La voce si levava potente e intonata nella notte sferzata dalla tramontana che ingrossava il mare. Gli sportelli della sua vecchia utilitaria aperti, il mangianastri che mandava un pezzo di Julio Iglesias, e lui che gli cantava dietro. Mi sporgevo dalla garitta sul muro di cinta del vecchio carcere, e lo trovavo lì sotto, in piedi, con le braccia allungate ad accompagnare le note. Veniva a farmi compagnia così. Io provavo inutilmente a zittirlo “che svegli tutti…”. Lui si fermava e rideva : “Frate’….qua cumannu iò”, “iò” con l’accento sulla o, come dicono a Trapani. Restava pochi minuti, per distogliermi dal torpore di una lunga notte di servizio, poi mi salutava raccomandandomi di non dormire “che sennò scappano tutti…”. Succedeva ogni volta che io ero in turno di notte e lui invece libero. Succedeva trentasei anni fa, quando eravamo poco più che ventenni.

Umberto Casablanca è stato il primo collega che conobbi quell’estate del 1982, quando sbarcai a Favignana per il servizio militare. Lui invece era “firmaiolo”, come si dice in gergo. Legammo subito per quella acerba e innocua follia di giovinezza che ci faceva apparire simili. Lui era davvero un tipo stravagante. Rossiccio e lentigginoso, con i capelli che già allora promettevano una fuga precoce, se uno non l’avesse conosciuto bene, avrebbe dubitato della sua integrità mentale. Invece nel “mestiere” era serio e preciso. E anche i detenuti lo ammiravano. Quando giunse il giorno del mio congedo, con Umberto ci abbracciammo e ci promettemmo di rivederci presto.

Ma non so come dirlo, fatto sta che ci siamo rivisti solo pochi giorni fa: trentacinque anni dopo! Lui era in sella a una bicicletta, fermo nella piazza dell’isola a chiacchierare con uno. Dovevate vederlo. Pantaloncini corti, maglietta bianca, bandana in testa, occhiali a specchio azzurri. E qualche chilo inevitabile in più. L’ho riconosciuto subito. A Favignana tutti conoscono tutti. Ma Umberto Casablanca lo conoscono pure i turisti, italiani e stranieri. Lo chiamano “U piscicani”, il pescecane “perché quando ero picciriddu, stavo sempre dentro all’acqua, a mare, a pigliare pesci e a mangiarne di tutti i tipi…”.

Ma Umberto ci sta ancora a mare. Ci vive, ci lavora. Non se n’è mai andato dall’isola e dal suo mare verde e trasparente. Mi ha raccontato che dopo il congedo dalla penitenziaria, si è “buttato a mare”. Non solo nel senso letterale della frase. Possiede una barca con cui carica turisti e li porta a fare il periplo dell’isola, con tappe nelle più affascinanti calette, tuffi e sosta per un pranzo che ve lo ricorderete finché campate: caponata siciliana fatta dalla moglie, formaggi, olive, tartine e soprattutto la pasta al sugo di tonno. Ma il vero spettacolo è lui. Un tipo unico, che non esce mai dal suo personaggio, perché lui è questo, è il personaggio di se stesso. Infila una battuta dopo l’altra, mai banali, nel suo italiano sicilianizzato, anzi “favignanizzato”. E canta. La voce è sempre forte e intonata, come allora. Il repertorio si è allargato. E balla ‘u piscicani, con le signore che si trovano a bordo. Ed è un divertimento assicurato stare nella sua barca, tanto che anche altri marinai dell’isola che fanno lo stesso mestiere, nella sosta pranzo affiancano la loro barca alla sua, in modo che anche i loro clienti usufruiscano dello spettacolo: “che se non ci fussi iò qua, nelle altre varche dummissiru tutti…”. E si trascina dietro i suoi clienti e quelli delle altre barche.

Poi succede che, dopo l’ultimo bagno vicino a “punta Sottile” (no, non c’entra il direttore di Buttanissima), sul mare del ritorno Umberto ‘U piscicani cede all’orgoglio di padre e tira fuori dal cellulare le foto delle sue adorate figlie, che sono di una bellezza strepitosa, “merito della madre” si affretta a puntualizzare. E racconta il matrimonio della più grande con un ragazzo svizzero: “E io che non ho mai viaggiato in aereo…chi mi cacu…per andare in Svizzera ho dovuto prendere la nave fino a Genova, e proseguire con la macchina…du jorna e mezzu ci misi…”. E non vedeva l’ora di tornarsene nella sua Isola. Nella sua barca e nel suo mare. A cantare e ballare. Come una volta, come sempre. Se doveste capitare a Favignana, cercatelo.