A volte le parole sono importanti. Ma è il modo in cui le assembli che fa la differenza. L’ultima cartuccia con cui Nello Musumeci, venerdì pomeriggio, si è presentato in casa della Meloni, all’assemblea programmatica di Fratelli d’Italia (in corso a Milano), era un sondaggio realizzato da Youtrend, rilanciato da alcune agenzie di stampa e, sui social, da Ignazio La Russa. Da cui si evince che, nella coalizione di centrodestra, il governatore uscente sarebbe il candidato ‘preferito’ per il 72% degli intervistati. Che mettono al secondo posto un laconico “non so” con il 17%. E al terzo Stancanelli col 4. Il campione è costituito da 807 persone residenti in Sicilia, intervistate fra il 19 e il 21 aprile. C’è un’altra parte di questo sondaggio persino più equivoca. Alla domanda “Secondo lei, chi sarà il prossimo presidente della Regione siciliana?”, il 58% risponde Musumeci. Occhio, però. Agli intervistati non si chiede ‘lei per chi voterebbe’, ma ‘secondo lei chi vincerà’. Non c’entra il tifo e l’afferenza. E’ semplicemente un pronostico, dettato (forse) dalla popolarità. Il 97% dei siciliani, infatti, conosce Musumeci. Come lui soltanto Draghi.

Sembra un fantastico giochino a uso e consumo del presidente della Regione. A cui si appiglia il suo ‘cerchio magico’ e i suoi supporter più sfegatati – niente di strano, per carità – per spiegare che non esiste altra candidatura al di fuori di Nello. E’ la seconda buona ragione per strappare un secondo mandato a palazzo d’Orleans. La prima è che Musumeci merita di restare là perché è una persona onesta e perbene e perché, come ha ribadito lui stesso dal palco di Milano, la Sicilia non deve più vergognarsi del proprio presidente.

Nessun accenno, come ovvio, all’amministrazione carente (l’apoteosi, in questi giorni, è la scadenza del quinto esercizio provvisorio di fila, senza che si sia addivenuti a una Legge Finanziaria). Tanto meno, in tema di moralità, alla spartizione delle poltrone del sottogoverno, all’occupazione dell’Oasi di Troina, alle inchieste sulla sanità. Alle partecipate, divenute terreno di cacciagione. Così fan tutti, d’altronde. E nessun accenno, come ovvio, ai motivi che hanno dilaniato il centrodestra. Mentre La Russa e la Meloni ancora fingono di non capire perché il resto dei partiti non lo vuole, Musumeci obietta che il centrodestra non ha mai avuto una crisi di governo in cinque anni e confida nell’unità ritrovata. Lasciando i problemi in Sicilia. Immemore degli scontri con gli altri leader e con il parlamento siciliano, che il suo governo ha lasciato sguarnito – al netto di Armao, costretto dalle circostanze – nel giorno della discussione generale su Bilancio e Finanziaria. Ma queste, ormai, sono questioni di lana caprina. Che non significano nulla. Nulla di fronte ai sondaggi.