Al Presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, all’Assessore alla Sanità Ruggero Razza

Lettera aperta.

Giovedì 12 novembre, nel pomeriggio al rientro da un pranzo di famiglia, mi sento i brividi di febbre e da raffreddore. Controllo la temperatura ed è 38. Avendo fatto qualche settimana fa il vaccino influenzale, mi dico che forse è opportuno verificare se si tratta del covid. Provo a chiamare i numeri USCA-Catania che trovo sul web (095553160; 0952541111; numero verde: 800 954414). Come non esistessero, nel senso che il primo stacca subito, il secondo è un fax, il terzo come il primo. Cerco allora un laboratorio privato che venga a domicilio per il tampone rapido. L’indomani pomeriggio il tampone è fatto e la sera ho l’esito: positivo. Nel frattempo la febbre è scomparsa, ma la preoccupazione c’è, inutile negarlo. Provo a contattare di nuovo i numeri sopracitati, inutilmente. Fortunatamente ho un fratello medico, ho un caro e bravissimo cardiologo amico, ho un medico di base molto coscienzioso e mi danno i consigli e le prescrizioni del caso in base alla mia età e ai miei acciacchi. Insomma provo a difendermi. Fortunatamente la difesa pare subito efficace. Io non ho sintomi, a parte il raffreddore. Nel frattempo sul fronte USCA tutto tace, e il medico di base, che da me informato ha fatto la prevista comunicazione ufficiale, mi dice che non risponde neanche alle sue mail e che molti suoi pazienti sono come me da settimane in vana attesa del secondo tampone di conferma o di ‘liberazione’. Martedi ricevo alle 19.30 una telefonata da una voce di ragazza; mi dice che è da parte dell’USCA e che dovrei venerdi mattina alle 9.30 recarmi all’Ascoli Tomaselli per il tampone ‘molecolare’. Faccio presente che non posso perché non guido e che potrei al più prendere un taxi, cosa però vietata. Mi saluta dicendomi che comunicherà la mia situazione. Da allora, sino ad oggi, silenzio totale dell’USCA. Nel frattempo permanendo la mia condizione asintomatica, il 24 novembre, trascorsi più di 10 gg. dal contagio, contatto un laboratorio privato che all’inizio mi fa qualche problema, ma poi prende in carico la mia richiesta: anche loro sono oberati. Dopo due giorni mi chiama l’infermiera del laboratorio e mi fissa l’appuntamento a domicilio per il giovedi 26. Sabato, oggi, il laboratoiro mi manda mail, mi sveglia felicemente il beep della notifica sul mio cellulare alle h. 8.30, con l’esito negativo. Io felice, ovviamente, e tranquillizzo chi debbo tranquillizzare. Invio l’esito anche al medico di base via mail che lo trasmette all’USCA per la ‘liberatoria’!.

Qualche rapida considerazione:

1. Il cosiddetto tracciamento è un bluff: nessuno mi ha chiesto chi avessi contattato (ho avvertito io i mei familiari che hanno provveduto di conseguenza fortunatamente senza registrare contagio). Io ho scaricato a suo tempo IMMUNI, come nulla fosse.
2. Nessuno dell’USCA mi ha mai chiesto come sto né sono stato visitato da alcuno. Ora che liberatoria vorreste darmi? Cialtronerie burocratiche.
3. Mi sono sentito abbandonato dall’apparato sanitario regionale
4. Fortuna che ho un fratello medico e qualche amico tra i medici.
Tirate voi le conclusioni del caso. Ma io signor presidente e signor assessore mi sento di dirvi che dopo tanta retorica, dopo la caccia agli untori, i divieti e le minacce, le richieste di pieni poteri perché dite che è in corso una guerra, dopo le persecuzioni agli immigrati, io fossi in voi mi vergognerei tanto e senza clamori in silenzio mi farei da parte.
Metto agli atti che politicamente siete delle nullità, al più dei fanfaroni.

PS. Quando vi leggo o vi vedo e vi ascolto, mi scatta il ricordo di un vecchio film con Totò che al comizio nazifascista di un ufficiale tedesco rispose con una sonora pernacchia dalla finestra della sua caserma. Voglio dire che non meritate neanche il pernacchio di Eduardo De Filippo.