Nei giorni scorsi il Pd siciliano ha ritrovato il suo commissario. Alberto Losacco, designato da Roma dopo la “cacciata” di Davide Faraone, ha partecipato al primo evento pubblico ufficiale. Si trovava a Messina per lanciare la nuova stagione delle tessere (online), che dovrebbe concludersi entro la fine dell’anno per rendere possibile, nel 2020, la celebrazione dei congressi locali e regionale. Per un commissario inafferrabile, strappato all’anonimato, ce n’è uno – quello della Lega – che in Sicilia non vedono da tempo. Si tratta Stefano Candiani da Tradate, ex sottosegretario agli Interni e pro-console di Matteo Salvini nell’Isola. Sballottato su e giù per lo Stivale, Candiani nelle ultime settimane si è occupato prevalentemente di Umbria, dov’era stato commissario per cinque anni e dove, fra un paio di domeniche, si elegge il nuovo presidente della Regione.

Candiani vive nel cono d’ombra di Salvini, che dalla caduta del governo gialloverde è in perenne campagna elettorale. E fino al 27 ottobre in Sicilia non ci metterà piede. Ha delegato la gestione del potere e la costruzione della squadra a Igor Gelarda e Fabio Cantarella, rispettivamente responsabili Enti Locali per la Sicilia Occidentale e Orientale. L’uno, consigliere comunale a Palermo; l’altro, assessore al Comune di Catania. E’ anche merito loro se il Carroccio, alle ultime Europee, ha preso il 20,8% e ha eletto due europarlamentari a Strasburgo: la presidente di Eurexit, un’anconetana trapiantata a Palermo, Francesca Donato; e la licatese Annalisa Tardino, molto vicina al deputato nazionale (di San Cataldo) Alessandro Pagano, già coordinatore del partito e con un passato nel PdL.

Gli ultimi atti ufficiali della Lega, in Sicilia, sono le nomine dei commissari provinciali e comunali. Un processo ancora in corso, come riferiscono Gelarda e Cantarella in tandem: “Ci stiamo radicando sul territorio – esordisce l’assessore catanese –. Abbiamo fatto un censimento degli amministratori comunali. Pensate che fino a qualche anno fa, nell’epoca di ‘Noi con Salvini’, eravamo in quattro. Ora siamo una squadra di 150 persone, con due sindaci, tra Sicilia Occidentale e Orientale. Sono numeri impensabili fino a poco tempo fa, che restituiscono il peso del lavoro fatto in questo anno e mezzo. Il fatto che Candiani non ci sia non è importante. Lui deve stare in Umbria, dove si gioca una battaglia campale. Ci ha lasciato delle linee guida e le stiamo seguendo”. Conferma Gelarda: “I contatti con Candiani sono costanti”.

Ma il vero problema della Lega, adesso, è tenere la barra dritta fino alle prossime Amministrative. Con Candiani in giro per l’Italia tutto si complica. Costruire un gruppo dirigente è un processo che richiede sacrificio e lungimiranza. Tra le caratteristiche richieste ai potenziali candidati, e a tutti quelli che hanno chiesto di iscriversi al Carroccio, due sono fondamentali: non avere conti aperti con la giustizia e aver dato un contributo per il bene della Sicilia. Niente riciclati, né transfughi. Una linea che ha retto fino alle Europee, quando la presenza della famiglia Genovese al fianco di Angelo Attaguile, il padre della Lega nell’Isola, mise in imbarazzo i piani alti. La mancata elezione del politico di Grammichele ha fatto passare tutto in cavalleria, sebbene Cantarella ribadisca a chiare lettere che “anche quelle esperienze sono utili per capire con chi hai a che fare. Per vedere chi tiene al partito e chi a farsi i cavoli propri. Il voto del 26 maggio rappresenta una selezione naturale del gruppo dirigente: oltre a Donato e Tardino, anche Gelarda ha avuto un successone pur essendo penalizzato dal sistema elettorale”. Attaguile, no. “Mettersi accanto a certa gente non ha premiato”.

All’orizzonte, però, si profilano nuove situazioni borderline: a partire da quella di Vincenzo Gozza, un consigliere comunale ex An che (pare) non abbia mai ottenuto il “visto” per la sua iscrizione al partito a causa di una condanna per reati ambientali. Ma che è appena stato nominato coordinatore cittadino a Caltagirone, pur avendo votato a favore di un ordine del giorno per il ripristino dei servizi al Cara di Mineo, fortemente osteggiato da Salvini. Gozza, inoltre, si sarebbe espresso in palese conflitto d’interessi, dato che lavora nel centro di prima accoglienza con una ditta di manutenzioni. Casi come quello di Gozza dipendono, più o meno direttamente, dall’assenza di un “controllore”. E qui torna il riferimento a Candiani, che sul caso specifico ha promesso di approfondire, ma che stando lontano da Palermo ha fomentato – indirettamente – una lotta intestina fra le anime del Carroccio.

Da un lato i “giovani turchi”, come Gelarda e Cantarella, dall’altro gli inossidabili, di cui la Lega non vuole e non può liberarsi. Con Attaguile accomodato in tribuna, l’elemento di “disturbo” si chiama Alessandro Pagano. Nessuno ha mai pensato di farlo fuori, perché un deputato di questi tempi è oro che cola. Ma la sfera d’influenza dell’ex dirigente leghista, scalzato dall’arrivo di Candiani e con un processo in corso per voto di scambio (a Termini Imerese), si sta man mano allargando ai territori: in primis Agrigento, dove in primavera si vota, ma anche Caltanissetta e Trapani. Persino l’elezione di Annalisa Tardino è un risultato ascrivibile a Pagano, anche se Gelarda conferma che “le due eurodeputate stanno collaborando col senatore Candiani e con tutti i militanti”. Anche se fin qui, sinceramente, non hanno lasciato traccia.

Ciò che manca al Carroccio, a parte una guida solida e presente, è un’espressione a palazzo dei Normanni. L’unico deputato eletto con ‘Noi con Salvini’, Tony Rizzotto, ha scelto di aderire a “Ora Sicilia”, la terza gamba del centrodestra con cui Razza e Musumeci avevano tentato di prestare il fianco all’avanzata di Salvini. Ma che si è arrestata di fronte alla scelta improvvida di alcuni nomi: su tutti quello di Luigi Genovese, che ha fatto gridare Candiani allo scandalo. Il commissario, inoltre, avrebbe preso malissimo il corteggiamento nei confronti di Rizzotto, e l’ha scaricato in malo modo (“Non ci interessano i politici opportunisti che in un anno e mezzo di legislatura hanno proposto appena quindici atti”). Da quel momento, però, il dialogo fra Lega e Diventerà Bellissima si è arrestato, col risultato di cancellare dall’Ars ogni influenza residua da parte di Salvini e soci. E dalla testa di Musumeci qualsiasi ipotesi di futura alleanza. Eppure, non è detta l’ultima parola: “Una volta che il partito si sarà strutturato sul territorio – spiega Gelarda – l’attenzione per i temi della Sicilia tornerà alta. Sperando di avere una maggiore collaborazione anche all’Assemblea regionale”.

Sulle alleanze, invece, Gelarda chiarisce subito che “il 19 saremo in piazza, a Roma, con Fratelli d’Italia e Forza Italia. Quella è la base. Alle Amministrative potrà allargarsi ad altre forze civiche, purché si capisca che l’attuale governo a conduzione Pd-5 Stelle è nemico dell’Italia”. Al di là dei convenevoli, dei buoni propositi e del consenso in crescita (ma alle Europee è un voto d’opinione e Salvini ha fatto buona parte del lavoro), la Lega siciliana è un misto di rabbia e di rancori che si fatica a mascherare. Di regole e contraddizioni che ogni giorno la spinta di Archimede fa tornare in superficie. Servirebbe un regolatore dei flussi: ma lui, Candiani, se ne sta in Umbria, perché è lì che si gioca la partita più importante.