Non è la fuga di molti ex “compagni” verso Italia Viva a turbare il sonno di Mirello Crisafulli (“Non è che vedo questa grande adesione…”), ma l’immobilismo tutto interno al Partito Democratico, che, secondo l’ex senatore di Enna, ha sospeso qualsiasi processo di rinnovamento dal giorno in cui Zingaretti ha dato il via all’operazione di governo con i 5 Stelle: “E’ stato interrotto un processo che adesso va rimesso in moto – spiega Crisafulli – Anche perché non possiamo dire che l’esperienza di governo vada così bene. Per questa alleanza coi grillini stiamo pagando un prezzo altissimo”. “Io penso che avevamo il compito, e lo abbiamo tuttora, di costruire un’alternativa al centrodestra. Non possiamo stare al governo solo per impedire a loro di governare”. Crisafulli è un decano della politica, ma ha ancora tanto gas nel motore. E pure una proposta che sottopone al gruppo parlamentare del Pd all’Ars, oltre che a Musumeci: “Dobbiamo mettere mano all’applicazione dello Statuto e dare la possibilità a chi stabilisce la propria residenza in Sicilia di ottenere dei rimborsi fiscali che gli permettano di pagare il 5, 6 o 7% di tasse”.

Senatore, l’articolo 1 dell’ultima Finanziaria, poi bocciato, prevedeva agevolazioni fiscali per gli stranieri che trasferissero la residenza nell’Isola. Lo avevano chiamato modello Portogallo.

“Probabilmente hanno utilizzato un meccanismo sbagliato. Io non parlo soltanto di stranieri. Musumeci rifletta sulla mia proposta: perché non fare una norma in cui i nuovi residenti che si trasferiscono in Sicilia – provenienti da qualunque parte d’Italia o d’Europa – possano accedere a un regime di tassazione più basso grazie ai rimborsi fiscali erogati dalla Regione? Si parla di rimborsi, non di benefici. Lo Statuto, se applicato. ci dà la possibilità di farlo. Questo varrebbe anche per le imprese che decidono di investire nell’Isola”.

Musumeci ne ha tanti di problemi… L’ultimo è la stasi legata alla riforma sui rifiuti. All’Ars non si trova più la quadra. Che idea si è fatto?

“Spero che Musumeci non arrivi al punto da farci rimpiangere Crocetta. Sarebbe davvero troppo. La verità è che la situazione è bloccata e il presidente della Regione non è in grado di imporre il ritmo. Trovo clamoroso che in Sicilia non si riescano a fare le cose. Sono tutti condizionati dai ruoli e dai riscontri personali. Manca una visione strategica nell’azione di governo”.

Il tema dell’intervista è anche un altro. Che ci dice del suo Pd?

“Mi piacerebbe invitare Zingaretti a Enna, non so se e quando ci riuscirò. Ma è necessario che venga in Sicilia a spiegare ai militanti come mai, dopo la sua elezione, eravamo un partito all’opposizione, in difficoltà, che si era ripromesso di non governare mai e poi mai coi Cinque Stelle; e adesso ci siamo ritrovati al governo, coi grillini fra l’altro, ribaltando schemi e ragionamenti. Non è una cosa da niente. Credo che dopo la tre giorni di Bologna (in programma nel weekend) sia necessaria una riflessione complessiva, e vada fatta qui”.

Per capire cosa?

“Qual è la missione del partito rispetto all’esigenza confermata – ma io spero di no – di restare al governo del Paese. Bisogna dare ai militanti le chiavi per ricostruire uno schieramento”.

Crisafulli, lei non è tra i filo-governativi. Questo si è capito.

“I nostri partner continuano a ragionare in termini di parti separate e ognuno ritiene di dover rivendicare qualcosa senza tenere conto che l’azione di governo o la si fa insieme o è meglio levarci mano. Stare al governo è importante, ma non basta”.

Cos’ha determinato la scelta di entrare nell’esecutivo?

“Noi avremmo dovuto costruire un vasto schieramento. Ma tutto si è bloccato quando abbiamo deciso di sostenere questa esperienza, che non mi pare stia dando grandi esiti. Siamo dei guardalinee in una partita che giocano altri e in cui non ci sogniamo nemmeno di poter incidere”.

Secondo lei cosa deve fare Zingaretti?

“Rifondare il Pd, renderlo uno strumento nuovo di battaglia politica e mettere in campo un’idea e una strategia che possa allargare il campo della nostra azione e delle nostre ragioni. Così come siamo non va bene, corriamo il rischio di non mangiare neanche il panettone”.

L’unica festa ve l’hanno fatta in Umbria.

“Era una sconfitta abbastanza scontata. Le vicende giudiziarie degli ultimi mesi, che avevano colpito solamente il Partito Democratico, prefiguravano un esito negativo”.

Non è che state facilitando il compito di Salvini? Al prossimo giro potreste finire travolti dall’ondata leghista.

“Continuando così, è ineluttabile. Un governo non si può limitare a tamponare le emergenze. Anche in questo caso servirebbe una politica chiara, una mission. Dovremmo dare segnali forti verso il Mezzogiorno e verso il mondo del lavoro. Quello che ci chiede la gente è il lavoro e non possiamo affrontare la questione come se si trattasse di un semplice titolo. Bisogna proporre azioni vere, a partire dalla Sicilia”.

A proposito di Sicilia. Sembrava che la scissione avesse rasserenato il fronte. Ma in questi mesi i contrasti si sono acuiti e nel partito siciliano le correnti non si contano più. Come se ne esce?

“Facendo il congresso regionale, ma facendolo davvero, evitando che sia una finzione. Serve una bella battaglia di rinnovamento e un ricambio della classe dirigente. Non possiamo andare al congresso con i soliti protagonisti. Dobbiamo prendere atto che è necessaria una spinta completamente diversa, occorre mettere in campo energie nuove, rompere una logica che ci ha condizionato negli anni e che finora non ha pagato”.

Perché molti dirigenti, cominciando dai parlamentari all’Ars, hanno scelto di aderire a Italia Viva? Forse è proprio perché il Pd non riesce a rinnovarsi…

“Ma quale… Quelli se ne sono andati volevano solo mantenere i propri ruoli. Ma anche una parte dell’attuale gruppo dirigente del Pd segue questa logica. Non possiamo più permettercelo. I dirigenti di partito devono guardare più alla società e meno ai problemi interni”.

Però Italia Viva vi sta sfilando sotto il naso parecchi amministratori locali e forse un pezzo dell’elettorato.

“Io credo che l’elettorato non sia coinvolto. Non mi pare ci sia questa adesione popolare… Questa scissione è soprattutto un riciclaggio di classe dirigente. Alcuni dirigenti si stanno orientando in quella direzione perché pensano di avere più spazio”.

Ad andar via dal Pd sono stati anche l’ex deputato regionale Mario Alloro, che è stato a lungo un suo seguace, e Luca Sammartino, che lei un anno fa aveva indicato per la segreteria regionale del Partito Democratico.

“Su Alloro non ho molto da dire, tranne che mi dispiace che abbia fatto questa scelta. Luca Sammartino è un’altra cosa. Non sono affatto pentito di averlo proposto alla guida del Pd, era una delle forze su cui avremmo dovuto puntare. Ma è mancata la condivisione da parte dei “suoi”… Chi bloccò Sammartino è stato Faraone. Gli sarebbe piaciuto andar via da segretario, il piano era questo. Ma poi lo hanno commissariato”.

E’ colpa di Faraone se il Pd siciliano si trova in questo stato?

“Non di Faraone, ma di Renzi. E’ lui ad aver creato queste condizioni all’interno del Pd. Faraone era soltanto un replicante”.

Adesso il commissario è Losacco. Ci ha parlato? Fin dove potrà spingersi col suo incarico?

“Può spingersi molto avanti se lo esercitasse fino in fondo, ma non ho idea di cosa voglia fare. Io ci ho parlato, ma penso che in questa fase sia concentrato a mettere insieme le forze del partito e dar loro l’obiettivo del congresso regionale. Che deve essere figlio di una grossa fase di ricambio e rinnovamento. Ma molto passa dalla riflessione che faranno i big nazionali. Se si pensa di mantenere lo status quo non ci saranno possibilità di rafforzamento neanche in Sicilia. Nell’Isola si potrà fare un’operazione – anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali – se nel Pd nazionale prevarrà la voglia tornare a fare politica. Politica vera. Non eravamo auto-sufficienti come Pd da soli, si figuri adesso che una parte è andata via”.

Ho la sensazione che non si fidi molto.

“Una delle cose che non mi è piaciuta è che la gran parte del gruppo dirigente nazionale, che aveva assunto la direzione politica all’indomani del congresso, sia transitata tutta al governo. Capisco che è una responsabilità non secondaria, ma proprio tutti… E’ rimasto fuori solo Andrea Orlando per una scelta personale. Non mi pare sia il modo di prendersi cura del partito”.