A Centuripe, nell’Ennese, tre chilometri dal centro abitato di Catenanuova, i residenti hanno firmato un documento per chiedere alla Soprintendenza ai Beni culturali di apporre un vincolo storico e paesaggistico nell’area che la famiglia Proto, una delle più importanti nell’ambito dello smaltimento e della raccolta dei rifiuti, voleva destinare a discarica, per raccogliere 1000 tonnellate al giorno di monnezza (quelle prodotte quotidianamente da una grande città come Palermo). Sempre i Proto sono i proprietari di un’altra discarica privata, quella che sorge a 500 metri da Misterbianco, che da anni insozza anche Motta Sant’Anastasia, il comune del Catanese diretto dal leghista Anastasio Carrà. Una vasca a ridosso del centro abitato, chissà per quale misterioso motivo. Che di recente ha ottenuto il via libera dagli uffici regionali per il rinnovo decennale dell’Aia – l’autorizzazione di impatto ambientale – nonostante la contrarietà, a parole, del presidente della Regione Nello Musumeci: “Sono sempre stato e resto contrario all’attuale collocazione della discarica della Oikos – aveva detto lo scorso agosto –. Il mio desiderio sarebbe quello di spostarla alcuni chilometri oltre, lontano dai centri abitati. Purtroppo, non tutti i desideri diventano diritti: e i diritti di ognuno sono tutelati dalla legge”.

La resa della politica nei confronti della burocrazia, e dei privati, porta in calce la firma del governatore, che ha comunque deciso di istituire un gruppo di lavoro – di cui non si ha notizia, per la verità – “che dovrà esaminare ogni aspetto del decreto e riferire in pochi giorni. Alla gente che vive in quei Comuni non si può chiedere per anni di sopportare il fetore proveniente dalla discarica, per colpe, leggerezze o errori compiuti nel passato. Un rimedio va trovato”. In gergo politichese, serve un approfondimento. Il Movimento 5 Stelle pretende di più, ma anche alcuni consiglieri comunali di Misterbianco (prima dello scioglimento del Comune per mafia, nei giorni scorsi), avevano chiesto la revoca del decreto Aia alla Regione e “l’istituzione di una Commissione d’indagine incaricata di condurre accertamenti, ed esaminare atto per atto, le azioni messe in campo dal Comune di Misterbianco, e per il Comune di Misterbianco, riguardo la discarica Valanghe d’Inverno in contrada Tiritì”. A fare storcere ulteriormente il naso a Musumeci, e a tutti i cittadini del comprensorio, è una sentenza di primo grado che ha visto la condanna di Daniele Proto a sei anni di reclusione per aver corrotto un funzionario della Regione deputato al rilascio delle autorizzazioni ambientali.

Come svelato da un’inchiesta di Sergio Rizzo e Antonio Fraschilla su “Repubblica”, oggi il business dello smaltimento dei rifiuti – in Italia – vale qualcosa come 28 miliardi di euro. E riguarda soprattutto i privati. Non c’è soltanto la famiglia Proto. Il Comune di Palermo, nelle ultime settimane, ha avuto a che fare con la famiglia Leonardi, che detiene un’immensa discarica fra Lentini e Catania, e con Giuseppe Catanzaro, ex braccio destro di Antonello Montante (ma ha lasciato Sicindustria non appena è stato coinvolto da uno dei filoni dell’inchiesta), che ha in mano l’impianto di Siculiana. Sapete perché? I rifiuti prodotti dal capoluogo di regione non possono più finire a Bellolampo – la discarica pubblica gestita dalla Rap ha le vasche sature e trentamila tonnellate di spazzatura abbancate nel piazzale – e devono andare fuori, a costi non indifferenti. Ma i “privati”, secondo Orlando, si sarebbero messi di traverso. Anche se a firmare l’esito dell’attività di controllo sui campioni presenti a bordo degli autocompattatori della Rap è stata l’Arpa di Catania: “Non sono idonei” ha sentenziato (ieri il prefetto ha suggerito l’ennesima soluzione transitoria: i controlli si fanno a Palermo).

Eppure Orlando, e il suo assessore all’Ecologia, Giusto Catania, stanno facendo i diavoli a quattro per denunciare “che alcuni di quei gestori privati sono stati e sono al centro di indagini perché collegati ad un pluridecennale sistema di potere affaristico e mafioso” e che “ci sono troppe anomalie nel comportamento di alcuni uffici e Agenzie, per questo chiederò di essere ascoltato – parola di Orlando – dalle Commissioni bicamerali Antimafia e sulle ecomafie”. E ancora, che “oggi è in gioco non solo una partita che riguarda Palermo, ma la capacità che la Sicilia si liberi definitivamente dalla dipendenza e quindi dalle “anomalie” determinate dallo squilibrio dell’intero sistema a favore dei privati”.

Secondo quanto riportato dal report di “Repubblica”, la discarica di Lentini, gestita dalla Sicula Trasporti della famiglia Leonardi (che fattura quasi 100 milioni di euro l’anno), nel 2018 ha ottenuto dalla Regione siciliana l’ampliamento di 1,8 milioni di metri cubi, per un volume di affari che si aggira sui 180 milioni di euro. E’ la più vasta del territorio regionale. Ma nei giorni scorsi ha ricevuto anche un accesso ispettivo antimafia ordinato dalla prefettura, “al fine di verificare la presenza di possibili infiltrazioni mafiose” come ammesso dai legali di Sicula Trasporti. I Leonardi hanno messo radici in città, e acquistato squadre di calcio (la Sicula Leonzio, in Serie C), alberghi, palazzi, bar, immobili di ogni tipo. Un grosso hotel ad Aci Trezza, due residence persino ai Giardini Naxos. Nella discarica di Lentini confluiscono i rifiuti di 255 comuni siciliani. E guai a sgarrare coi pagamenti: tariffa media 100 euro a tonnellata, per chi ritarda si chiudono i cancelli. Fare affare nel campo dei rifiuti, giova. Ma questo enorme contributo alle tasche dei privati, come certificato da una relazione della commissione nazionale antimafia, deriva da “autorizzazioni ambientali” che “non possiedono le caratteristiche di conformità legislativa né permettono l’effettuazione di controlli. Ciò ha determinato una grave compromissione del territorio”. Scelte obbligate per emergenze acclarate.

Mentre altrove, in Italia ma non solo, si dotano i territori di impianti per la termovalorizzazione e si approfondisce l’uso della raccolta differenziata – la percentuale delle tre città metropolitane è da pianto greco (Palermo è al 19,5%) – in Sicilia si parla soltanto di discariche. Un sistema superato e inquinante, ma che genera profitti. I privati su di esse hanno un’incidenza del 68%. Mentre quelle pubbliche, come nel caso di Bellolampo, sono in difficoltà e non si riesce ad ampliarle, se non in tempi biblici (a Palermo si attende la realizzazione della settima vasca, se ne parlerà dopo la prossima estate). “Musumeci – diceva Claudio Fava, presidente della commissione regionale antimafia qualche tempo fa – dopo due anni di annunci e di grancassa, continua a ricorrere alle discariche private per l’ordinaria amministrazione e per l’emergenza, esattamente come il suo predecessore Crocetta”.

In questa storia comandano i soliti noti e il nuovo non esiste. Vincono i pannicelli caldi e mai la rivoluzione. Qualcuno vi dirà, a ore, che l’emergenza a Bellolampo è stata finalmente scongiurata. E poi la ruota riprenderà a girare come ha sempre fatto. Grazie alle discariche.