Nella favola del Santo che suda, ad Agira, una stilla di dolce malinconia. Il priore che per primo ha raccolto il prodigio di San Filippo il Nero lascia la sua Abbazia.

Il patrono di Agira, la cui sacra effigie più volte, senza mano umana, s’è intrisa da sé di un sudore simile ai preziosi olii dei riti antichi, vede andare via – in altra sede – don Giuseppe La Giusa. Rispettoso degli ordini dettati dal proprio vescovo, il mite ragazzo cui la Fede ha dato il fardello di una struggente responsabilità – contemplare un legno in preghiera, la Statua del Santo che suda – prosegue il suo cammino là dove il dovere impone, lontano dalla chiesa che l’ha visto bimbo, dai banchi dove è diventato sacerdote nel patto eterno tra Dio e l’umana specie.

Nella favola dov’è potente la verità dell’amore, don Giuseppe – il padre Priore – se ne va via come don Camillo dalla sua canonica. Come quel prete della Bassa Padana inviso al suo vescovo, ma non al suo popolo, anche questo caro curato di paese dagli occhi bagnati di splendido stupore sembra ripetere a San Filippo il Nero – il santo dei sanfulippani – la frase di don Camillo a Cristo: “Come farò lontano da voi?”.

Nella favola, c’è la gioia della certezza. E la risposta di San Filippo d’Agira a don Giuseppe è la stessa di quella del Crocifisso di Mondo Piccolo data a don Camillo: “Non sarai tu a stare lontano da me, don Camillo, ci sarò sempre io vicino a te”. E proprio così è per il priore: “Non sari tu a stare lontano da me, don Giuseppe, ci sarò sempre io vicino a te”.

LETTERA APERTA DI RINGRAZIAMENTO A DON GIUSEPPE LA GIUSA, PRIORE DELLA CHIESA REALE ABBAZIA DI AGIRA

Carissimo don Giuseppe, vorremmo con queste poche riflessioni esprimere pubblicamente il nostro più sincero e vivido ringraziamento per tutto il bene che abbiamo ricevuto in questo tuo soggiorno di nove anni presso la nostra parrocchia.

Ti ringraziamo indistintamente per il servizio che hai svolto con dedizione e amore, specialmente verso le persone e le famiglie bisognose, per avere cercato con tanta cura e paternità di trasformare tanti gruppi disorientati in una grande famiglia, di cui tu sei stato padre, per avere avuto amore in ogni cosa, per il tuo coraggio di riportare all’antico splendore il tempio che ti era stato affidato (che correva il rischio di chiusura) , pur tra difficoltà di ordine finanziario e non solo, curando ogni minimo particolare, per avere manifestato la tua grande capacità ed intraprendenza nel realizzare qualcosa di importante che lascia, e lascerà nel tempo, un segno visibile della tua presenza.

Hai avuto tanto amore e umanità per tutti e per tutto, in ogni azione, in ogni gesto, in ogni parola, Sempre. Di quell’Amore di cui sono capaci solo le persone che lo vivono veramente in Cristo e che solo da Lui può provenire.
Quando ci hai annunciato il tuo trasferimento la Comunità è rimasta sbalordita, incredula, smarrita, dispiaciuta e piena di rabbia.

Abbiamo visto giovani, adulti e anziani, piangere a quella notizia, e, fino a qualche giorno fa, qualcuno sperava in un intervento “miracoloso”, che potesse far ritornare le cose al loro posto.

Caro don Giuseppe, ognuno di noi conserverà di te un ricordo tutto suo, particolare, unico, personale, cosi come particolare, unico e personale è stato il suo rapporto con te.

Ognuno di noi ti ha conosciuto e “vissuto” a modo suo, a volte anche in conflitto, con le tue ragioni o con il tuo modo di fare, ma comunque portandoti tanto rispetto e affetto.

Ti salutiamo con grande affetto e ti auguriamo di trovare tanta accoglienza, partecipazione e collaborazione nella tua nuova comunità.

Grazie don Giuseppe e buon cammino pastorale con la speranza che tu possa un giorno ritornare nella nostra comunità.