La parola d’ordine è caos: vaccini, tamponi, tracciamento. Adesso anche le scuole e i trasporti. Il Covid non è soltanto freddi numeri (che almeno sulla campagna di immunizzazione inducono all’ottimismo). Il Covid è anche, e soprattutto, esperienza di vita quotidiana. Stress, tormenti e paure. Come quella vissuta da un ragazzino di 7 anni, 39 di febbre, all’antivigilia di Natale. Un ascesso che poteva diventare tragedia, dal momento che all’ospedale Di Cristina di Palermo l’unico antidoto individuato dai sanitari era il ricovero in Malattie infettive, un reparto presidiato da pazienti Covid. Col rischio di entrare là per un’infezione a un dente e uscirne contagiato. La famiglia ha rifiutato la proposta e, come emerge dal racconto di Repubblica, si è rivolta al pronto soccorso pediatrico di Villa Sofia, dove il ragazzo è stato “tamponato” due volte (con esito negativo, ovviamente) e poi ricoverato in Odontostomatologia. Si è perso un bel po’ di tempo, e questo ha indotto i familiari a denunciare il “Di Cristina” per omissione di soccorso: “Avevo chiesto un tampone, mi è stato negato – si legge nel racconto della madre – Mi ha spiegato un medico che se avessimo perso ancora tempo il mio bambino avrebbe rischiato conseguenze peggiori, l’infezione era grave e poteva coinvolgere anche l’occhio”.

Per i soggetti che si presentano in ospedale con sintomi, o comunque una temperatura corporea superiore ai 37,5°, scatta il protocollo anti-Covid. Ma servirebbe anche un po’ di buonsenso per capire che un ragazzino di 7 anni con un ascesso non si classifica – per forza – tra i soggetti contagiati. Questo episodio è il sintomo di un malessere che sta montando (di nuovo). L’aumento dei contagi degli ultimi giorni – ieri abbiamo sfiorato i 1.500, quasi 500 solo nel Palermitano – indica che siamo entrati nella terza ondata. E come nella seconda, storia di pochi mesi fa, gli ospedali potrebbero collassare. Con essi le cure extra-Covid. Ci siamo passati, ma è utile ripeterselo. Basti pensare che ieri al “Cervello” i posti letto destinati a pazienti Covid si sono già esauriti. Chi aveva bisogno di cure è stato caricato in ambulanza e trasportato al reparto dedicato del “Civico” o a Partinico, nello stesso nosocomio che qualche tempo fa è finito al centro della cronaca per la mancata attivazione dei posti-letto previsti dal piano regionale (e per i mezzi di soccorso in coda).

In tutta l’Isola sono ricominciati i disagi: nel reparto di osservazione breve intensiva del Pronto soccorso di Villa Sofia è esploso un focolaio, con 11 positivi fra pazienti e sanitari. Il Pronto soccorso è rimasto chiuso per la sanificazione, dando priorità solo ai “codice rosso”. Per qualche ora le ambulanze, con gli altri pazienti a bordo, hanno fatto la spola dagli gli altri ospedali. Un cluster ha interessato anche la Medicina d’urgenza al Policlinico, dove, in sei giorni, sono emersi 24 casi. Questo ha portato la direzione sanitaria dell’ospedale universitario a imporre il blocco dei ricoveri, isolando gli ultimi sette pazienti rimasti in corsia. “Questa purtroppo – spiega un medico – è la conseguenza, ampiamente prevedibile, delle ‘aperture’ concesse per le festività. Durante il primo lockdown non ci siamo trovare a dover affrontare situazioni del genere”.

Al netto dell’impegno (sacrosanto) sulla campagna di immunizzazione, non è scientificamente nota la capacità di resilienza degli ospedali di fronte a una terza ondata che l’assessore Ruggero Razza, di recente, ha definito scontata. “La crescita dei contagi non è inattesa – ha spiegato l’esponente del governo Musumeci -. È il risultato di comportamenti che tutti abbiamo avuto modo di rilevare e documentati anche da alcune immagini arrivate dalle nostre città. Se da un lato osserviamo, fortunatamente, un’incidenza non critica dei ricoveri ospedalieri, dall’altro è opportuno prevedere concrete azioni contenitive parametrate alla situazione”.

Quali sono? Vale ancora il piano dei 416 posti letto che la Regione avrebbe dovuto ricavare entro il 30 novembre? E’ ì stato attuato fino in fondo, o è bastata una lenta regressione della curva per dimenticarcene? Ciò che è (quasi) certo è che ci sono quaranta cantieri aperti per mettere a punto l’ampliamento dei reparti di terapia intensiva. Lo prevede un piano da 128 milioni “sponsorizzato” da Roma e reso esecutivo dal soggetto attuatore per l’emergenza, l’ex dirigente regionale Tuccio D’Urso. L’assessore Razza ha spiegato pure che molti dei lavori saranno completati entro marzo e che “a regime avremo 720 posti di terapia intensiva”. Confermando che gli ospedali sono pronti a reggere la spallata di una terza ondata. Vorremmo tanto che avesse ragione.

L’esperienza è l’unico argine al virus. Ma il caos è sempre dietro l’angolo, e la Sicilia rischia di rimanerci impelagata. Parliamo di vaccini: sono appena arrivate nei centri di somministrazione altre 32 mila dosi, che si sommano alle prime 46 mila. Le quali, fra l’altro, non sono state ancora esaurite (ci manca poco). La Sicilia è stata fra le più brave a somministrarle – siamo a 36 mila sieri inoculati, secondi per valore assoluto – ma sui criteri regna un bel po’ di confusione. Basta dare un’occhiata al clima da guerra che si respira a Villa delle Ginestre, diventato l’avamposto del “tutto è possibile”. Alcune Asp, infatti, deviano rispetto ai diktat del piano nazionale – che definisce il target dei “vaccinandi” – e consentono alla confusione di proliferare. Non è ancora chiaro se le dosi spettano, ad esempio, ai soli dipendenti delle aziende sanitarie o anche a quelli delle strutture convenzionate. Chi ha la priorità. Quale catena di comando determina le decisioni.

Qualche giorno fa l’hanno spuntata una cinquantina di dentisti, che hanno ricevuto il vaccino pur non avendone diritto, almeno in questa prima fase. Hanno ricevuto un messaggino su Whatsapp (manco una comunicazione formale), occupato Villa delle Ginestre, reclamato parità di trattamento, costretto la Digos a intervenire e, infine, i medici a vaccinarli per motivi di “ordine pubblico”. Eppure non rientravano nel target. Hanno scavalcato la fila, come si dice in gergo. La protesta si è poi allargata alle segretarie dei medici di base. Hanno atteso a lungo il loro turno, ma alla fine non ce l’hanno fatta. Qui non si disquisisce sul merito della priorità: le valutazioni, d’altronde, spettano al Ministero. Ma sul perché non si riesca – scrupolosamente – ad attenersi alle linee guida. L’Asp di Palermo ha anche creato una piattaforma di supporto a quella della Regione (su cui già da settimane è possibile prenotarsi) per snellire le attese e ri-considerare nel calcolo soltanto gli “aventi diritto”. Per ottenere il vaccino bisognerà appartenere a una delle categorie ammesse dal sistema, mentre sarà impossibile spuntare le altre voci. E’ un inizio.

Anche la selezione del personale procede a tentoni. La Regione ha pubblicato un bando per “il reperimento di tecnici, informatici, assistenti sociali ed amministrativi da impiegare in tutte le aziende del sistema sanitario regionale nell’ambito dell’emergenza Covid in Sicilia” L’obiettivo è stilare un elenco di figure professionali per assicurare i fabbisogni ad Aziende e strutture commissariali impegnate nella pandemia. L’azienda capofila è il Policlinico Martino di Messina. Ma qualcosa non sta funzionando. “C’è poco da fare, quando, in un modo o nell’altro, Regione e informatica si incontrano la figuraccia è sempre dietro l’angolo. E a farne le spese sono sempre i siciliani”, afferma il capogruppo del M5S all’Ars, Giovanni Di Caro, in relazione al crash registrato dal sito del policlinico di Messina, che ha impedito di accedere a coloro che volevano candidarsi per il reclutamento. “Ci sono arrivate numerosissime lamentele. E in effetti ho potuto constatare che non avevano tutti i torti. Il sito era in tilt, come dal click day in poi praticamente accade sempre con tutto quello che ha a che fare con la Regione. Tra l’altro – continua Di Caro – anche l’essenza del bando non è immune da critiche. Non comprendiamo, infatti, perché si debba ricorrere al reclutamento di personale esterno, quando la Regione ha a libro paga un esercito di 22 mila persone a vario titolo”.

Un altro capitolo assai caotico, su cui i riflettori si sono parzialmente spenti, è quello dei tamponi. Se ne fanno sempre troppo pochi (sotto i diecimila di media). Ma ciò nonostante gli “attuali positivi” continuano a crescere. Ciò vuol dire che solo aumentando la capacità di testare tutti – sintomatici e asintomatici – potrebbe emergere il reale quadro della situazione. Il “sommerso” rischia di far degenerare i conti della pandemia. Ricordate quand’eravamo Covid free? Ecco, è un’immagine ormai sbiadita. La capacità di individuare potenziali “infetti”, dipende, anche, dall’abilità nel tracciamento. Questo è un criterio che ha condannato l’Isola alla “zona arancione” in novembre, ma che nelle rilevazioni successive non ha fatto segnare grossi passi avanti: le nostre Usca, i nostri medici riescono a tracciare solo il 63,7% dei contagiati (ultimo dato risalente al 13 dicembre). In questa classifica la Sicilia è ultima. Segno che c’è ancora troppa gente che va in giro, pur essendo (potenzialmente) un vettore di contagio. Il prossimo report dell’Istituto superiore di sanità, venerdì, sarà decisivo per l’assegnazione della nuova fascia cromatica: sul tavolo dell’assessore Razza arrivata una previsione che parla di un Rt (l’indice di contagiosità) vicinissimo alla soglia di rischio (0.99, si va in “zona arancione” con l’1). Dal 15 gennaio bar e ristoranti potrebbero ri-chiudere.

Ciò che resterà chiuso ancora per qualche settimana – ma la decisione ufficiale tarda – sono, invece, le scuole superiori. Si sospetta, addirittura, fino al 31 gennaio. I membri del comitato tecnico-scientifico regionale hanno convenuto che è meglio la prudenza. Di fronte a una situazione epidemiologica in divenire (e in netto peggioramento) sarebbe un controsenso il ripristino della didattica in presenza. Le convinzioni dell’assessore Lagalla, sempre più incline a seguire la Azzolina sull’immediata riapertura, sono state superate dagli eventi e dalla scienza. Rischiano, però, anche gli istituti di rango inferiore, che in teoria sarebbero dovuti ripartire oggi (anche se molti presidi e sindaci hanno concesso qualche ora in più per derattizzare/sanificare le aule). A nulla sono serviti gli sforzi coordinati dal prefetto di Palermo, che durante le vacanze di Natale, assieme all’assessore regionale alle Infrastrutture, aveva previsto nove piani di trasporto pubblico per incrementare le corse urbane ed extraurbane dei pullman. I licei e gli istituti tecnici-professionali rimarranno fermi. A Palermo il sindaco Orlando si è già portato avanti con un provvedimento temporaneo. Vince la Dad, perdono i ragazzi, perdiamo tutti. Sarà pur vero che la campagna vaccinale sta andando a gonfie vele, ma sul resto è buio pesto. Ecco perché potremmo rimanere tre settimane in zona rossa.