In un brano di un recente libro di Emanuele Macaluso (“Comunisti e riformisti. Togliatti e la via italiana al socialismo”, Feltrinelli) ripreso ieri dal Foglio, si spiega che, nella sinistra postcomunista, la questione morale posta da Enrico Berlinguer finì con l’intrecciarsi, disastrosamente, con il giustizialismo. C’è un passaggio brusco e splendidamente esaustivo: “Il ruolo assegnato da tutti i dirigenti del Pds/Ds/Ulivo/Pd a un politicante come Antonio Di Pietro, al suo partito personale e clientelare, è stato solo un segnale della deriva del centrosinistra al governo e all’opposizione”. Ricordo quando nel 1997 l’ex giustiziere di Mani pulite si candidò al Senato nel Mugello, e Giuliano Ferrara ne raccolse la sfida, per ragioni così profondamente politiche che naturalmente il centrosinistra le scansò. Il risultato paradossale è che l’ex comunista Ferrara fu sostenuto da Berlusconi, e Di Pietro – una specie di caricatura delle destra illiberale, sbrigativa, sempliciotta, violenta – dall’Ulivo. Continua sull’Huffington Post