunzionali all’Ast.

L’altra questione aperta, in commissione Salute, riguarda la programmazione degli investimenti per attingere ai finanziamenti previsti dalla Missione 6 del Pnrr: bisognerà limare il piano, in parte già modificato da Razza, su case e ospedali di comunità. Da parte del gruppo Misto, rappresentato da Fava e Palmeri, è stato segnalato “il concreto rischio che ben poco della programmazione dei fondi del Pnrr in Sicilia venga davvero utilizzato entro i termini perentori previsti dalla normativa comunitaria”. Nel frattempo, sempre nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il governo ha annunciato un piano da 100 milioni, definito GOL (Garanzia occupabilità lavoratori) finalizzato al reinserimento occupazionale, all’aggiornamento e alla riqualificazione di circa 65 mila lavoratori. L’iniziativa, di cui il parlamento non sembra conoscere granché, è al vaglio dell’Anpal.

All’Assemblea, nelle prossime settimane, saranno discusse anche un paio di mozioni: la prima, presentata dai Cinque Stelle e appoggiata dal Pd, per stoppare la realizzazione di due termoutilizzatori sul suolo siciliano; la seconda, annunciata dal movimento di Sicilia Vera (quello di Cateno De Luca), per riproporre il tema della sfiducia a Musumeci. Non è chiaro se verrà raggiunto il numero di firme per calendarizzare il dibattito. Tutti gli impegni, comunque, sono proiettati al tempo futuro. Il presente è un capitolo vuoto, arricchito da scandali, diversivi (come la guerra) e promesse irrealizzabili. Sembra il semestre bianco. Ma manca ancora troppo per tirare i remi in barca.