“Da quattro mesi non facciamo altro che parlare di Recovery. Ma, ora che intravediamo lo striscione del traguardo, dobbiamo evitare che la Sicilia e la Calabria vengano defraudate di risorse che gli spettano di diritto”. Il tema dei trasporti e delle infrastrutture ha inaugurato, questa mattina, il ciclo di seminari voluto dall’europarlamentare di Fratelli d’Italia, Raffaele Stancanelli. Alla kermesse, organizzata all’hotel Capo dei Greci di Sant’Alessio Siculo (Me), con la collaborazione del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (CRE), hanno partecipato il sindaco di Messina Cateno De Luca, la deputata di Diventerà Bellissima Giusy Savarino, il presidente dell’Assemblea regionale Gianfranco Micciché. Ma anche gli assessori alle Infrastrutture delle due regioni coinvolte: Marco Falcone e Domenica Catalfamo. E dulcis in fundo, il sottosegretario Giancarlo Cancelleri.

Le risorse di cui parla Stancanelli, come evidenziato in una lettera indirizzata al vicepresidente della commissione Europea Valdis Dombrovskis, e al commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, sono i dieci miliardi inseriti nel Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) a supporto di opere già finanziate (il pensiero corre subito al raddoppio ferroviario tra Fiumefreddo e Giampilieri, sulla tratta Catania-Messina; o al raddoppio del binario sulla tratta Catania Bicocca-Palermo Centrale). Soldi che serviranno a ‘scaricare’ il Bilancio dello Stato, o i capitoli di altre programmazioni, e che, invece, non verranno utilizzati per garantire lo sviluppo sociale ed economico di due regioni che dal Recovery Fund vorrebbero trarre il massimo profitto.

Onorevole Stancanelli, dalla sua lettera si deduce che “utilizzare 10 miliardi del PNRR per opere già finanziate tradisce lo spirito del piano stesso”. Insomma, il governo nazionale non si sarebbe comportato benissimo nella ripartizione delle risorse. Cosa le hanno risposto Dombrovskis e Gentiloni?

“Come accade puntualmente, non hanno risposto. Per questo abbiamo deciso di alzare il tiro. Il convegno di oggi, come può notare, è aperto a tutte le forze politiche. Non ha un significato simbolico, ma sostanziale. E trae spunto dal grido di dolore di un gruppo di docenti delle università siciliane e calabresi che non poteva rimanere inascoltato. E’ inammissibile che ci vengano sottratti 10 miliardi di investimenti. E’ un fatto di una gravità inaudita”.

Perché “sottratti”? Alla fine il 40% delle risorse previste dal Pnrr sono finite al Mezzogiorno.

“Le risorse europee sono state distribuite tra gli Stati in base a tre indicatori principali: la popolazione residente, il livello di PIL e la crescita della disoccupazione. Sulla base di questi tre parametri, l’Italia si è vista assegnare un’importante quota del Recovery Fund, sfruttando le criticità presenti nel Mezzogiorno ed in particolare nelle regioni più estreme come la Sicilia e la Calabria, senza le cui debolezze l’impegno europeo sarebbe stato di minore entità: 98 miliardi a fronte dei 209 stabiliti”.

Da cosa passa lo sviluppo infrastrutturale dell’Isola?

“Da tre direttrici che i docenti universitari hanno individuato con cognizione di causa e argomentazioni tecniche: il completamento del sistema autostradale; la realizzazione del sistema ferroviario con le caratteristiche dell’alta velocità; e il potenziamento del sistema portuale, a partire dai grandi porti commerciali di Augusta e Gioia Tauro”.

Sa che nella prima versione del Recovery Plan era previsto un porto hub? Era una priorità?

“E’ una priorità dal momento che le navi, oggi come oggi, circumnavigano l’Italia e la Sicilia, attraversano lo stretto di Gibilterra e poi si dirigono ad Amsterdam. Dovremmo essere noi il centro del Mediterraneo”.

Non teme che la Regione non riesca a spendere questo fiume di risorse?

“Deve attivarsi in maniera concreta per evitare che accada. Ma prima bisogna ottenere le risorse”.

Riguardo alle opere pubbliche, l’assessore Falcone ha detto che la Sicilia, nel 2021, sarà la maggiore stazione appaltante d’Italia e aggiudicherà gare per tre miliardi di euro.

“Falcone è uno degli assessori che più sta dimostrando la sua attitudine al lavoro e le sue capacità. Ma il problema va inquadrato in un processo di più ampio respiro. Il lavoro di un assessore, da solo, non basta”.

La Camera dei Deputati ha approvato a larghissima maggioranza un ordine del giorno che impegna il governo a trovare le risorse per la realizzazione del Ponte sullo Stretto.

“E’ importante che la proposta di Fratelli d’Italia abbia ottenuto un appoggio trasversale”.

Ma l’Europa, un mese fa, ha detto che l’attraversamento stabile non è nelle priorità d’investimento dell’UE. In pratica non c’è nessun discorso serio…

“Su questo la politica deve farsi valere, al di là delle appartenenze. Quello arrivato da Montecitorio è un segnale. Anche una parte del Movimento 5 Stelle ha votato a favore. E poi mi permetto una considerazione: l’Alta velocità, nel Pnrr, viene considerato lo strumento per arrivare anche nelle zone più inaccessibili del Mezzogiorno. Ma senza Ponte questo flusso si interrompe. Il corridoio Helsinki-Malta, previsto dall’Unione Europea, non può farne a meno. Il Ponte, come vede, non è solo un capriccio di noi siciliani”.

Ha detto prima che la politica deve farsi sentire. In maniera bipartisan. Ma dai ranghi dell’opposizione non è più difficile farsi ascoltare da Draghi?

“Non ci si può scandalizzare se all’interno di una democrazia parlamentare sopravvive una forza d’opposizione. L’importante è che non sia pregiudiziale, né ostruzionista. Quella di Fratelli d’Italia non lo è. Anzi, col presidente del Consiglio c’è un rapporto leale. Quando parliamo di questioni concrete non ci sono appartenenze o ideologie: su questo aspetto – me lo lasci dire – c’è una distanza siderale fra noi e il Pd o il Movimento 5 Stelle”.

Ha seguito la kermesse del governo Musumeci di sabato scorso allo Spasimo?

“L’evento, nello specifico, no. Ma seguo sempre la politica regionale”.

La sorprende il fatto che Fratelli d’Italia, secondo l’ultimo sondaggio di Keix per ‘La Sicilia’, sia il primo partito del centrodestra?

“I sondaggi lasciano il tempo che trovano. Ma indicano una tendenza di cui la politica, nel senso più ampio del termine, dovrebbe tener conto”.

Avete superato la Lega di Salvini, ma anche Forza Italia che ha sempre avuto una forte connotazione nell’Isola.

“Non mi piace alimentare la rivalità fra partiti alleati, ma ragionare in senso inclusivo nei confronti di tutti coloro i quali si riconoscono nella grande coalizione antagonista alla sinistra”.

Il governo, sabato scorso, ha mostrato grande affiatamento…

“Guai se così non fosse. Gli assessori rispondono al presidente della Regione e devono essere leali nei suoi confronti. Altra cosa è porre degli aut aut nei confronti di questo o quell’altro candidato. Il governo deve pensare a lavorare con l’aiuto delle forze politiche che hanno contribuito alla vittoria elettorale. Alla fine del mandato vedremo com’è possibile mantenere la coalizione integra, e dotarla della lena necessaria per continuare a governare la Sicilia”.

Musumeci non è stato tenero. Ha detto che “la partitocrazia è il male delle istituzioni”. E che non comandano i partiti, ma il presidente della Regione.

“In linea di principio non si può non essere d’accordo. Partitocrazia è un termine dall’accezione negativa. Ma le forze politiche che determinano un governo hanno il diritto e il dovere di dire la propria e di essere ascoltate. Di spingere, tallonare, sollecitare l’azione dell’esecutivo, criticare se necessario. Questo fa parte di una corretta dinamica democratica”.

Il governo è unito, la coalizione lo è?

“Lo è nel dire che dei candidati bisogna parlare dopo. Non c’è un esponente politico che non l’abbia detto. Sotto questo aspetto la coalizione è compattissima”.

In realtà Musumeci ha detto un’altra cosa: e ciò che dopo la semina, viene il momento del raccolto.

“Infatti io parlavo delle forze politiche che sostengono il governo”.