Mentre litigava (a distanza) con Musumeci, provando a rimodulare gli investimenti a valere sulla programmazione comunitaria, e sgomitava (a Roma) per ottenere un ruolo nel quadro dirigenziale di Forza Italia, il presidente multitasking, al secolo Renato Schifani, allargava a dismisura il proprio “cerchio magico”: ci sono finiti dentro l’insospettabile Tony Scilla (fino a qualche settimana fiero scudiero di Gianfranco Micciché) e il consigliere comunale di Palermo, Salvo Alotta. Segni particolari: essere di Forza Italia. Due squilli di tromba che provano a cancellare settimane di umiliazioni: dalla norma “salva-ineleggibili” alle province, non c’è un solo risultato di governo che il presidente possa esibire nella Capitale, dove oggi si conclude il congresso dei berlusconiani con l’elezione di Antonio Tajani come segretario.

Quello che ha provato a fare Schifani nelle ultime settimane è convincere lo stato maggiore del partito che lui avrebbe meritato un posto (almeno) da vice. Ma non aveva grosse credenziali: ha portato con sé un’esperienza di governo deludente, una coalizione sfilacciata, battaglie perse (come il caro-voli), amici delusi (da Occhiuto a Cuffaro). In questo primo arco di legislatura, il governatore è stato inappuntabile solo nel congegnare e consegnare incarichi di sottogoverno. Quello che ne ha di più è Marcello Caruso, capo di gabinetto, spalla fidata e addirittura commissario regionale di Forza Italia (sognava anche la presidenza della provincia di Palermo). L’ultimo, invece, se l’è aggiudicato Scilla. L’ex assessore all’Agricoltura e alla Pesca Mediterranea, che qualche settimana fa è stato eletto segretario provinciale di FI nella sua Trapani, ha completato la sua adesione al partito degli schifaniani grazie al decreto n.469 del 20 febbraio: quello in cui Schifani gli conferisce l’incarico di esperto in ragione delle competenze acquisite “segnatamente nel settore della pesca”.

Scilla andrà a fare da spalla all’assessore Sammartino, che già si occupa di pesca, per un compenso di oltre 60 mila euro l’anno. Una cifra non banale e nemmeno così insolita: la guadagnano pure Gaetano Armao e Simona Vicari. Il primo per occuparsi di fondi e risorse extraregionali (una specie di aiutante in incognito del povero Falcone, privato della delega alla Programmazione); l’altra per disquisire di Energia e infrastrutture. Furono promossi lo scorso anno, al primo giro di valzer. Per Armao fu una sorta di riabilitazione dopo il primo passaggio (breve ma intenso) con Calenda, che gli offrì la candidatura alla presidenza della Regione. Ricompensata con un misero 2 per cento. Per la Vicari, fu una sorta di rivincita dopo la sconfitta alle Amministrative di Cefalù, dov’era già stata sindaco. Per entrambi un’occasione più unica che rara di tornare alla ribalta, guadagnarsi una stanza dorata a Palazzo d’Orleans, oltre a un bellissimo stipendio a fine mese.

Nel “cerchio magico” di Schifani, questa volta da consulente, è appena entrato Salvo Alotta, 823 preferenze alle ultime Amministrative di Palermo: eletto nella lista Lavoriamo per Palermo, quella vicina al sindaco Lagalla, nello scorso mese di settembre è transitato in Forza Italia. Il decreto del destino, questa volta, è il n.463, in cui Schifani ritiene di dover conferire l’incarico al consigliere perché intende avvalersi delle sue competenze tecniche nel settore bancario e del credito. Poteva approfittare di Armao, stimato ex assessore all’Economia; e invece no, servono profili nuovi e competenze fresche, che siano di supporto a un assessore ormai detronizzato e a un dipartimento – quello retto da Silvio Cuffaro, fratello di Totò – che evidentemente ne ha bisogno. Il contratto applicato ad Alotta è quello di consulente (non di esperto), per circa 1.400 euro al mese. E la mansione? “Supporto in materia di credito e risparmio, oltre che per l’utilizzo degli strumenti finanziari della programmazione comunitaria in favore delle imprese produttive siciliane”.

Il grande giro di consulenti e pagnottisti, in questi mesi, si è allargato: il capitano, remunerato più di tutti, è Andrea Peria, nominato sovrintendente dell’Orchestra Sinfonica perché l’incarico da presidente del Corecom (3.700 euro al mese) non era più sufficiente. L’uomo di cinema e organizzatore di eventi, che ha curato per filo e per segno la campagna elettorale di Schifani, è entrato poco per volta nel cuore del governatore. E dell’assessore al Turismo e agli Spettacoli, Elvira Amata, che ha proposto la sua nomina alla Foss. Peria ha accettato senza il timore di poter essere “incompatibile”, come ha denunciato successivamente dal presidente del Consiglio d’Amministrazione, Gaetano Cuccio, che dimettendosi ha provocato lo smottamento del Cda. Peria, che dall’istituzione lirica vede corrispondersi 75 mila euro l’anno (fate voi i conti) di recente ha scritto una lettera, per dirsi disposto a rinunciare agli emolumenti. Ma non è il denaro che guadagna a mettere a rischio la Fondazione, bensì la sua stessa presenza. Se venissero ravvisati principi di incompatibilità – una specifica legge regionale ravvisa la sovrintendenza della Sinfonica come un “incarico esclusivo” – potrebbe venir meno il finanziamento da 11 milioni che la Regione eroga alla Sinfonica.

Il pubblico del Politeama non potrebbe più assistere ai concerti diretti da Beatrice Venezi, una che fa parte di più cerchi magici. Non solo quello di Fratelli d’Italia (è stimatissima da Giorgia Meloni), ma anche quello di Schifani. Che ipotizza per lei un futuro alla guida del Teatro Massimo (salvo un passaggio da direttore artistico proprio alla Foss). In attesa che maturino le condizioni, la Venezi – che è anche consulente musicale del ministro Sangiuliano – è direttore artistico di Taormina Arte, dove porta a casa la bellezza di 7 mila euro l’anno. Una posizione sgradita al sindaco di Taormina, Cateno De Luca, che infatti è già uscito dalla fondazione, costringendola a una revisione dello Statuto. Ma che più in generale conferma una regola: in Sicilia c’è grande avidità di potere. E dietro la porta del governatore c’è la fila per accaparrarsi una consulenza o un incarico da esperto. A quel prezzo…

A mancare, però, è la chiarezza dei requisiti: pare che l’appartenenza, o meglio, il transito in Forza Italia rappresenti un biglietto da visita di cui tener conto. Resta un ultimo elemento di fastidio: i pagnottisti e consulenti vari, nei casi fin qui descritti, guadagnano denaro pubblico. Soldi del bilancio regionale che appartengono a tutti i siciliani e che potrebbero essere spesi in qualsiasi modo. Tranne che per soddisfare capricci o esigenze di carriera.