All’atto dell’insediamento di Nello Musumeci, cinque anni fa, la prima richiesta del governatore agli alleati (il suo movimento aveva preso il 6%) fu di appropriarsi dell’assessorato alla Salute. Col senno di poi, la nomina di Ruggero Razza alla Sanità rappresenta il primo punto di rottura – insanabile – di questa esperienza di governo, giunta ormai ai titoli di coda. Il presidente della Regione si è dimesso per fare spazio all’Election Day, la crepa con Forza Italia si è allargata fino a diventare un canyon (Micciché ha sempre rimpianto quella ‘concessione’), e la sanità continua a essere una gallina dalle uova d’oro (vale circa 9 miliardi del bilancio regionale): strumento di campagna elettorale, come ovvio, e punto di snodo per la scelta del prossimo candidato.

Non è un caso che al tavolo delle trattative che si riaprirà lunedì a Palermo (bisogna decidere in fretta) siano in ballo alcuni nomi celebri della sanità: a partire dal magistrato Massimo Russo, che fu assessore alla Salute nel governo Lombardo; passando per Barbara Cittadini – una delle opzioni individuate da FI – che è a capo dell’Aiop, l’associazione italiana dell’ospedalità privata. Che questo ramo dell’amministrazione rappresenti un centro di potere lo testimonia il ruolo del Cefpas, destinatario di gran parte delle risorse previste dalla missione 6 del Pnrr, che ha fatto litigare partiti e deputati per la geografia di ospedali e case della comunità; e che, nel caso del centro di alta formazione della Regione per medici e infermieri, ha drenato svariate centinaia di milioni. Nell’ordine: 140 per la digitalizzazione dei Dea (dipartimenti di emergenza e accettazione) di I e II livello; 3,5 milioni per l’interconnessione aziendale fra case di cura, assistenza domiciliare e telemedicina; 3 per il rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati; 7,5 per la formazione. E’ al Cefpas che avviene la selezione dei futuri manager e direttori amministrativi. E’ al Cefpas che sorgerà il centro per le epidemie e le pandemie. E’ il Cefpas che pesa a bilancio per 5,4 milioni l’anno (almeno negli ultimi due anni).

Inoltre, a cavallo della campagna elettorale, si sono moltiplicate le iniziative dell’assessorato: dal rinnovo della convenzione con le cliniche private (alle quali è stata riconosciuta una quota aggiuntiva di 32 milioni), passando per il rinnovo dei contratti ai medici a bordo delle ambulanze del 118, dopo sedici anni d’attesa (per 11,5 milioni complessivi). Ai professionisti dell’emergenza viene riconosciuta un’indennità regionale aggiuntiva di 17,376 euro per un totale di 41 euro per ora di attività ordinaria; per l’attività svolta in eccedenza oraria, il compenso orario stabilito sarà, invece, di 45 euro. E’ prevista infine un’indennità aggiuntiva per tutte le zone ritenute “disagiate”.

Ma c’è un “però”. Non tutti i medici presenti sulle ambulanze possono trattare i pazienti caricati a bordo. Questo apre un altro capitolo spinoso per la Regione: quello relativo al personale specializzato. Lo spiega nei dettagli Danilo Lo Giudice, deputato regionale di Sicilia Vera: “Il governo regionale – ha detto – deve intervenire perché a bordo delle ambulanze del 118 siano sempre presenti medici soccorritori”. Spesso avviene che ci siano “solo l’autista e il soccorritore che non possono fare diagnosi o somministrare farmaci”. Inoltre Lo Giudice specifica che “i camici bianchi fruitori” del rinnovo contrattuale “sono medici che posseggono le più svariate specializzazioni, dalla dermatologia alla genetica, dalla biochimica alla medicina dello sport, che con un corso di soli sei mesi sono diventati possessori di un brevetto abilitante alla emergenza extraospedaliera”.

Accade così che “sugli scenari di emergenza più disparati, quali incidenti stradali, infarti, ictus, annegamenti, emergenze neonatali e pediatriche, giunga un’ambulanza con a bordo uno specialista in ulcere cutanee, un esperto in chimica del metabolismo o un professionista della nutrizione, per cui un provvidenziale accesso venoso o una difficoltosa gestione della ventilazione polmonare dipenderanno da reminiscenze di corsi di formazione piuttosto che da consolidate e maturate competenze acquisite nel quotidiano”. Lo Giudice ha chiesto a Musumeci e Razza di autorizzare “a svolgere dei turni nel sistema emergenza urgenza anche i medici abilitati a fare medicina d’urgenza nel 118 e nei pronto soccorso e che attualmente prestano la loro attività nella medicina di base”.

Le assunzioni sono state un fiore all’occhiello di questi anni, soprattutto a causa della pandemia. Della gestione dell’imperatore Ruggero, rimarrà l’impegno (fatto assumere ai direttori generali delle singole Asp) di garantire una proroga ai precari Covid fino al 31 dicembre 2022 (il precedente contratto scadeva il 31 marzo), compresi gli amministrativi (molti dei quali, con la fine dell’emergenza, sono stati assegnati ai reparti o si rigirano i pollici). “L’esperienza della pandemia – ha detto qualche giorno fa l’assessore – ci ha insegnato una lezione fondamentale per quanto riguarda gli ospedali: per far funzionare la Sanità è fondamentale investire sul personale. Come? Riuscendo a garantire a chi si forma nelle nostre Università di poter firmare contratti a tempo indeterminato nelle strutture sanitarie della Regione Siciliana. Il Pnrr, su questo versante, è purtroppo carente”.

Nel frattempo una delle cose che ha messo a punto Razza, e che ha catturato l’attenzione di opposizione e addetti ai lavori, è il nuovo accordo relativo ai tetti di spesa e alle risorse economiche per l’assistenza ospedaliera privata per il biennio 2022-2023. Da quest’anno infatti, “al fine di abbattere la problematica delle lunghe liste d’attesa” (come si legge in una nota di palazzo d’Orleans), il governo Musumeci prevede una quota aggiuntiva di 7 milioni di euro. In secondo luogo, l’Amministrazione stanzierà 25 milioni in più per le prestazioni di alta complessità erogate dal sistema delle case di cura private. “Una misura – si legge ancora – pensata anche per evitare che i cittadini siciliani siano costretti a viaggiare fuori regione per ricevere assistenza di alto livello”.

Ma in questa concessione ai privati – che significa passare da 435 milioni a circa 470 milioni l’anno – molti ci vedono la svendita della sanità pubblica. “Habemus riforma – ha ironizzato Anthony Barbagallo, segretario del Pd – La prima e l’unica del governo Musumeci. La sola a non essere mai stata annunciata ma perseguita con grande pervicacia: smantellare la sanità siciliana, lentamente e in silenzio, passando gran parte dell’assistenza pubblica in mano al sistema privato. Con la scusa di lavorare per la Sicilia e i siciliani a pochi mesi dalla fine della legislatura e in campagna elettorale – prosegue – questo governo che ha distrutto il sistema sanitario pubblico decide di erogare ulteriori somme ai privati con la scusa, strumentale, di impedire anche i cosiddetti viaggi della speranza. Ed elogiando i privati che erogano servizi ad alta complessità”. Tutto ciò, secondo Barbagallo, “attesta nei fatti l’assoluta inadeguatezza di gestione politica e amministrativa di Razza e Musumeci. Che anziché potenziare organici e strutture pubbliche hanno scelto la via più semplice: pagare i privati”.

Anche i sindacati esprimono disaccordo: “Questo governo – dice a Repubblica il segretario della Fp-Cgil, Gaetano Agliozzo – ha continuato a dare soldi ai privati mentre continuava a tagliare sul pubblico. Tanto più che molte cliniche non applicano i contratti collettivi”. Intanto, come avviene a Palermo, le prestazioni extrabudget riconosciute ai convenzionati esterni non vengono liquidate dalle Asp, che assecondano i tempi e i giochi elettorali dell’assessore.

L’ultima, o una delle ultime manovre approntate dal governo Musumeci prima di abbandonare la scena per sempre, è stata la riorganizzazione delle Usca, dove attualmente lavorano in proroga circa 1.800 professionisti. In attesa che il Ministero dia attuazione al provvedimento di istituzione delle Unità di continuità assistenziali (una per ogni distretto), la delibera del governo proroga l’attività delle Usca, “in quanto strutture fondamentali per l’attuazione sul territorio dei servizi assistenziali finalizzati al contrasto del Covid-19. Quest’esperienza – secondo Razza – costituisce un tesoro: un modello organizzativo fatto da buone pratiche, messe in atto da professionisti di livello”. Il virus ha giustificato ogni cosa, anche i teatrini più osceni della politica (anche se il blocca nomine negli ultimi mesi ha impedito uno shopping elettorale sfrenato). L’unica cosa che non si è riusciti a definire è il potenziamento della rete ospedaliera, cioè la creazione o l’ampliamento di nuovi reparti di terapia intensiva e subintensiva. Su questo fronte si procede a rilento: molti cantieri attendono la conclusione, altri non sono stati nemmeno aperti. Non diteglielo, però. Vi risponderebbero che è colpa dello Stato che non ha ancora versato le somme per pagare le imprese…

L’eredità dell’imperatore Razza si snoda da Palermo fino a Troina, un centro dell’Ennese, dove, in barba a specifiche prerogative di Santa Romana Chiesa che gestisce l’Oasi (il centro d’eccellenza per disabili mentali), avrebbe imposto – secondo il racconto de ‘La Sicilia’ – la presenza di un direttore generale di partito che ha fatto il bello e il cattivo tempo (senza avere maturato, peraltro, i requisiti per l’incarico). E di una cricca di “consociati” a Diventerà Bellissima, la maggior parte palermitani, che si sono assicurati incarichi e consulenze. Finche Padre Rotondo, sfruttando il comune risentimento del cardinale Parolin (addirittura!), ha rimosso il dg, che era stato introdotto sulla base di una corpulenta convenzione da 500 milioni in dieci anni fra l’Oasi e la Regione. Ma i soldi non possono giustificare tutto, tanto meno l’occupazione paramilitare di un ente privato. Sull’Oasi si attende il report della commissione ispettiva che lo stesso Razza – secondo quali criteri di imparzialità? – ha incaricato per fare luce sulle condotte contestate (ai suoi uomini).

In questo quadro pittoresco non può mancare un riferimento all’inchiesta sui dati falsi Covid, istruita dalla procura di Trapani e in seguito trasferita per competenza a Palermo, che contesta a Razza medesimo il ‘falso in concorso’. Un procedimento che aveva convinto l’assessore a un responsabile passo indietro, vanificato dalla scelta di Musumeci di richiamarlo alla base dopo appena due mesi. Oggi Razza è imputato assieme alla ex dirigente del Dasoe, Maria Letizia Di Liberti, che dopo un periodo di interdizione dai pubblici uffici, ha ripreso il suo posto da superburocrate (cambiando solo dipartimento). E’ così che funziona in Sicilia.