C’è un sindaco, in Sicilia, che aveva previsto tutto. Si chiama Cateno De Luca, ex deputato all’Ars e attuale primo cittadino di Messina. Prima dell’entrata in vigore dell’ultimo decreto, De Luca aveva già reclamato il coprifuoco. Poi è passato dalle parole ai fatti, emanando un’ordinanza per chiudere le attività commerciali, ad eccezione di supermercati e farmacie. Non solo: l’ordinanza, che sarebbe entrata in vigore da questa sera alle 21, prevedeva il divieto di spostamento delle persone fisiche nel territorio comunale ed extracomunale, se non per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità e di salute; la messa in ferie per i dipendenti pubblici non legati allo svolgimento di servizi essenziali; la sospensione di tutti gli studi tecnici e professionali, centri estetici, banche e poste (per le ultime due si chiede comunque la garanzia di un servizio minimo essenziale).

L’iniziativa annunciata ieri sera da Conte in conferenza stampa, che De Luca in un primo tempo aveva caldeggiato, è parsa poi troppo tenera. E oggi il sindaco di Messina è tornato alla carica, ringhiando come al solito: “Le misure straordinarie del Premier Conte sono acqua fresca perché non garantiscono un contenimento drastico del virus e soprattutto risultano contraddittorie. Scorrendo l’elenco dell’allegato 1 del DPCM 11 marzo 2020, non si può non rilevare l’assoluta incongruenza di una simile elencazione. Inserire tra gli esercizi che vendono beni di prima necessità gli esercizi non specializzati di computer, periferiche, attrezzature, la vendita di articoli per illuminazione o ancora le ferramenta o ancora le profumerie, lascia davvero perplessi sul significato che si intende attribuire alla dicitura ‘beni di prima necessità”.

“Ribadisco il concetto essenziale di coprifuoco, quello che invece Conte non utilizza, rendendo il suo provvedimento monco. La trasmissione del virus avviene attraverso la circolazione delle persone – ha insistito De Luca -. Quanto disposto dal nuovo provvedimento del Presidente del Consiglio non solo lo avevamo già anticipato a Messina, ma avevamo previsto delle disposizioni più incisive, chiudendo di fatto qualsiasi attività, ad eccezione dei generi che veramente costituiscono beni di prima necessità, tra i quali non ritengo possano rientrare i profumi o i cacciavite. In queste 48 ore, faremo quindi solo delle integrazioni di carattere giuridico che saranno rese definitivamente note domani entro le 21. La nostra ordinanza rimarrà in piedi”.

“L’epidemia che da Nord a Sud sta mettendo in ginocchio il nostro Paese non sarà affatto estirpata – sono le conclusioni del sindaco -. Alle volte è necessario osare, essere impopolari in nome di un bene superiore, quello comune”. La battaglia continua, e il sindaco ha già promesso nuovi interventi su Facebook. Parola d’ordine: insistere.