La realtà ha ceduto il passo agli annunci: per questo in Sicilia vedremo presto il Ponte sullo Stretto, la Pedemontana di Palermo e ospedali e case di comunità come se piovesse. E, perché no, l’agognato Centro direzionale della Regione, il sogno nel cassetto di Nello Musumeci, che dopo aver superato alcuni motivi ostativi relativi all’aggiudicazione della gara, è pronto a ingranare le marce alte: ospiterà tutti i dipendenti regionali, che nel frattempo – da qui al 2029 – saranno più che dimezzati. In base alle stime di Repubblica, e all’accordo “Salva Sicilia” che proroga per sette anni il blocco dei concorsi, il personale finirà depauperato. Andrà in pensione il 70% dei dirigenti e un funzionario su quattro. Il centro direzionale potrebbe non servire più.

La politica sembra aver perso il contatto con la realtà, e si nutre solo di abbagli. Sia la Regione che gli enti locali non hanno più le forze per redigere un progetto, e rischiano di mandare a monte i numerosi investimenti offerti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e dall’Europa. Molti, restando alla spesa ordinaria, rischiavano il definanziamento, così si è preferito destinare le risorse alla spesa corrente (per far fronte al caro energia di imprese e famiglie). E’ il segnale di una decadenza progressiva; dell’assenza di pianificazione; dell’urgente necessità di abbassare l’età media della pubblica amministrazione e procedere a nuove assunzioni. Il contrario, forse, di quello che avverrà. Con il “Salva Sicilia” si rischia di finire inguaiati: in cambio della “concessione” di spalmare in dieci anni il disavanzo da quasi due miliardi, la Regione dovrà sottostare a una serie di clausole vessatorie. Tra cui, appunto, l’impossibilità di procedere col turnover della dirigenza.

Da qui al 2029 andranno in pensione 557 dirigenti sui 783 attualmente in servizio nei 28 dipartimenti regionali, oltre a 4 mila funzionari (su 10 mila). Significa ridurre il personale all’osso. Impensabile. Schifani ha promesso una nuova capatina dal ministro Giorgetti per ridiscutere i termini dell’Accordo e individuare un compromesso che salvi la Sicilia da questo triste declino. Ma la voce “assunzioni”, per il momento, rimane sguarnita. Qualche giorno fa palazzo d’Orleans ha annunciato la revisione del Piano territoriale per gli esperti chiamati a coadiuvare la Regione e gli enti locali sul Pnrr. Verranno reclutate 36 ulteriori figure professionali, in aggiunta alle 83 già impiegate nel 2022. Serve il nullaosta di Roma. Si tratterebbe comunque di briciole, che non basteranno ad evitare figuracce come quella dei 31 progetti dei Consorzi di bonifica (sulle infrastrutture irrigue) bocciati per l’assenza di alcuni requisiti tecnici.

Questi sono i problemi a cavallo fra l’attuale governo e il precedente. Ma entrambi hanno fatto poco o nulla per uscirne. Eccetto il concorso per i Centri per l’Impiego e per il ricambio generazionale (per altre 100 unità). All’interno dei dipartimenti regionali molti uffici sono senza dirigenti e ci rimarranno. Ad esempio all’assessorato all’Energia, una branca delicatissima per la Regione: enormi le responsabilità, risibili i guadagni, così i numerosi atti d’interpello interno vanno deserti. Anche ai Beni culturali, un asset strategico per la Sicilia, bisogna correre ai ripari: nella Finanziaria esitata dalla giunta prima di Natale (e trasmessa in questi giorni all’Ars) c’è una norma per aumentare il monte ore dei lavoratori Asu, che in questo modo potranno garantire l’apertura di parchi e musei. Siamo al punto che rischiamo di non poter mostrare al mondo le nostre bellezze architettoniche e culturali. Ma è più facile affrontare i problemi offrendo disamine più a largo spettro: come il Ponte sullo Stretto.

La politica, prima, farebbe meglio a occuparsi della situazione deficitaria delle nostre autostrade. Il 25 novembre l’assessore al ramo, Alessandro Aricò, spiegava che “entro tre mesi i tempi di percorrenza sulla Palermo-Catania e sulla Palermo-Agrigento saranno ridotti del 20 per cento”. Peccato che, trascorsi 40 giorni, le notizie sono altre. A partire dalla A19, la Palermo-Catania, dove la settimana prossima saranno aperti nuovi cantieri che comporteranno la chiusura di alcuni tratti dalle 22 alle 6 del mattino: nelle notti comprese tra lunedì 9 e mercoledì 11 gennaio, l’autostrada sarà chiusa tra gli svincoli di Villabate e Bagheria; nelle notti comprese tra mercoledì 11 e venerdì 13, invece, l’autostrada sarà chiusa tra gli svincoli di Altavilla Milicia e Trabia. In entrambi i casi, l’itinerario alternativo è costituito dalla strada statale 113 “Settentrionale Sicula”. Non che le arterie gestite dal Consorzio Autostrade Siciliana godano di grande salute: al Cas, infatti, è stata inflitta una multa di mezzo milione per i disagi arrecati ai siciliani e ai turisti che percorrono la Palermo-Messina e la Catania-Messina, due autostrade ricche di disagi e interruzioni. Però è sempre più comodo osservare i problemi dalla cruna di un ago e coltivare nei pochi siciliani speranzosi, il “grande sogno”: della Pedemontana, ad esempio, che dovrebbe sollevarsi sopra la città di Palermo e congiungere le autostrade che collegano da un lato a Mazara e dall’altro Catania: valore dell’operazione 1,3 miliardi. Non è chiaro quanto tempo ci vorrà, ma l’attesa, da queste parti, è uno stato dell’anima.

Anche la sanità ha le sue enormi contraddizioni. A partire dal completamento del Policlinico di Palermo, che attende da mesi la consegna dei lavori del nuovo pronto soccorso, di quattro sale operatorie e di un reparto di degenza post-operatorio. La rincorsa è partita lo scorso ottobre, con un sopralluogo del neo eletto presidente Schifani assieme al deputato del Pd Antonello Cracolici, che aveva sollevato la questione. Ma il progetto, avviato dalla struttura commissariale anti-Covid, continua a pagare enormi ritardi: la consegna potrebbe avvenire entro la fine del mese. Eppure, nonostante la drammatica attualità, la politica ha ripiegato su un nuovo progetto per la realizzazione del Policlinico 2.0, mediante l’utilizzo di 340 milioni (come base di partenza) di provenienza statale. Il vecchio ospedale non è pronto, ma già si pensa al nuovo. Dovrebbe sorgere in un’area del campus di viale delle Scienze, di proprietà del Comune, in prossimità degli svincoli dell’autostrada, e contenere circa 450 posti letto. Il progetto, che dovrà essere condiviso con l’amministrazione comunale, ricalcherà il modello ipotizzato da Renzo Piano che prevede un ospedale complesso e plurifunzionale ad alto contenuto tecnologico e assistenziale, preposto non solo alla cura e all’assistenza, alla diagnosi e alla terapia, ma anche alla ricerca e alla formazione.

Restano in itinere, in mezza Sicilia, anche gli ospedali e le case della comunità, previsti e finanziati dalla missione 6 del Pnrr per 300 milioni circa. La Regione, recentemente, ha anche approvato il piano territoriale di assistenza, in modo da “assorbire” le nuove costruzioni (o quelle già esistenti che andranno riqualificate) con l’obiettivo di “migliorare concretamente il livello qualitativo e quantitativo dei servizi offerti ai cittadini”. Parola di Schifani. Ma qualcuno si è posto la domanda più importante? E cioè: chi ci lavorerà? La proroga ai precari Covid, prevista dalla Regione con un emendamento aggiuntivo alle ultime variazioni di Bilancio, sta mettendo in crisi le Asp, che si muovono a macchia di leopardo, e sollevato un polverone da parte delle organizzazioni sindacali. Che non accettano alcune disparità di trattamento, ad esempio nei confronti degli operatori sanitari che in questi anni di pandemia hanno letteralmente tenuto in piedi i reparti. La riduzione del monte ore, per accogliere nel frattempo tecnici e amministrativi (in base al fabbisogno e alla prerogativa di non lasciare a piedi nessuno), rischia di creare caos a livello organizzativo, con refluenze inevitabili sul piano dei servizi. Soprattutto nei reparti di accettazione e urgenza, i cosiddetti pronto soccorso, dove ci sono molti meno medici e infermieri rispetto a quelli previsti dalle piante organiche.

Dietro l’angolo non c’è il Ponte sullo Stretto, per citare Schifani; né il nuovo Policlinico di Palermo, tanto meno il Centro direzionale (da quasi mezzo miliardo) che, secondo alcuni studi, rischia di imbottigliare il traffico. Piuttosto, c’è il delirio della priorità e delle incompiute. C’è la miseria di una politica che non riesce più a leggere la realtà. Dove proliferano gli imbonitori e le promesse di ogni tipo. Quasi sempre impossibili da realizzare.

Nella foto l’assessore regionale alle Infrastrutture Alessandro Aricò