Con la sanità siciliana spesso ci si scotta. La battaglia per aggiudicarsi l’assessorato più ambito rischia di essere un preludio al suicidio (politico, s’intende). Sarà pur vero che da piazza Ottavio Ziino, passa la fetta più imponente del bilancio regionale (circa il 40 per cento). Ma le magagne che hanno investito di recente i protagonisti di questo girone infernale suggerirebbero a chiunque di starci alla larga. E non c’entrano soltanto le vicende giudiziarie che nella primavera di due anni fa provocarono una maxi inchiesta della Procura di Trapani su Razza e alcuni dei suoi collaboratori con l’accusa di aver falsificato i dati sul Covid. E non c’entra soltanto il responso dell’ultima indagine palermitana – il sequel di ‘Sorella Sanità’, che aveva portato alla condanna di Candela e Damiani – che ha rivelato una trama fitta e inespugnabile di mazzette e appalti truccati.

L’ultimo accadimento è la revoca dell’incarico nei confronti dell’ing. Tuccio D’Urso. L’uomo ombra di Nello Musumeci che dopo aver raggiunto l’età pensionabile è stato richiamato in servizio (a causa della pandemia) per occuparsi di potenziamento degli ospedali. In regime di emergenza, va da sé. E’ l’uomo che il presidente della Regione aveva investito della delega di soggetto attuatore per la realizzazione di 571 nuovi posti di Terapia intensiva e sub-intensiva e a riqualificazione di 29 Pronto soccorso, compreso quello del Policlinico di Palermo, che doveva essere pronto un anno fa. Invece, in un arco di tempo che ha già superato i 24 mesi, su 76 progetti approvati, ne sono stati ultimati solo 24. Altri 27 sono in corso di realizzazione, mentre 25 non sono nemmeno stati appaltati. Da qui la decisione di Schifani di rompere col passato e revocare l’incarico.

Un colpo basso nei confronti di D’Urso, ma anche di chi l’aveva messo a capo di una struttura tecnica che faceva acqua da tutte le parti. L’ex dirigente del dipartimento Energia era stato ‘processato’ l’estate scorsa in commissione Salute, dove molti deputati gli imputavano lo stallo degli interventi di edilizia ospedaliera. Lui si era giustificato, fino a qualche giorno fa, scaricando la colpa sulla struttura commissariale dello Stato, che non pagava le imprese costringendole a fermarsi. Ma gli alibi sono finiti e Schifani, con una presa di posizione netta, che non si addice molto alla sua natura compassata e, a tratti, ciondolante, ha sorpreso tutti: licenziandolo con due mesi d’anticipo sulla scadenza dell’incarico. Dopo l’ispezione di Antonello Cracolici, deputato del Pd, al Policlinico di Palermo: “È scandaloso che da un anno e mezzo sia in attesa della consegna dei nuovi padiglioni di chirurgia e di emergenza-urgenza, che comprendono anche la nuova area del pronto soccorso. Non è accettabile – diceva il parlamentare dem – avere dei locali ‘quasi pronti’ da mesi, che potrebbero offrire servizi sanitari fondamentali alla comunità ed invece sono ancora inspiegabilmente chiusi, mentre negli ospedali e nei pronto soccorso la gente è costretta ad interminabili attese”.

Eppure D’Urso è un uomo tutto d’un pezzo, con una fortissima vena critica, un’indole battagliera (“Mi sento come un soldato in prima linea che non deve schivare in ogni momento i colpi del nemico ma il fuoco amico di chi, in teoria dalla tua stessa parte, invece ti spara alle spalle”, disse), al quale tutti riconoscono le doti di lavoratore indefesso. Nel febbraio scorso era finito nel mirino di Forza Italia per aver denunciato – con parecchia leggerezza – il tema di una votazione farlocca che l’aveva privato di un emendamento ad personam utile a rinviare la pensione. L’Assemblea approvò una mozione per la revoca dell’incarico che Musumeci, ai fini della “continuità amministrativa”, tramutò in semplice provvedimento disciplinare. Con la promessa che D’Urso si occupasse più di ospedali e meno di social. Anche Razza lo difese: “Nessuno approva le sue frasi, ma metterle in collegamento con il lavoro fatto dalla struttura sarebbe un errore”. D’Urso fu costretto a scusarsi. Ma nei mesi il suo atteggiamento non è cambiato di una virgola, specie nel corso dell’ultima campagna elettorale.

Il ruolo di coordinatore della struttura tecnica, però, non è direttamente collegato all’assessorato alla Sanità. Che negli ultimi mesi ha attraversato, comunque, fasi convulse. Nel marzo 2021, in seguito alle risultanze dell’inchiesta della Procura di Trapani, fu arrestata Maria Letizia Di Liberti, capo dipartimento Attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico. La super burocrate fu sospesa dal servizio e interdetta dai pubblici uffici per la durata di un anno. Finiti i domiciliari e scontata la “squalifica”, è andata a occupare la casella più ambita di un altro dipartimento: quello alla Famiglia. Nel frattempo, dalla contestazione a suo carico, è stata stralciata la parte relativa alle false dichiarazioni sui decessi. E comunque la dirigente che, al telefono, chiedeva all’assessore Razza se i morti erano da spalmare oppure no, salirà sul banco degli imputati nel processo che scatterà il prossimo 10 novembre. In cui è imputato per falso anche il delfino di Musumeci, col quale Schifani si è complimentato per il lavoro svolto negli ultimi cinque anni (eppure l’assessore non è riuscito a far eleggere a Enna la moglie Elena Pagana, che ha varcato a stento la soglia dei 1.500 voti).

L’addio della Di Liberti era coinciso con un periodo di vacatio che Razza aveva deciso di colmare nell’agosto 2021 con la nomina di un ‘esterno’ a capo del Dasoe: cioè Francesco Bevere, che era stato per diversi anni il direttore generale della Programmazione sanitaria al Ministero della Salute e, fino al 2019, direttore generale dell’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. “Il direttore Bevere – fu l’introduzione di Razza – è un professionista di grande valore, apprezzato in Italia per la sua determinazione e concretezza”. Ma la luna di miele durerà poco. Pochissimo. Fino al febbraio successivo, quando Bevere rassegnò le dimissioni per motivi personali. Dicono alcuni spifferi che con l’assessore la scintilla non fosse mai scoccata.

Al suo posto venne nominato, ancora ad interim, l’eterno Mario La Rocca. Un altro ingegnere che era già alla guida dell’altro dipartimento – Pianificazione strategica – e che si è rivelato da subito un ‘pupillo’ del tandem Musumeci-Razza. E che per questo, durante l’ultima campagna elettorale, ha attirato su di sé le critiche sfrontate di Cateno De Luca, primo competitor di Schifani, che non ha mai mandato giù l’appuntamento elettorale del 15 settembre scorso a Catania sulla sanità: “Ciò che è successo negli ultimi giorni con il convegno organizzato a Catania da Razza e l’attività dell’ingegnere Mario La Rocca, dirigente generale dell’assessorato della Salute della Regione Siciliana che ha precettato tutti inviando messaggi nelle chat dei dipendenti spingendosi anche ad invitarli a “preparare le missioni”, è il sintomo chiaro di una gestione malata della sanità – disse Scateno -. Ho una missione: cambiare tutto. E inizierò il giorno dopo la mia elezione a presidente della Regione licenziando i vari La Rocca prostituiti al potere di turno”. De Luca non vincerà le elezioni, ma anche Schifani starebbe pensando a un turnover dirigenziale che porterebbe La Rocca verso altri lidi.

La sanità è pertanto un mondo da ricostruire. Il sistema, reduce da una gestione un po’ troppo clientelare, aiuta solo le cliniche private e le lobby che le rappresentano, ma tutti i altri laboratori convenzionati, ad esempio, sono con l’acqua alla gola: da tre anni aspettano il pagamento degli extra budget che non arrivano perché le Asp non hanno il personale necessario per ultimare i conteggi. Non basterà un nuovo assessore, e nemmeno i nuovi dirigenti. Serviranno funzionari seri e competenti. Che facciano il tifo per la salute dei cittadini, e non per l’Amministrazione di turno. Solo così, forse, qualcosa potrà cambiare.

Aggredito il dirigente Mario La Rocca

Mario La Rocca, dirigente generale del Dasoe, il dipartimento attività sanitarie e osservatorio epidemiologico dell’assessorato alla Salute, è stato aggredito in piazza Ziino, proprio davanti all’assessorato. Raggiunto telefonicamente da LiveSicilia.it, arriva la conferma del diretto interessato: “Sì, sono stato colpito e sto andando a fare la denuncia. C’è un clima d’odio per ora. Non posso aggiungere altro”. Secondo l’Ansa, l’aggressore sarebbe uno degli autisti dell’assessorato, ma sul punto gli inquirenti stanno verificando la versione dell’aggredito.