Un’avvenente turista dell’est cerca l’inquadratura migliore per un selfie, scuotendo i capelli biondi in modo da cogliere, oltre al movimento fluido della sua chioma al vento la parola “mafia”, scolpita sul monumento ai caduti nella lotta alla criminalità organizzata dell’isola. In piazza Tredici Vittime si trova un’alta stele aniconica in acciaio corten, eretta nel 1983 davanti al porto di Palermo, su disegno dello scultore Mario Pecoraino, dopo le uccisioni di Pio La Torre e di Carlo Alberto Dalla Chiesa. L’inquadratura è una lunga sequenza di diverse “lapidi”, che compongono l’omonimo video realizzato dal celebre artista ravennate Yuri Ancarani per Manifesta 12, biennale nomade d’Europa a Palermo.

L’opera è un inedito dittico digitale: su due schermi verticali, affiancati, scorrono in parallelo due diverse sequenze. Nella prima le lapidi commemorative delle vittime della mafia, silenziose sculture video che onorano il ricordo di magistrati, di civili, di giornalisti, di agenti e di tutti coloro ai quali sono dedicati i monumenti, davanti ai quali oggi ci si fotografa, luoghi che diventano anche oggetto di veloci tour per turisti. Nel secondo schermo scorrono riprese di suggestiva bellezza di un paesaggio siciliano inedito, quello delle montagne, a volte sovrapponendo l’architettura antiestetica di costruzioni moderne allo splendore delle valli verdi e della pietra calcarea. Le caratteristiche contraddizioni della Sicilia. Per l’artista, le montagne riprese con la sua tipica precisione meticolosa, soffermandosi a volte su dettagli microscopici, quali i movimenti degli insetti, sono perenne testimonianza della Storia e, “sembrano guardarci dall’alto e stanno lì a ricordarci quanto siamo piccoli”. I fatti di cronaca accaduti a Palermo e provincia, tra Monreale, Portella della Ginestra e Villagrazia di Carini sono messi al confronto dell’eternità delle rocce. Un forte incentivo a riflettere su il nostro modo di ricordare i traumi della nostra storia collettiva.

“Lapidi” è il primo film che accoglie il visitatore all’ingresso dell’Oratorio Madonna del Rifugio dei Peccatori Pentiti, in via Maqueda 74, sede della Fondazione Goca, alle spalle del mercato di Ballarò. Lo spazio ospita i lavori di Yuri Ancarani inclusi nella sezione “City on Stage”, una delle tre sezioni tematiche in cui è stata divisa Manifesta. L’aula centrale dell’Oratorio è stata invece trasformata dall’artista in una sala video, insonorizzata e scura, dove la relazione creata è con il luogo architettonico ma con la dedica dello spazio ai Peccatori Pentiti. Il nome dell’Oratorio infatti fa riferimento ad una confraternita che qui si riuniva, dalla fine del Seicento, al fine di organizzare la processione della Passione il Venerdì santo.

E sono proprio i rituali di questa giornata della Passione che l’artista ha filmato l’anno scorso in un villaggio sperduto dell’isola caraibica di Haiti, “Whipping Zombie”. Come “Lapidi” ci racconta delle pratiche legate alla memoria dei defunti, anche questo film è legato al passato e alla morte, tema ricorrente in una città come Palermo, testimoniato proprio dalle famose celebrazioni del Venerdì Santo e descritto da celebri scrittori contemporanei come Leonardo Sciascia, da artisti come Renato Guttuso e testimoniato da luoghi storici che attraggono visitatori da tutto il mondo, come le Catacombe dei Cappuccini e il capolavoro dell’affresco tardo medievale del “Trionfo della Morte” di Palazzo Abatellis.

Il film, “Whipping Zombie”, inizia con una lunga ripresa all’alba di lapidi colorate in un cimitero dell’isola, sulle quali saltellano caprette. Piano piano, l’artista ci porta con la sua telecamera a rivivere la preparazione e la messa in scena di una danza rituale in cui i protagonisti rimettono in scena le dinamiche storiche inflitte agli schiavi dai padroni, attraverso la trance: è la danza degli zombie. Il ritmo di una musica martellante, che induce uno stato ipnotico, evoca la ritmica del lavoro muscolare, mentre gli uomini si frustano e lottano fino a soccombere, per poi rinascere in un ciclo infinito.