La sanità convenzionata non può più lavorare gratis. Per questo si annunciano giorni di fuoco: dal 21 al 24 febbraio l’attività di ambulatori e laboratori analisi sarà sospesa. Per capire quali effetti avrà il blocco sull’intero sistema, basta la comprensione di un dato: le 1.800 strutture della specialistica accreditata, a fronte di 15 mila lavoratori, erogano l’82 per cento delle prestazioni. Circa 49 milioni l’anno (su 60 milioni erogati dal sistema sanitario regionale). Non è bastato il confronto serrato col nuovo assessore alla Salute, Giovanna Volo, per scongiurare uno sciopero che porterà inevitabilmente all’allungamento delle liste d’attesa. Almeno per tutti coloro che hanno prenotato una visita o un controllo nei giorni da circoletto rosso.

A far scattare sull’attenti il Cimest, il coordinamento intersindacale della medicina specialistica ambulatoriale di territorio, è stato il ritocco (al ribasso) alle previsioni di budget per gli anni 2022 e 2023. La Regione ha garantito alla specialistica convenzionata 283 milioni, anziché i 315 assegnati nel 2021. “Il budget è stato assegnato agli ambulatori privati a dicembre 2022, quindi in data retroattiva – spiega a Live Sicilia Salvatore Gibiino, cardiologo e segretario nazionale e regionale di Sindacato Branca a Visita (SBV) –, ciò significa che per il 2022 dobbiamo restituire 32 milioni di euro già erogati e nel 2023 dovremmo fare 32 milioni di euro di prestazioni in meno, allungando così a dismisura le liste di attesa”. Ma il problema viene da lontano: “La pandemia e la grave crisi economica che ci attanaglia con tariffe bloccate dal 1996, gli aumenti insostenibili delle materie prime, dei contratti di lavoro, delle utenze e dei materiali di consumo non ci permetterà più di erogare gratuitamente prestazioni in extra budget”.

Le voci di uno sciopero si susseguono da gennaio. Schifani e la Volo hanno tentato la strada della mediazione, resa necessaria anche dai proclami fatti in campagna elettorale, e anche dopo la sua elezione, dall’attuale presidente della Regione. Che non aveva mai nascosto di voler puntare sul rapporto coi privati: “La nuova sanità – disse Schifani durante le dichiarazioni programmatiche a Sala d’Ercole – dovrà guardare senza riserve al privato convenzionato, sia ospedaliero che diagnostico, nella consapevolezza che l’assistenza sanitaria costituisce una pubblica funzione al di là del soggetto che la eroga, sia pubblico che privato. Occorre, quindi, abbattere ogni forma di pregiudizio sapendo coniugare una leale sinergia tra due mondi che stanno dalla stessa parte: la salute del cittadino”. Una manovra che molti, a sinistra, lessero come un tentativo di preparare la scalata della sanità privata a quella pubblica e che invece, secondo Schifani, sarebbe servita unicamente ad “abbattere le inaccettabili liste d’attesa di cui sono sottoposti molti pazienti che chiedono e hanno diritto ad una indagine strumentale e diagnostica immediata per la scelta della terapia”.

Il primo effetto del blocco della sanità convenzionata, a partire da martedì, andrà in tutt’altra direzione: “In questi quattro giorni non si potranno eseguire nei nostri laboratori circa un milione di prestazioni, che saranno rimandate a 6 mesi – spiega ancora Gibiino -. I pazienti che capiteranno in questi giorni, e che avevano aspettato da 3 a 6 mesi, saranno rimandati ad altri sei mesi”. Un dramma senza fine di fronte al quale la Regione resta nuda. “Da 15 giorni abbiamo avvisato tutti i nove prefetti e i nove direttori generali delle Asp siciliane, chiedendogli di incrementare il personale per visitare questi pazienti. Nei nostri studi ci sarà un cartello con su scritto: “Chiusi per fine budget, andate all’ambulatorio dell’Asp più vicino per farvi curare’”.

Le rivendicazioni di ambulatori e laboratori analisi sono sul piatto da mesi e sono riassunti da una locandina che prevede una manifestazione di fronte all’assessorato di piazza Ziiino, in programma per il prossimo venerdì: “Manifestiamo tutti contro la specialistica territoriale sottofinanziata che obbligherà il malato siciliano a pagarsi le prestazioni o intaserà i pronto soccorso e contro l’incomprensibile silenzio istituzionale di fronte ad una pessima gestione della sanità territoriale”. E poi le richieste alla Regione affinché “destini risorse reali alla salute dei cittadini con un corretto piano di fabbisogni; che abbatta le lunghissime ed inaccettabili liste di attesa; che riconosca l’importanza e il ruolo delle 1.800 strutture della specialistica accreditata”. Non è soltanto una questione di soldi, ma anche sociale. “Non riusciamo più a curare i pazienti”.

Qualche giorno fa, al termine dell’incontro con le parti, l’assessore Volo aveva fatto trapelare un certo ottimismo su almeno tre tematiche: la modifica delle tariffe, la rimodulazione del budget e l’omogeneità nei rapporti con le aziende sanitarie provinciali: “Abbiamo definito i contorni delle criticità più urgenti – disse l’assessore, unica figura ‘tecnica’ della giunta Schifani -. Da parte nostra c’è la massima disponibilità, nei limiti di quanto ci consente la legge e di quanto è sostenibile sul piano economico-finanziario, a utilizzare tutti gli strumenti in nostro possesso per venire incontro alle richieste del settore. Per questo abbiamo ribadito l’intenzione di rendere questo confronto costante attraverso la costituzione di un tavolo tecnico permanente in cui pubblico e privato possano dialogare concretamente. Per quanto dipende direttamente da norme nazionali, considerando che la Sicilia è una regione ancora in piano di rientro, avvieremo al più presto una interlocuzione con Roma”.

Non è bastato, però, a far rientrare i privati convenzionati dall’idea di lanciare un segnale forte, di rottura. Anche se in questo modo i rapporti con la politica diventano complicatissimi, e quasi impossibili da ricucire. Mandare la sanità gambe all’aria non avrà riflessi soltanto sui calcoli di Volo e di Schifani, ma soprattutto sulle esigenze dei cittadini che sanno poco o nulla di aggregati di spesa e prestazioni in extrabudget. Sanno solo che per farsi curare serve un miracolo, o affidarsi alle cure della sanità privata non convenzionata. Che costa. L’alternativa è intasare i pronto soccorso e far esplodere il sistema. Un passo alla volta ci si sta avvicinando.