Una puntata in Prefettura, a Ragusa, per capire lo stato dei lavori sulla Siracusa-Gela, che riprenderanno a marzo. Un giro in centro con il sindaco Cassì per valutare quante fermate avrà la metropolitana di superficie del capoluogo ibleo, prossima alla realizzazione. Ma è proprio questa provincia, l’unica in Italia senza un chilometro di autostrada, che misura il fallimento e la voglia di rinascita della Sicilia sul piano infrastrutturale. Perché mentre vengono rispolverati vecchi sogni nel cassetto come il Ponte sullo stretto, l’Isola ha bisogno di strumenti di collegamento, anche elementari, che permettano di spostarsi (viaggiare è un’altra cosa). Fuori dall’ufficio di Marco Falcone, assessore regionale alle Infrastrutture e ai Trasporti, di Forza Italia, campeggia la scritta “work in progress”.  Lui gironzola fra le province, amministrativamente sepolte, in attesa di buone nuove: “La verità è che la Regione non è un ente attuatore, ma un ente finanziatore. Eppure, nell’ultimo periodo, ci siamo dovuti sostituire più volte alle province, intervenendo direttamente nei lavori o avvalendoci dell’Anas – spiega Falcone –. Il presidente Musumeci ha anche creato un ufficio di progettazione per dare una mano ulteriore a questi enti che da sei anni, con la complicità del Movimento 5 Stelle, i governi di sinistra vollero distruggere e soffocare. In questo modo le strade, ma anche numerosi istituti scolastici, sono stati abbandonati”.

Musumeci ha anche chiesto e ottenuto dal governo nazionale la promessa di nominare un commissario per la viabilità secondaria in Sicilia. Di cosa avrà bisogno per non fallire?

“Di risorse finanziarie, di poteri speciali per snellire le procedure e di risorse professionali che devono essere prese all’esterno. Con questi tre elementi potremo vedere dei risultati entro un paio d’anni. Senza, non ci sarà alcun tipo di beneficio”.

Quello della Siracusa-Gela è il cantiere che sembra ripartirà più velocemente. A cosa è servito l’incontro in Prefettura?

“Abbiamo chiesto garanzie sui tempi e sulle modalità con cui verrà realizzata l’opera. Esiste un concordato che soddisferà per circa il 60% le pretese dei creditori. La nuova ditta appaltatrice farà lavorare il tessuto produttivo locale, e in parte potrà ricompensare il danno arrecato alle imprese dalla sospensione dei lavori. Queste saranno pagati direttamente da Anas, a garanzia di una maggiore puntualità. Abbiamo ripreso per i capelli un appalto che aveva preso una brutta piega”.

Un cantiere che non parte è quello della Ragusa-Catania. Di quei 68 chilometri d’autostrada si parla da circa vent’anni. L’ultimo stop è arrivato dal Cipe la settimana scorsa: la sostenibilità finanziaria dell’opera genera perplessità. Che idea si è fatto?

“Siamo fiduciosi, sbaglieremmo a non esserlo. Nello scorso luglio, sollecitato dal governo nazionale, Musumeci confermò uno stanziamento di 366 milioni da parte della Regione. Poi, per far abbattere il costo del pedaggio, abbiamo sancito un impegno a favore di alcune fasce sociali e di utenti – ad esempio i residenti – e per alcune ore della giornata. Evidentemente non basta. Per trovare una ulteriore soluzioni, e lo proporrò martedì a Roma al vice ragioniere generale dello Stato, potremmo far entrare il Cas (Consorzio Autostrade Siciliano) nell’affare, mettendo sul tavolo 20 milioni di euro e garanzie per un prestito ulteriore da 50-60 milioni. Speriamo di trovare un’intesa, perché su questa opera il governo ci mette la faccia. La riteniamo essenziale per lo sviluppo del Sud-Est della Sicilia e dell’intera perimetrale”.

Un’altra questione spinosa riguarda i cantieri sulla Palermo-Agrigento e sulla Agrigento-Caltanissetta, che la crisi della CMC (concessionaria) ha aggravato. Come se ne esce?

“Il territorio è stato mortificato da questa vicenda. Qualche tempo fa, quando dicemmo che la CMC era in forte ritardo, ci accusarono di fare terrorismo, perché andavamo a toccare un’azienda che avrebbe portato in Sicilia grandi risorse finanziarie. Oggi lascia un debito di cinquanta milioni verso le aziende locali coinvolte nei lavori. Ma noi il contratto lo abbiamo con Anas, a cui abbiamo chiesto in modo perentorio che i lavori riprendano, con la CMC o la sua associata. Se non avverrà entro i prossimi giorni, risolviamo il contratto e Anas provvederà da sé alla realizzazione dei primi interventi. Certo, poi servirebbe un altro anno per fare la gara e assegnare i lavori a un’altra azienda. Meglio che lo stallo. Da parte di CMC c’è un atteggiamento defatigatorio che va avanti da otto mesi”.

Insomma, la situazione infrastrutturale non è florida…

“Con Anas abbiamo delle questioni in sospeso. Penso alla realizzazione della variante Comiso-Vittoria, della circonvallazione di Gela e della continuazione della Statale 121 da Bolognetta fino alla Palermo-Catania. Opere che valgono centinaia di milioni di euro e non sono mai partite. Ma su altri fronti ci si sta muovendo meglio, soprattutto gli interventi di manutenzione e ammodernamento sulla A19, dove ci sono otto cantieri aperti e riapriremo il viadotto Morello, il secondo più lungo della Sicilia, alla fine di febbraio. In tema di ferrovie, oltre alla metropolitana di Ragusa – su cui ci siamo impegnati a reperire trenta milioni – provvederemo la settimana prossima all’inaugurazione del raddoppio della Palermo-Catania: 38 km che valgono 225 milioni di euro e un risparmio di tempo pari a 11 minuti. I due binari saranno completati entro il 2023”.

Con tutto quello che c’è da fare, non sembra anacronistico ritirare fuori la questione del Ponte?

“Non solo non è anacronistico, ma rappresenta una grande opportunità. Per due motivi: il primo è di carattere economico. Le società che fanno continuità territoriale con i traghetti fatturano ogni anno 300 milioni di euro. Una cifra talmente alta che il ponte lo faresti praticamente a costo zero… E poi, secondo motivo, si accorcerebbero i tempi percorrenza. Per spostarsi da Messina a Villa San Giovanni un tir impiega mediamente tre ore. Avremmo davvero un’infrastruttura capace di collegare la Sicilia con il resto d’Italia. Che non avrebbe alcun impatto ambientale e, soprattutto, permetterebbe di risparmiare dei soldi a chi si sposta”.

Perché nessuno è mai riuscito a farlo?

“Oggi nel resto del Mondo queste opere vengono realizzate. Soltanto in Sicilia ci sono delle resistenze ideologiche, soprattutto in certi ambienti della sinistra. Ma ora queste perplessità stanno venendo meno”.

Resta da convincere il Movimento 5 Stelle. Dell’Orco, sottosegretario ai Trasporti, ha risposto in malo modo alla proposta di Musumeci.

“Sabato scorso abbiamo avuto un confronto in cui il sottosegretario Siri (della Lega) ha detto di essere favorevole e che vede anche nei 5 Stelle margini di apertura. Noi non dobbiamo costringere nessuno, ma solo convincere della bontà di un’opera che avrebbe ricadute importanti in termini infrastrutturali ed economici. E che migliorerebbe la qualità della vita dei cittadini”.

Anche gli aeroporti, specie quelli minori, non se la passano benissimo. La “continuità territoriale” potrebbe garantire un futuro più roseo a Trapani e Comiso?

“Musumeci ha richiamato più volte i gestori delle aerostazioni siciliane, che sono sei, per rappresentare la necessità di un coordinamento unitario, o di almeno due grandi autorità: una per la Sicilia Occidentale e uno per quella Orientale. Questo per creare economie di scala e mettere in rete gli aeroporti. Sulla continuità territoriale, Musumeci ha chiesto a Toninelli una delega per convocare la conferenza dei servizi, che durerà da 90 a 150 giorni, in cui determinare le tratte. Poi bisognerebbe attendere l’ok di Bruxelles e fare la gara d’appalto per l’individuazione del vettore. Credo si possa partire entro la fine del 2019, massimo a gennaio 2020. Su Comiso, ad esempio, pensiamo di aprire due tratte al giorno per Roma e una per Milano, con un reale abbattimento del prezzo del biglietto. Aggiungo pure che il governo è intervenuto con delle agevolazioni per gli aeroporti minori grazie allo strumento del co-marketing”.

Per Catania Fontanarossa è stato un 2018 memorabile, con un netto incremento dei passeggeri.

“Il doppio rispetto a Palermo nonostante non sia ancora un aeroporto internazionale. Ma lo diventerà presto: siamo in procinto di fare un investimento da 250 milioni. L’interramento della ferrovia consentirà di allungare la pista e ai boeing di arrivare”.

Chiudiamo con la politica. Berlusconi ha deciso di tornare in campo personalmente e di candidarsi alle Europee. Può davvero rilanciare il suo partito?

“Credo che la candidatura del presidente sia un valore aggiunto. Per il suo prestigio, la sua lucidità e la sua autorevolezza può trascinare il partito verso percentuali che oggi, purtroppo, abbiamo smarrito”.

E anche lei è un fermo sostenitore delle posizioni anti-populiste di Micciché?

“Forza Italia è un partito moderato, e in quanto tale invitiamo a non parlare troppo alla pancia delle persone, a non essere troppo demagoghi. Non si può affrontare un tema articolato come l’immigrazione a colpi di spot. La capacità dell’uomo politico non dipende dagli spot, ma dalla sua abilità di governo e dalla concretezza e dall’efficacia di trovare le soluzioni ai problemi”.