Maxence Fermine, scrittore francese, dice che “suonare il jazz è come raccontare una storia. Una volta finito il pezzo, deve restare solo la felicità”. E’ quello che è accaduto a chi sabato sera si è recato al Real Teatro Santa Cecilia di Palermo e si è ritrovato immerso nella elegante e vellutata atmosfera creata dalla musica e dalla voce calda e sofisticata di Katie Thiroux.

Cantante trascinante e magnetica, compositrice e musicista di forte personalità, la jazzista californiana ha saputo regalare – in esclusiva nazionale per il Brass Group – un impeccabile accordo tra musica e voce, stabilendo sin dalle prime note un rapporto di intesa e di complicità con il numeroso pubblico del teatro e lasciando, a conclusione del suo tour europeo, una gradevole sensazione di leggerezza e di allegria.

Un talento straordinario, avvolgente e coinvolgente, quello di Kate Thiroux. Di fronte al quale non è rimasto indifferente un genio dell’invenzione musicale come Quincy Jones, che con un’entusiasmante “This girl is it!” le ha voluto rendere omaggio, catapultandola nel panorama jazzistico internazionale. Oggi la musicista vanta collaborazioni con artisti del calibro di Patti Austin, anche lei ospite recentemente del Brass e artefice di una performance che gli appassionati di quel genere musicale difficilmente dimenticheranno.

Mirabilmente accompagnata da Martin Schack al pianoforte e in sintonia con Matt Witek alla batteria – autore quest’ultimo di una performance all’un tempo sanguigna e capricciosa – Katie Thiroux, musicista poliedrica e versatile, ha incantato gli attentissimi spettatori, regalando momenti di elettrizzante e soave euforia.

Notevole la sua capacità di giocare con la voce, di modularla con maestria e di metterla al servizio della sua musica: sia che si abbandonasse a motivi più intimi e morbidi come “I can’t give anything but love”, sia che pizzicasse, con le sue dita agili e nervose, le corde del contrabasso, in brani più vibrati quali “I want to be happy” o “If I were a bell”. Particolarmente apprezzata l’esecuzione della sempre splendida “I had to be you”, un mix in sorprendente equilibrio tra ritmi energici e raffinatezza melodica, con cui l’artista ha saputo trasportare l’appassionato pubblico nel soffuso e incantato mondo di un jazz club newyorkese. L’insostenibile leggerezza del jazz.