Non ha perso un attimo Leoluca Orlando. Lui che faceva colazione con Hillary Clinton e che disquisiva di massimi sistemi coi vertici della liberaldemocrazia europea, poteva mai lasciarsi scappare l’occasione di battere un colpo sul caso Aquarius? Certo che no. Mentre Matteo Salvini faceva campagna elettorale a urne aperte chiudendo i porti alla nave carica di profughi, il sindaco di Palermo lesto lesto s’è intrufolato con il consueto fiuto, bacchettando il leghista che giurò su un vangelo da cui forse dovevano essere state strappate un po’ di pagine.

Orlando “apre” il porto ed è tutto uno scroscio d’applausi, che dura però un soffio, perché altri sindaci fiutano l’occasione di rivoltare la frittata dell’Aquarius dall’altra faccia della propaganda, e negli stessi minuti è tutta un’apertura (a parole) di porti: ecco Gigino De Magistris da Napoli, e poi Falcomatà di Reggio Calabria, Melucci di Taranto, persino il quasi scaduto Renato Accorinti da Messina, nelle sue ultime ore con la fascia tricolore sulla t-shirt.

I sindaci aprono i porti, sebbene, piccolo dettaglio, non spettano ai sindaci queste decisioni. Ma le peregrinazioni dei 600 e passa sulla nave che punta ora verso Valencia, sono comunque una buona occasione per strappare tre righe su tutti i giornali. E per di più per una nobile causa. Val la pena di parlarne ancora e ancora. E manna dal cielo è lo striscione di Casa Pound che invita il sindaco – con la consueta cifra di raffinatezza delle argomentazioni avanzate da quegli ambienti – a portarseli a casa lui i migranti. Parliamone, parliamone e parliamone, si dirà a Palazzo delle Aquile tra lo sfregamento generale di mani. È già pronto l’esposto alla Corte dell’Aia. E che la rogna della Rap senza vertici da mesi nella città tutto porto, ma di munnizza, si metta pure in coda. Sempre meglio L’Aia che l’Amia.