A denunciare l’inefficienza della politica sul fronte del precariato è stato qualche giorno fa Nello Dipasquale, deputato questore del Partito Democratico. “Se il governo Schifani e la sua maggioranza hanno la forza di ottenere la norma nazionale che serve per le stabilizzazioni allora si diano da fare, altrimenti tacciano”. Si riferiva agli Asu, una platea di 4.500 persone (almeno fino a qualche mese fa), che la politica ha periodicamente illuso. L’ultima volta è accaduto a maggio 2021, quando la stabilizzazione fu inserita in Finanziaria e approvata con soddisfazione bipartisan: nel giro di qualche mese, a tarpare le ali di questi lavoratori (impiegati soprattutto negli enti locali), è stata l’impugnativa di Palazzo Chigi, che ha costretto il governo regionale, a guida Musumeci, a un repentino cambio di rotta.

Per la verità l’ex assessore al Lavoro, Antonio Scavone, ha fatto il possibile per evitare di trascinare la questione di fronte alla Corte Costituzionale, ma ogni appello al buon senso, diretto all’ex ministro Orlando, è stato cassato. Con perdite. In primis la perdita di credibilità di una politica siciliana che aveva annunciato, con comunicati stampa entusiasti, di aver chiuso dopo venticinque anni una triste pagina di precariato, e che invece s’è ritrovata col tizzone ardente fra le mani. Scavone ha dovuto rinviare più volte la questione, gioco forza. Nel frattempo qualcuno dei suoi colleghi ha preteso di svuotare i capitoli destinati alla stabilizzazione dei lavoratori, dandola per sepolta. Solo alla fine dell’anno scorso si decise di prorogare i contratti dei precari fino al 31 dicembre ‘23, con la promessa di riparlarne.

A Roma non si è mosso ancora nulla. A Palermo sì, un paio di giorni fa. L’assessorato regionale alla Famiglia, infatti, ha comunicato di aver sbloccato le somme per il pagamento delle ore di straordinario per 3.016 lavoratori Asu, relative al quadrimestre settembre-dicembre 2022. In considerazione del fatto che per il mese di dicembre 2022 le attività sono ancora in corso, verrà infatti liquidata, a titolo di acconto per i mesi di settembre, ottobre e novembre 2022, la somma di 5,5 milioni. “Così come previsto dalla legge – si leggeva nella nota di palazzo d’Orleans – al saldo delle spettanze già impegnate si provvederà nel successivo esercizio finanziario, dopo la rendicontazione definitiva”. Ma ad andare fuori dal seminato, ed è questo che ha fatto strabuzzare gli occhi a Dipasquale, è la breve dichiarazione di Schifani: “I lavoratori Asu meritano tutta l’attenzione possibile perché da anni, in condizioni di precarietà, svolgono un ruolo fondamentale per il funzionamento degli uffici presso cui prestano servizio. Il nostro impegno – ha ribadito il presidente della Regione – sarà sempre quello di rispettare il loro lavoro. Inoltre, approfondiremo la vertenza che li riguarda per provare a trovare una soluzione legislativa e amministrativa che sia sostenibile”.

Che fine hanno fatto i tavoli al Ministero? Il nuovo ministro è Maria Elvira Calderone, in quota FdI, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro. E’ con lei che Schifani o l’assessore al ramo, Nuccia Albano, dovranno cercare un approccio per porre fine a un’assurda vicenda. “La destra non ha più alibi – ha detto Dipasquale -: affronti il problema del precariato nel suo complesso, ottenendo da Roma ciò che serve, oppure la smetta con le dichiarazioni di propaganda”. Il deputato del Pd ha ritirato fuori vecchie questioni. E il mercato dei precari, d’altronde, glielo permette, perché è sempre molto florido. Ci sarebbero per esempio i lavoratori ex Aras, che si occupano di controlli funzionali e assistenza tecnica agli allevatori presso l’Istituto sperimentale Zootecnico della Sicilia. Ogni volta, a fine anno, bramano un futuro più stabile, e ogni volta vengono traditi. Nelle variazioni di Bilancio del 2021, la politica propose di dar loro una mano, approvando una norma che avrebbe permesso la proroga dei contratti per un paio d’anni. Risultato? La norma è stata impugnata da Roma.

Ma ci sarebbe anche una enorme platea di operai Forestali in attesa di una riforma. Non tanto per una stabilizzazione – impossibile per 17 mila e passa lavoratori – quanto per una promozione organica e in parte gratificante. L’aveva promessa il precedente governo, con Musumeci in plancia di comando e l’assessore Scilla braccio operativo. La proposta, approvata dalla giunta, tendeva a ridurre da tre a due le fasce dei lavoratori stagionali, ad aumentare il numero delle giornate lavorative e a valorizzare e riordinare le attività e le competenze. Per “un impiego più razionale ed efficace dei lavoratori forestali, senza demagogia e senza vendere illusioni”, disse Musumeci. Scilla si era già portato avanti: “L’obiettivo finale sarà quello di garantire ai lavoratori forestali 180 giornate lavorative”. Peccato che in parlamento la proposta non sia mai arrivata.

Anche i lavoratori dei Consorzi di bonifica – da che mondo è mondo gli stipendi arrivano in ritardo – attendono da anni un cenno dalla politica.  E una riforma che lo stesso Schifani ha promesso in campagna elettorale per superare il commissariamento. Mentre un’altra grana assai attuale riguarda l’AST, l’azienda siciliana dei trasporti, dove gli interinali non hanno ricevuto lo stipendio di novembre, né la tredicesima. Si tratta di 280 lavoratori che svolgono le funzioni di autisti e meccanici, per i quali i sindacati sono pronti a fare le barricate. Nel frattempo l’azienda è finita nel mirino delle opposizioni per l’obsolescenza dei mezzi e per i gravi disservizi arrecati ai pendolari, studenti in testa.

Persino gli ex Pip, altri 2.500 lavoratori assunti ai tempi delle vacche grasse, restano con il fiato sospeso. Dopo tre tentativi di stabilizzazione andati a vuoto, infatti, il Consiglio dei Ministri ha sorvolato sull’ultimo blitz di Musumeci & friends (la classica norma inserita in Finanziaria), dando il via libera alla ciambella di salvataggio che prevedeva, fra l’altro, il ricollocamento nelle società partecipate della Regione. Meno di un mese fa, però, si sono ritrovati a protestare, in piazza, perché “manca ancora la parte burocratico-organizzativa per definire il tutto. Io – diceva Mimma Calabrò della Cisl – ritengo che non si possa perdere tempo. Nessuno, né le istituzioni né la politica, può pensare che debbano passare altri 22 anni, perché non ci sono questi tempi. Entro il 31 dicembre la partita va chiusa”. Durante la fase di trattativa è stato sospeso pure il sussidio. Una situazione da non dormirci la notte. Eppure, anche sui Pip, l’esaltazione della politica è stata bipartisan e reiterata ogni qual volta si è aperto uno squarcio di sereno.

L’ultima categoria, la più attuale, che attende un segnale di fumo dalla Regione è quella dei precari Covid. Gli operatori sanitari sono abbastanza certi di ottenere una proroga, e già esistono una serie di percorsi di stabilizzazione per chi ha completato 18 mesi al servizio di un’Asp o di un ospedale, di cui 6 durante l’emergenza pandemica. Le criticità maggiori, invece, sorgono per gli amministrativi. Come le centinaia che “affollano” la Fiera del Mediterraneo a Palermo, che sono tornati utili nella raccolta dati e nei processi d’informatizzazione. Profili spesso all’avanguardia che la politica si ritrova nell’imbarazzo di dover “tagliare”. Probabilmente non avverrà subito: nel corso dell’ultima giunta, infatti, sarebbe emerso l’orientamento di concedere due mesi di proroga, “ma è stato giudicato preferibile, per sicurezza generale, procedere con un ulteriore approfondimento – dice l’assessore ala Salute, Giovanna Volo, a Live Sicilia – anche e soprattutto col ministero, così da identificare una strategia che sia amministrativamente e legislativamente percorribile”. Intanto il tempo passa, e ne resta sempre meno per decidere del futuro della gente.