Il reddito di cittadinanza, coi numerosi scandali a cui è legato, ha già avuto un effetto boomerang sul governo giallorosso. Soprattutto sul Movimento Cinque Stelle, che da un lato è costretto a difenderlo (per evidenti motivi) e dall’altro farebbe carte false per cambiarlo. Tanto che prima Conte, poi Di Maio sono arrivati a chiedere un ‘reset’, un ‘tagliando’ sul sussidio che ha regalato soldi e gloria a un popolo di ‘divanisti’ e lavoratori in nero, ma che non è mai riuscito, tranne casi sparuti, a offrire una reale possibilità d’impiego agli inoccupati. In Sicilia a fronte di 700 mila beneficiari, solo una minima parte ha ottenuto un contratto di lavoro. Qualcuno l’ha avuto per un periodo e poi l’ha perso, ma gli unici a fregiarsene ed essere finiti sui giornali sono criminali e mafiosetti di quartiere.

Un sussidio a uso e consumo del dolce far niente – come prevedibile – ma che manca soprattutto nella transizione dalla fase-uno alla fase-due: cioè dal sussidio alle politiche attive. Il reddito nasce per offrire uno strumento di lotta alla povertà, ma soprattutto per favorire l’inserimento nel mercato del lavoro. Cosa che non è accaduta. A provvedere alla stipula dei patti per il lavoro erano e sono tuttora i navigator, l’altra faccia di una medaglia già usurata. Si tratta dei 2.978 vincitori del concorsone di Roma, nell’estate 2019, che hanno fatto ingresso nei Centri per l’Impiego a supporto del personale già in servizio. E con una mansione chiara: convocare i percettori del reddito di cittadinanza, sottoscrivere il patto per il lavoro, mappare le offerte formative, stendere i piani personalizzati di accompagnamento al lavoro. Attività propedeutiche a far spiccare il volo ai disoccupati, pur con delle basi di partenza fragili: molte di queste persone, infatti, non sono dotate dei requisiti necessari (talvolta nemmeno della licenza media) per risultare appetibili alle aziende. Quindi – è giusto sottolinearlo – i risultati relativi all’impiego (assai scarsi) non dipendono esclusivamente dall’efficienza dei tutor. Talvolta non c’azzeccano affatto.

I navigator, fra l’altro, oltre ad aver sostenuto un intenso periodo di formazione (nell’ottobre scorso), provengono da un percorso professionalizzante serio: la maggior parte di essi (il 33%) è laureato in Giurisprudenza (gli altri arrivano da Psicologia, Scienze della politica e Scienze dell’economia), mentre il voto di laurea, in media, è di 107 su 110. Segno che tantissimi ragazzi in gamba – per il 73% sono donne – si sono gettati anima e cuore in quest’esperienza, consapevoli di finire, loro malgrado, nel tritacarne della politica e dei media. Visti come “concorrenti” dagli oltre 8 mila addetti dei Cpi, sono entrati in ufficio in punta di piedi: rimanendo senza pc, postazione o connessione wi-fi, e profilando i beneficiari del reddito a mano, senza un foglio Excel su cui registrare nomi e cognomi. Si sono sbattuti nel silenzio dell’indignazione generale verso una misura populista che ha finito per risucchiarli senza pietà. I navigator rimarranno sempre quelli del contratto da 1.700 euro al mese (più le spese) che non sono riusciti a far decollare il reddito. In realtà ci hanno provato anche da casa, in estate, nonostante lo smart working. Non sono fannulloni né incapaci.

Nello scorso giugno la responsabile di Anpal Sicilia, la dottoressa Patrizia Caudullo, spiegava a Buttanissima la natura del loro impiego: “Qui in Sicilia hanno lavorato tantissimo. La Regione si è trovata di fronte 429 laureati giovani, formati, motivati, e li ha utilizzati al meglio. Inizialmente affiancandoli agli operatori dei Centri per l’impiego e dandogli la chiave d’accesso alla piattaforma del Sistema informativo lavoro (Silav), con la possibilità di convocare i beneficiari, inviare mail, organizzare appuntamenti per spiegare come funzionasse il reddito. Poi, durante la pandemia, le mansioni sono state suddivise: mentre agli operatori è toccata la parte amministrativa (ad esempio, sono intervenuti nell’istruttoria della cassa integrazione in deroga, ndr), i navigator si sono impegnati nell’attivazione dei piani per ogni singolo beneficiario del reddito di cittadinanza e nelle proposte di vacancy (offerte di lavoro), offerte formative e politiche attive”. Peccato che il panorama non offra granché e il sacrificio di pochi – in Sicilia sono stati assunti 429 navigator – non abbia avuto effetti. E fra l’altro verrà spazzata via dalla prima tempesta.

Il primo step che determinerà la loro reale condizione – vittime sacrificali di un sistema che non ingrana o vere risorse? – è in programma il 30 aprile, quando scade il contratto da un anno e mezzo a 27.338 euro. “Il piano per cui sono stati assunti non è terminato – ha detto la ministra al Lavoro, Nunzia Catalfo -. Spero di prorogarne il contratto, dalla scadenza di aprile, per tutto il 2021. Sono nostri ragazzi laureati col massimo dei voti e che hanno profilato 800 mila beneficiari del Reddito di cittadinanza”. Ma fino a dicembre 2021 significherebbe di appena pochi mesi. Poi questi ragazzi, “i nostri ragazzi” come li chiama la ministra, potrebbero restare disoccupati, o al massimo spendere la propria esperienza in altre procedure concorsuali che saranno indette dalle Regioni. In Sicilia, ad esempio, è già in itinere un concorso per potenziare i centri per l’impiego, che prevede 1.340 assunzioni, di cui 706 nel 2021 (secondo i piani dell’ex assessore alla Funzione pubblica, Bernadette Grasso). Non è mai stato specificato se i navigator avranno una “corsia preferenziale”, ma è chiaro che la loro preparazione di fondo, unita a un’età ancora tenera, potrebbe aiutare queste strutture a rimettersi in piedi e funzionare per davvero.

D’altronde, per il potenziamento dei Centri per l’Impiego l’ex governo gialloverde aveva previsto un investimento da 480 milioni nel 2019 e 420 nel 2020, oltre all’assunzione di 6 mila addetti (diventati meno di tremila). I giallorossi sembrano crederci un po’ meno, anche se l’utilità dei navigator sta nelle cose: a marzo, ad esempio, scade il blocco dei licenziamenti e tanti italiani, e siciliani, potrebbero ritrovarsi nella condizione di partenza: dover cercare un lavoro. I navigator potrebbero rappresentare un investimento utile per collegare, daccapo, domanda e offerta, individuare un possibile approdo, offrire un valido supporto. Agevolando quella che, a causa del Covid, si è trasformata in una caccia al tesoro. Ciò significherebbe far rendere l’investimento iniziale, gratificare dei giovani laboriosi e preparati, evitare che la loro iscrizione a libro paga (dello Stato) sia ricordata come l’ennesima truffa legalizzata. Ma bisognerà metterli nelle condizioni di lavorare nella maniera più efficace, attraverso una dotazione tecnologica e finanziaria all’avanguardia, un contratto vero e duraturo (dalla Legge di Bilancio è stata espunta una proposta di rifinanziamento presentata dall’on. Claudio Cominardi, del M5s). Altrimenti non ha senso tenerli lì a bagnomaria, cavalcando l’ennesimo esperimento populista.

Nei giorni scorsi la costituenda associazione nazionale dei navigator (Anna) ha scritto una lettera al ministro Catalfo per sottolineare che oggi “in Italia i navigator sono tra i veri pochi esperti di politiche attive del servizio pubblico, formati dal pubblico con risorse pubbliche e capaci di assistere i meno occupabili. I Centri per l’impiego, anche se potenziati come intenzione del Ministero, non hanno tutte le professionalità e risorse per poter affiancare i percettori del Reddito di cittadinanza e, contemporaneamente, occuparsi delle altre funzioni del welfare. A fronte di una situazione in cui terminerà a breve il blocco dei licenziamenti, la mancata conferma dei Navigator – scrive Anna – rischia di generare una “tempesta perfetta” per mettere sotto un incredibile stress la macchina statale che deve dare delle risposte ai cittadini e alle cittadine che, in maniera facilmente prevedibile, avranno necessità di usufruire dei diversi servizi dei Centri per l’impiego”.

Così hanno chiesto al Ministro “una posizione chiara e senza narrazioni di sorta sul rinnovo del contratto; un riconoscimento formale e circostanziato del lavoro e della professionalità dei navigator troppo spesso strumentalizzati in maniera ingiustificata; una discussione, in ottica della riforma sulle politiche attive del lavoro prospettata dalla Catalfo, del ruolo dei navigator in questo scenario che si andrà delineando; l’abbandono della retorica della partecipazione dei navigator ai concorsi regionali dei Centri per l’impiego i quali sono stati in parte già banditi e che, soprattutto, non rappresentano un matching adatto alla loro professionalità”. Hanno chiesto di non essere sacrificati sull’altare del populismo. Se ciò non dovesse avvenire, non avranno fallito i navigator, ma i Cinque Stelle. E lo Stato insieme a loro.