Una corsa contro il tempo per chiudere una Legge Finanziaria che – già si teme – sarà lacrime e sangue. Da approvare entro il 31 dicembre per evitare (dopo 10 anni) il “classico” esercizio provvisorio. In questi giorni la giunta regionale ha dato il via libera al rendiconto 2017, al rendiconto consolidato e all’assestamento, tre documenti contabili che, entro la scadenza del 31 ottobre, approderanno a Sala d’Ercole. La Corte dei Conti – questa è materia del cosiddetto assestamento – ha chiesto il ripianamento di un disavanzo provocato dai governi precedenti, pari a 833 milioni di euro. Da rendere allo Stato in tre anni. Soldi mandati in fumo da una gestione finanziaria non esattamente oculata e sottratti, va da sé, alla fruizione del popolo siciliano.

“Purtroppo non ci sono risorse – spiega l’onorevole Riccardo Savona, presidente della Commissione Bilancio dell’Ars e deputato di Forza Italia -. La Corte dei Conti aveva chiesto indietro più di due miliardi, ma buona parte di quelle somme erano già state pagate. Mancherebbero all’appello 833 milioni. Abbiamo chiesto allo Stato di poterli diluire in trent’anni, ma ci è stato negato. Ora, a meno che non si riesca a inserire una norma nella Finanziaria nazionale, ci tocca colmare questo enorme buco. Lo faremo con tutti gli accorgimenti possibili e nei tempi che ci sono stati dettati”.

Riuscirete a rispettare il timing di fine anno per l’approvazione dello strumento finanziario?

“Quelli previsti sono i tempi regolamentari. Il governo deve depositare la manovra entro la fine di ottobre. Da quel momento il Parlamento, sulla base di ciò che è stato presentato e delle modifiche che verranno apportate in aula, dovrà lavorare per arrivare all’approvazione entro il 31 dicembre. Ammesso che non subentrino problemi dell’ultimo momento, rispetteremo i programmi”.

Che tipo di manovra si aspetta?

“Ho letto tante cose sui giornali, ma sarà necessario capire qual è la nostra capacità finanziaria. Obiettivamente ci sarebbe bisogno di tante cose, ma il governo si è trovato con dei “buchi” di non poco conto. Provengono tutti dal passato. Cercheremo di aggiustare le emergenze che abbiamo sui tavoli e sono parecchie. Spetta al governo formulare le proposte”.

Un’altra partita aperta, che vi costa 80 milioni circa, è quella relativa ai debiti fuori bilancio.

“Ma qui bisogna fare una grossa distinzione. I debiti fuori bilancio sono di diversa natura. Ce ne sono alcuni che arrivano a sentenza, e abbiamo 60 giorni di tempo per ratificarli. Ce ne sono degli altri che non sono mai stati autorizzati e vengono trattati a seconda delle categorie. Tutta la filiera di questi debiti, nell’ultimo triennio, vale 500 milioni. Si tratta di una bella cifra. Quelli che sono stati legittimati da una sentenza del giudice, parliamo di 85 milioni, saranno ripagati. Gli altri cercheremo di rispedirli al mittente, perché ci sono responsabilità chiare che vanno riferite a chi ha commesso l’errore”.

Parla dei burocrati e dei funzionari, che spesso accelerano l’atto della firma senza avere coperture finanziarie?

“Esattamente. Dobbiamo mettere delle regole più rigide nei confronti di chi firma. Lo puoi fare quando hai le coperture, altrimenti non puoi autorizzare alcuna spesa. Tranne quelle urgenti e particolari, come può accadere per le spese di protezione civile quando succede un’alluvione”.

In Commissione si è bloccato un disegno di legge relativo ai debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive perché serve una relazione tecnica da parte del governo. E’ vero che, se nulla si muoverà nell’arco dei famosi 60 giorni, diventeranno legittimi e rischiano di gravare sui cittadini attraverso un aumento delle tasse?

“E’ una chiacchiera messa in giro da qualcuno in modo pretestuoso. I termini del silenzio-assenso, utili alla legittimazione di questi debiti, scadono il 3 novembre. Noi torneremo in aula la settimana prossima per concludere l’iter. Quindi non succederà un bel nulla”.

Entro il 31 ottobre le province devono approvare i bilanci o rischiano il default. Troverete i soldi per salvarle?

“Ci stiamo lavorando. Vediamo se c’è la possibilità di votare in aula una legge di modifica. Speriamo di sì. Le province sono state massacrate e distrutte. Hanno mantenuto le stesse competenze, ma non hanno le capacità finanziarie per andare avanti”.

Crede che la manovra su cui lavora il governo nazionale avrà ricadute negative per la Sicilia? Il reddito di cittadinanza come unico strumento per la crescita non è poco?

“Credo di sì. E’ una manovra forzata e confusionaria. Sono d’accordo ad agevolare i bisognosi, ma qualcuno lo sviluppo deve pur portarlo avanti. Senza sviluppo mancheranno posti di lavoro, e i cittadini non potranno pagare le tasse, né rendere forte la loro nazione. Che in questo momento ha bisogno del contributo di tutti”.

Le opposizioni imputano al governo e all’Ars una eccessiva lentezza nel legiferare. E’ d’accordo?

“Solo in apparenza. Musumeci e la sua giunta hanno presentato vari disegni di legge. Ma prima hanno voluto capire meglio a che punto fossimo. Il governo Crocetta non ha dato un lascito sereno. Questi debiti di cui parlavano derivano da quell’esecutivo. Sono stati passati al setaccio vari dipartimenti, e molti non funzionavano. Bisognava rimettere in moto una macchina che era ferma. La fabbrica degli annunci, cavalcata da chi ci ha preceduto, non va mai bene. Il presidente Musumeci parla poco, ma quando lo fa vuol dire che qualcosa è in cantiere”.

L’alleanza fra Diventerà Bellissima e Forza Italia è ancora salda? Musumeci sembra spingere su soluzioni più sovraniste come Lega e Fratelli d’Italia…

“Credo sia una sua prerogativa osservare con attenzione quello che succede a Roma. I rapporti sono ottimi. Siamo sempre pronti a trovare un punto d’incontro per fare le cose. La politica, d’altronde, è l’arte della mediazione”.