Una stramba polemica ha coinvolto la presidente del Consiglio ed alcuni esponenti della sinistra. A Fratoianni non è piaciuta una citazione di Ernest Renan sulla Nazione, un “plebiscito che si rinnova ogni giorno”, sostenendo che lo scrittore e storico francese del XIX secolo è stato un “teorico del razzismo”. Corrado Augias ha invitato la presidente del Consiglio a non mettere le mani sull’autore della famosa Storia del Cristianesimo. All’uno e all’altro lei ha risposto in modo piccato e del tutto condivisibile che la cultura è patrimonio di tutti, ricordando quanto sia assurda la pretesa di una sorta di monopolio della sinistra sulla stessa. In breve, questo l’antefatto che induce qualche riflessione.

È di gran lunga preferibile la Meloni impegnata in una polemica di questa natura, a quella che alcuni mesi fa urlava sguaiatamente ad un raduno dell’estrema destra spagnola. C’è, poi, una bella differenza tra la pochezza retorica del “sono donna […]” e questa rivendicazione.

Se il confronto tra posizioni diverse assumesse questi toni, lasciando quelli grevi dello scontro consueto, sarebbe un bel salto di qualità. Sarebbe del tutto positivo che da un lato la sinistra smettesse la supponenza impropria con la quale pretende di essere depositaria del sapere e la destra abbandonasse la protervia con la quale identifica cultura e snobismo. È difficile immaginare oggi che questa destra voglia scegliere un simile terreno per trovare una propria identità, per assumere forma compiuta, per elaborare valori, per diventare una forza moderna di conservazione.

Non lasciano ben sperare le continue, sbracate prese di posizione di taluni esponenti delle forze di governo in Parlamento e sui mezzi di comunicazione. Possono pure divertirsi ad indicare, come ha fatto, di recente, il ministro della cultura, Dante loro progenitore, si richiamino a Renan e abbandonino, se ci riescono, la vacua arroganza che molti di loro ogni giorno manifestano e il costante tentativo di parlare alla pancia del Paese, alimentando le tendenze meno nobili.

Fino ad alcuni decenni fa c’era chi riteneva di avere il compito, la forza e gli strumenti per accelerare i processi della storia, il suo inesorabile cammino verso l’affermazione della giustizia e dell’uguaglianza. La storia stessa si è occupata di smentirli. Oggi predominano coloro che immaginano di fermarla costruendo barricate dalla sommità delle quali urlare vacuità, dire dei no, negare l’esistenza o l’entità dei problemi e così rimandarli nei recessi del tempo, come se bastasse questo ad eliminarli.

L’identità di una destra moderna, adeguata al governo del Paese, non può essere definita con le scelte improvvisate e spesso dannose adottate sul fenomeno delle migrazioni, scambiando un processo epocale che pone enormi difficoltà, rispetto alle quali nessuno ha la ricetta pronta, con una questione di sicurezza.

Non si può combattere o contenere la diffusione dell’uso delle droghe solo con la repressione, lasciando il suo smercio nelle mani delle mafie ed opponendosi nettamente alla legalizzazione di quelle leggere. Legalizzazione, non liberalizzazione, già di fatto in atto, potendosi acquistare all’angolo della strada qualsiasi droga. Non è coerente con una visione moderna ripetere i no ai diritti civili, in controtendenza rispetto al resto dell’Europa e del mondo occidentale e in linea con le “democrature” di Ungheria e di Polonia. Risulta del tutto disumano e contrario all’interesse del Paese ribadire un altro no al diritto di cittadinanza piena per le ragazze ed i ragazzi che sono nati in Italia e che qui hanno studiato. Le barricate per fermare la Storia, per contrastare il sentire comune delle nuove generazioni, non reggono. Possono semmai servire a rassicurare dalla paura del nuovo alcuni settori della società, ma finiscono inevitabilmente spazzate via dall’urto del tempo e consegnano chi vi è montato al sottoscala della Storia.

Ed infine. Meloni non scorge quanto sia stridente la definizione di Renan sulla Nazione con il progetto di secessione che, insieme alla Lega, sta portando avanti? Non scorge che questo percorso vada nella direzione opposta all’idea stessa di una entità statuale unita e solidale dentro una più vasta entità europea? La cultura, oltre a mettere a disposizione le citazioni, dovrebbe indicare un percorso coerente, insegnare quanto meno il principio di non contraddizione, offrire alla politica la bussola per una navigazione meno difficile, disincagliandola dalla improvvisazione.

La cultura dovrebbe essere la precondizione per governare, da destra e da sinistra, con qualche efficacia i fenomeni complessi della modernità che, negandoli con la ripetizione dei no o banalizzandoli, non si risolvono né scompaiono.