Claudio Martelli, nella sua intervista al Giornale, individua uno dei responsabili di questo “disastro”, che per un decennio ha ingolfato il sistema giudiziario: “All’origine di tutto c’è la condotta della procura di Palermo, guidata da Gian Carlo Caselli. I carabinieri – dice Martelli – prima furono accusati di non aver perquisito il covo di Riina dopo l’arresto (risposero che volevano vedere chi andava lì), poi di aver favorito la latitanza di Provenzano. C’è una lotta infinita tra corpi dello Stato all’origine dei processi. I pm volevano riaffermare il loro potere sui carabinieri, dire noi comandiamo e voi siete sottomessi all’autorità giudiziaria”. Nel volgere di poco tempo venne fuori anche il bersaglio politico: Silvio Berlusconi. “Quando i pm vogliono scrivere la storia si generano disastri”. Con quest’ultima sentenza come si riscrive la storia di quegli anni? “Una storia di lotte di potere e ambizioni personali spropositate. Un episodio di cui sono testimone: Caselli era procuratore di Torino e nel dicembre 92 fu nominato a Palermo, mi chiese di posticipare l’insediamento di 30 giorni, perché aveva un importante processo, diedi l’assenso, ma pochi giorni dopo fu catturato Riina e si precipitò a Palermo, come avesse guidato l’operazione, per essere in conferenza stampa. Ambizione, vanità, il piatto era troppo gustoso per non ficcarcisi”.