Nelle carte svelate da Repubblica, relative all’inchiesta sull’eolico e sul tentativo di Paolo Arata, il faccendiere di Vito Nicastri (legato a sua volta alla mafia), di insinuarsi nei palazzi della Regione, emergono chiacchierate un po’ inquietanti con l’assessore all’Energia Alberto Pierobon. “Ciao Paolo – diceva al telefono il “tecnico” di Musumeci – Ascoltami, allora domani lui firma quell’atto dovuto… perché è dovuto ok”. Dall’altro lato della cornetta l’esultanza di Arata: “Ah, che bella notizia”. E Pierobon: “Eh beh, ma finché non è… non portiamo a casa la pelle dell’orso”. Come se sotto ci fosse qualcosa di grosso. Il provvedimento, in realtà, era un parere di valutazione ambientale che Salvo Cocina, il dirigente del dipartimento Acque e Rifiuti, non firmò mai.

Ma il nome di Pierobon è finito nel tritacarne mediatico. Anche se lui non ci sta e contrattacca: “Sono state scritte delle frasi in modo vergognoso. Non avevo nessuna familiarità con Arata e che si pensi questa cosa di me mi fa incavolare” ha detto nel corso di una conferenza stampa convocata nel pomeriggio. Pierobon ricorda gli inizi (“Me lo presentarono tre funzionari qui fuori spiegandomi che era prossimo a diventare presidente dell’Arera, era referente per l’ambiente del centrodestra, professore universitario ed ex senatore”). E il primo incontro: “E’ avvenuto i primi di luglio. Allora Arata mi ha raccontato che aveva presentato un progetto con la sua società di famiglia, la Solgesta. Si è lamentato che mancavano riscontri alla sua pratica”. E ancora: “Mi ha chiesto più volte di andare a cena e non sono mai andato. Era insistente, una zecca cavallina”. Sul fatto che fosse poco opportuno anticipare a un privato l’esito di un provvedimento, Pierobon si è difeso: “Tutti quelli che arrivano da a me hanno sempre una risposta”. Pierobon ha precisato di aver parlato di Arata a Cordaro, ma anche ad Armao e al presidente Musumeci. Negando qualsiasi tipo di pressione su Salvo Cocina per portare avanti la pratica di Solgesta.