Il 17 novembre all’assessorato regionale ai Beni culturali s’è festeggiato (simbolicamente, va da sé) il primo anno e mezzo dall’insediamento di Alberto Samonà. Buona parte del suo percorso è stato condizionato dalla pandemia, dalla necessità di chiudere baracca e burattini, sospendendo il respiro culturale di un’Isola che con il suo predecessore, Sebastiano Tusa, s’era riscoperta attenta verso le proprie bellezze, e più appassionata che mai. Samonà ha resistito alle correnti – compreso l’iniziale ostracismo per la sua appartenenza leghista – e oggi è lieto d’annunciare che “i luoghi della cultura della Regione hanno recuperato il 75% degli ingressi rispetto al 2019, prima del Covid. E quest’estate, nel mese di agosto, abbiamo avuto 546 mila visitatori, 65 mila in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Questi numeri non possono essere frutto del caso, ma sono figli della politica che stiamo attuando”. “Anche gli osservatori nazionali – prosegue l’assessore – dei progressi. E persino il Sole 24 Ore, che mi ha intervistato di recente, ha confermato la bontà del nostro lavoro”.

Perché tanta bontà?

“Partiamo dalla fine. Siamo stati i primi, alla riapertura dei luoghi della cultura, a prevedere sistemi di protezione e distanziamento. Abbiamo sviluppato un’App che segnala al turista il sovraffollamento di una struttura, dandogli la possibilità di prenotare la sua visita in un altro giorno o in una diversa fascia oraria. E quest’estate, nei luoghi di maggiore afflusso e in concomitanza dell’introduzione del Green pass, abbiamo dato la possibilità di effettuare un tampone rapido fuori da parchi e musei, dov’erano presenti le postazioni delle ASP. In questo modo siamo andati incontro ai cittadini stranieri – non tutti potevano conoscere le limitazioni imposte dal governo italiano – evitando di lasciarne fuori qualcuno se ‘negativo’”.

Siete riusciti nell’intento di internazionalizzare i beni culturali siciliani?

“Mi basterebbe citarle le campagne di scavo inaugurate in quest’anno e mezzo: sono 75. La ‘primavera dell’archeologia’ non è soltanto uno slogan, ma quanto sta avvenendo grazie a una serie di convenzioni firmate con università siciliane, italiane (come la Normale di Pisa e la Sapienza di Roma), europee (Amiens e Varsavia) e oltreoceano. Vedere che migliaia di ragazzi, assieme ai loro docenti, siano rimasti nell’Isola uno o due mesi per portare avanti le loro ricerche, ci restituisce la dimensione di una Sicilia che vuole investire sulla propria identità, sulla propria storia, sulla propria cultura. Il futuro non si costruisce per caso, ma a partire da scelte di programma. E dalla visione di una Sicilia che deve considerare i propri beni culturali come veicolo economico, smentendo il vecchio assunto che con la cultura non si mangia”.

La novità di cui è più fiero.

“Dopo anni che non si faceva, all’Albergo delle Povere abbiamo allestito una mostra contemporanea durata tre mesi: s’intitolava ‘Blocks’. Era una metafora dalla condizione di noi esseri umani che speriamo di lasciarci alle spalle i blocchi dovuti al Covid. Ma con riferimento anche ad altri blocchi ed altri muri, come quelli della Cina comunista. Il senso, però, è che abbiamo ripreso un filo che sembrava interrotto: con l’arte contemporanea”.

All’atto del suo insediamento, si innescò una polemica secondo cui la Lega di Matteo Salvini non avrebbe dovuto gestire la delega all’identità siciliana. Com’è andata?

“Credevano fossero arrivati i polentoni o i lombardo-veneti, e invece, in questi 18 mesi, abbiamo messo il turbo. Ridando vita al Rei, il registro delle identità immateriali: oggi ci arrivano centinaia di richieste da parte di Comuni e associazioni che vorrebbero riconosciute le proprie identità immateriali, di cui la Sicilia è piena: a partire dalle feste. Inoltre, abbiamo avviato le procedure per l’iscrizione del carretto siciliano tra i beni Unesco. E’ un bene identitario che in qualche modo unisce Sicilia occidentale e orientale, anche se le tecniche artistiche e di costruzione sono differenti. Due anni fa, infine, abbiamo creato la rassegna ‘Settembre al Riso’, al Museo Riso di Palermo, con l’espressione migliore della musica, del teatro e dell’arte siciliana, organizzando focus su Rosa Balistreri o Franco Scaldati. Su Scaldati vorrei fare un appunto…”.

Prego.

“Dopo che il Comune di Palermo s’è fatto sfilare il suo archivio, finito alla fondazione Giorgio Cini di Venezia, noi – grazie alla collaborazione dei figli e della sua compagnia – stiamo stampando l’opera omnia di Franco Scaldati, con tutti i testi inediti. Un’opera in diversi volumi che sarà edita nelle prossime settimane. E’ la più importante testimonianza di un grande drammaturgo che in Sicilia è stato molto conosciuto e poco valorizzato. Pubblicare le opere permetterà a studiosi e compagnie teatrali di poterlo mettere in scena”.

Molti borghi siciliani arrivano alle fasi finali dei concorsi nazionali, come quello di Rai 3, e in qualche caso – come avvenuto a Sambuca di Sicilia nel 2016 – riescono pure a spuntarla. Il decentramento culturale paga dividendi oppure no?

“Noi abbiamo dato vita a un progetto itinerante, che investe le nove province siciliane, dedicato ai borghi con meno di diecimila abitanti: si chiama ‘I Cantieri dell’Identità’. Lo abbiamo fatto confrontandoci con le Pro Loco, le associazioni, i cittadini di queste realtà che rappresentano il cuore e l’essenza siciliana. E’ importante esserci mossi in questa direzione, dato che i borghi sono interessati da una delle linee di finanziamento del Pnrr cultura”.

A proposito di Pnrr. Lei ha salutato con soddisfazione l’inserimento del progetto del Castello della Colombaia, a Trapani, tra quelli strategici che il Ministero ha individuato come meritevoli di finanziamento. Cos’altro è previsto nel piano di ripresa e resilienza?

“Per la Colombaia rivolgo un grazie alla sottosegretaria della Lega, Lucia Borgonzoni, che si è spesa in prima persona perché la riqualificazione di questo monumento rientrasse fra i 14 progetti fatti propri dal governo nazionale. Nell’elenco c’è pure il progetto del Comune di Palermo relativo all’ex Manifattura Tabacchi. Inoltre la Sicilia – come le altre Regioni – beneficerà di un paio di bandi per la riqualificazione dei borghi (uno rivolto a quelli con popolazione inferiore a 5 mila abitanti). Fra le altre linee di finanziamento, ce n’è una – di cui stiamo discutendo in Conferenza delle Regioni – destinata ai casali rurali. E un’altra che prevede interventi per musei e biblioteche, oltre all’adeguamento digitale degli spazi della cultura”.

Ma se il governo della Regione, come lei dice, punta così tanto a valorizzare i Beni culturali, perché a enti, associazioni e fondazioni che se ne occupano, verrà applicato un taglio netto rispetto ai contributi previsti dall’ex Tabella H?

“Questa versione è figlia di qualche articolo sensazionalistico. In realtà, quest’anno, al Dipartimento dei Beni culturali sono arrivate richieste per 8,9 milioni di euro. Che è una cifra enorme. Noi dall’assessorato all’Economia abbiamo ricevuto 1,8 milioni, la stessa dotazione del 2020, che è di circa 100 mila euro superiore rispetto al 2019. Pertanto gli importi destinati ai Beni culturali sono sempre gli stessi. E’ chiaro che rispetto alle pretese di enti, associazioni e fondazioni applicheremo una riduzione percentuale rispetto alla disponibilità effettiva. Una volta si pensava alla Tabella H come un luogo di spartizione politica, adesso è un bando trasparente, in cui le istanze vengono valutate da una commissione dipartimentale che valuta i parametri oggettivi per l’assegnazione. A incidere non sono gli umori di questo o quel parlamentare, né tanto meno dei partiti”.

Qual è la sua valutazione culturale su Palermo, la sua città?

“Purtroppo il dibattito culturale è asfittico, dopo anni in cui sembrava che la città dovesse risorgere con la Capitale italiana della cultura, Manifesta ecc. Invece sono rimaste macerie e cumuli di immondizia. Al di là delle emergenze e delle urgenze, una città che non trova una propria identità culturale, perché l’ha smarrita, è una città che si va spegnendo. Io spero che Palermo recuperi l’orgoglio per poter interpretare i cambiamenti e le trasformazioni culturali. Oggi tutto questo manca. E io mi sento di ringraziare i privati per aver messo mano al portafogli e aver sopperito a carenze evidenti. La maggior parte delle iniziative inaugurate, eccezion fatte per quelle promosse dal mio assessorato, sono appannaggio dei privati. Che ci hanno messo anima, cuore e soldi”.

Lei è l’unico, forse, a non aver avanzato pretese per la poltrona di primo cittadino. Ci pensa ogni tanto?

“Noi abbiamo un ottimo candidato che è Francesco Scoma. Inoltre, ha detto bene Salvini: se non si trovasse la quadra su un nome condiviso è giusto fare le primarie. Per quanto mi riguarda, sto svolgendo un ruolo che mi impegna a tempo pieno, come quello di assessore regionale ai Beni culturali. Ma è ovvio che se il mio partito mi chiedesse di fare un passo avanti, non potrei mai tirarmi indietro. Sono palermitano, amo questa città. E inoltre sono al servizio di un progetto politico e di una visione di Paese”.

Leggi pure – “Bonjour Casimiro”, nel libro di Samonà brillano i Piccolo