Mentre il ministro Speranza e il generale Figliuolo festeggiano il traguardo dei 500 mila vaccini al giorno, la Sicilia rimane coi suoi problemi cronici. E osserva l’evoluzione della campagna di immunizzazione dal basso della classifica (o meglio: di tutte le classifiche). Negli ultimi due giorni il presidente Musumeci è tornato a battere sul “rinnovato impulso” della campagna, che ha fatto registrare rispettivamente 32 mila e 34 mila somministrazioni complessive. Ma la promessa di vaccinare il 70% dei siciliani entro l’estate stride con la realtà. Secondo i dati forniti dalla fondazione Gimbe, infatti, ad oggi solo l’8,5% della popolazione ha ricevuto entrambe le dosi.

Per molti addetti ai lavori questa lentezza è dovuta alla psicosi di Astrazeneca: “Non possiamo mica costringere la gente a farsi vaccinare – è stata l’ammissione di Pino Liberti, commissario per l’emergenza di Catania -. Questa situazione però sta raggiungendo livelli molto preoccupanti”, ha confidato a ‘La Sicilia’. Mercoledì, ad esempio, ci sono state appena due mila iniezioni col siero di Oxford. In tutta l’Isola. I “casi sospetti” e il supplemento d’inchiesta aperto dall’Ema – che alla fine ha ‘sconsigliato’ l’utilizzo del farmaco agli under 60 – ha disintegrato gli esiti della campagna. Oltre centomila dosi rimangono nei congelatori, e altre 152 mila sono in arrivo oggi nelle farmacie ospedaliere. Ma senza una scossa, rimarranno lì.

Il prof. Bruno Cacopardo, primario di Malattie infettive al Garibaldi di Catania, spiega che “tutti gli effetti collaterali registrati finora sono stati riscontrati in pazienti relativamente giovani” mentre “i 60enni, gli ultrasessantenni e ultrasettantenni non sono mai stati colpiti da eventi trombolitici”. Vaglielo a spiegare. Il danno è irrimediabile. Il trend costante. Ecco che la politica siciliana – con Musumeci impegnato a 360° sul fronte dell’emergenza (essendo anche assessore alla Salute) dovrebbe, quanto meno, offrire una prova d’ingegno e, data la gravità del momento, prospettare una modifica del target: ad esempio, spalancando le porte di AstraZeneca a tutti quelli che vogliono vaccinarsi, a prescindere dall’età. Perché – è bene ricordarlo – il suo utilizzo sotto i 60 anni è “sconsigliato” non vietato. Ieri Musumeci ha abbozzato a Figliuolo, data “la modesta adesione da parte del target 60-69 anni”, la proposta di “estendere la somministrazione del Vaxzevria (AstraZeneca) alla fascia 50-59 anni”. Ma è poco, ed è già tardi.

A parte il caso AstraZeneca, che sta smontando le poche chance di tornare a una vita normale, ci sono altri problemi che investono la campagna in Sicilia. Ad esempio, la funzione dei medici di base. Sono troppo pochi quelli che hanno dato seguito all’accordo di marzo che prevede “in questa prima fase, di vaccinare i soggetti che, per condizioni cliniche o socio-abitative, non sono in grado di recarsi nei punti vaccinali attivati o per i quali viene ritenuto più opportuna, per le medesime motivazioni, le vaccinazioni a domicilio o presso lo studio del medico”. Fragili e Over-80 toccherebbero a loro. Ma il percorso è iniziato da un paio di settimane, e spesso si è inceppato. E’ colpa, soprattutto della logistica, cioè della capacità di preservare la catena del freddo. Per il trasporto esiste una borsa termica, data in dotazione dalle Asp. Ma Pfizer, una volta scongelato, può rimanere in frigorifero per un massimo di cinque giorni; mentre, una volta aperto il flaconcino e diluito con la fisiologica, deve essere consumato in due ore. Viaggiando da una casa all’altra – specialmente nelle grandi città – non è agevole effettuare sei iniezioni (cioè il numero delle dosi ricavate da una singola fiala) in due ore.

“Stiamo pagando il prezzo di avere iniziato la negoziazione con grande ritardo – spiega Luigi Galvano, segretario regionale Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) –. Mentre le altre regioni hanno chiamato i medici di medicina generale alla fine dello scorso anno, per vedere che tipo di impegno potevano mettere in campo, noi abbiamo firmato l’accordo solo l’8 marzo. Ma la pubblicazione in Gazzetta è slittata al 26. Inoltre, non tutte le aziende erano pronte: a Catania, ad esempio, i primi contatti fra l’Asp e i medici è avvenuta il 12 aprile. A Palermo e Trapani si sono mossi meglio, ma operiamo tuttora a macchia di leopardo”. In ogni caso sulla campagna ‘delegata’ ai medici di famiglia bisogna continuare a spingere. Lo richiede la responsabilità collettiva, ma anche l’accordo sindacale che fissa un prezzario di rispetto: 10 euro per una dose somministrata all’interno all’interno del proprio studio; 25 euro per le prestazioni a domicilio; 31,50 euro l’ora se il vaccino viene inoculato in un hub (con l’apporto di personale aziendale) o in una unità mobile. “All’inizio – prosegue Galvano nella sua disamina – molte postazioni che avremmo dovuto occupare noi, sono state occupate da altri, come società interinali che hanno assoldato altri colleghi medici, che ci guadagnano molto più”. I medici dirigenti, addirittura, fino a 60 euro l’ora.

Ma adesso non c’è più tempo per la polemica. “Ci sono molte adesioni e negli ultimi giorni stiamo crescendo molto – assicura il segretario – La nostra è una vaccinazione di prossimità, che si avvicina ai luoghi in cui la gente vive e lavora, riuscendo ad evitare gli assembramenti. Inoltre, abbiamo proposto all’Asp di Palermo di prolungare l’orario dalle 20 alle 24: questa iniziativa serve per andare incontro alle persone che lavorano – in primis i dipendenti – che non possono permettersi di stare tre ore in coda. E, inoltre, faciliterebbe noi medici di famiglia, che nelle ore diurne siamo oberati di lavoro. L’Asp di Palermo ha apprezzato l’iniziativa e ha cominciato a richiedere le disponibilità”.

Un altro passo annunciato – ma i fatti sono un’altra cosa – è il coinvolgimento delle farmacie. Esiste un protocollo tra Federfarma e la struttura commissariale guidata dal generale Figliuolo, che prevede l’adesione di 11 mila farmacie in tutto il territorio nazionale, di cui 796 in Sicilia e 227 a Palermo. Di queste, però, nessuna ha ancora iniziato a vaccinare. E’ tutto fermo in attesa che venga firmato l’accordo con la Regione e che i vaccini (J&J, probabilmente) arrivino. Le farmacie potranno operare al loro interno, nelle adiacenze o in gazebo allestiti all’esterno attraverso la concessione gratuita del suolo pubblico. Prima, però, è obbligatorio aver seguito un corso di formazione di 8 ore erogato dall’Istituto Superiore di Sanità, mentre le prime cinque inoculazioni saranno assistite da un tutor (medico o infermiere) che al termine attesterà l’abilitazione. Si calcola che ogni vaccinazione durerà circa 25 minuti. Già, ma a partire da quando?

Restiamo tutti in apnea, a metà fra i buoni propositi e gli esperimenti riusciti male. Come quello – unico nel suo genere, e mai più ripetuto – delle somministrazioni in parrocchia. La grande trovata di Musumeci che il sabato di Pasqua, però, convinse appena 4 mila persone a presentarsi, condividendo coi fedeli lo spirito della Comunione e un ago sul braccio. Quattromila su seimila prenotati, rispetto alle 50 mila dosi che si pensava di poter smaltire. Una pia illusione. Mentre il prossimo passo, consolidato da un comunicato della presidenza, è il coinvolgimento delle cliniche private (ogni struttura potrà inoculare un massimo di 80 vaccini al giorno). Il protocollo, siglato da Musumeci e dal numero uno di Aiop Sicilia, Marco Ferlazzo, prevede che siano le case di cura a organizzare gli aspetti logistici e sanitari (personale, locali, frigoriferi, etc) necessari ad accogliere quanti vorranno ricevere il vaccino, mentre spetterà alle Asp assicurare l’approvvigionamento e la consegna dei vari sieri. Le cliniche, inoltre, metteranno a disposizione un “team” composto da almeno un medico (per le eventuali reazioni avverse), un infermiere e un amministrativo.

Piano nazionale che dovrebbe subire qualche modifica verso fine maggio, con la possibilità alle aziende di cominciare a “smaltire” i propri dipendenti a prescindere dalla fascia d’età. E’ quanto richiesto da nove associazioni datoriali (Confindustria, Confcooperative, Confcommercio, Confartigianato Imprese, Cna, Confesercenti, Legacoop, Casartigiani e Confapi) che ieri hanno scritto al presidente della Regione per chiedere di destinare ai lavoratori e ai loro familiari le circa 400 mila dosi di vaccino attualmente disponibili nei magazzini. “Rilevato che il mondo produttivo siciliano – si legge nella nota – ha già messo in atto, anche con protocolli di collaborazione con la sanità privata siciliana, ogni procedura logistico-organizzativa per poter sopperire in maniera autonoma e organizzata all’inoculazione dei vaccini” e “visto che, anche a causa di una certa diffidenza diffusasi nei confronti del siero AstraZeneca, sono attualmente disponibili nei magazzini circa 400 mila dosi di vaccino, chiediamo al governatore Musumeci di attivare tutte le azioni possibili affinché in Sicilia parta la campagna vaccinale all’interno delle imprese che, da una prima ricognizione, hanno un parterre di circa un milione di persone”. Operazione che, secondo le associazioni datoriali, darebbe una rapidissima accelerazione delle procedure (50 mila persone a settimana) e assicurerebbe un notevole risparmio per la Regione dal momento che le imprese sosterrebbero i costi delle vaccinazioni.

Bisogna fare il possibile per migliorare gli standard e raddrizzare i numeri. Gli ultimi forniti dalla fondazione Gimbe sono preoccupanti e ci collocano in fondo a quasi tutte le classifiche: ad esempio, risulta che appena il 44,4% della popolazione over-80 ha avuto prima dose e richiamo (per la Regione è il 47%); il dato crolla al 12,7% nella fascia 70-79. Il presidente-assessore-commissario Covid Musumeci è chiamato all’impegno più alto e più gravoso della legislatura: ridare fiato al popolo siciliano. Anche se per il momento si limita a enfatizzare il dato dei 32 mila vaccini di giovedì e dei 34 mila di venerdì: “Il trend che rileviamo negli ultimi giorni è decisamente al di sopra dell’obiettivo quotidiano che ci è stato assegnato e il traguardo iniziale delle 50 mila somministrazioni al giorno è più vicino. Risulta fuorviante – ha aggiunto il governatore – limitare le analisi ad affermazioni che indicano la Sicilia tra le regioni maggiormente in ritardo sul piano della copertura vaccinale della popolazione, senza tener conto dell’attuale rinnovato impulso”. Beato lui che non ha mai smesso di crederci.