«Anzi, quest’anno ci è andata di culo – dicono i soliti maligni – perché oggi, 28 giugno, è l’anniversario di Stonewall, 1969,  50 anni giusti. Dunque, anche se cade di venerdì…». Diciamo che il giorno appresso, ovvero domani, sabato 29, c’è il concertone pop di Radio Italia al Foro Italico, che è sempre una bella vetrina turistica per la città, una sorta di Oviesse della musica italiana che darà vita ad un po’ di frettolosa movida giovanile mordi-e-fuggi ma insomma, tutto fa cartolina, fa “saluti da”. Già, perché di solito il Pride si fa di sabato che sarà anche borghese celebrarlo nel weekend ma tant’è, la gente in quel giorno e in quello successivo è libera. Comunque, per gli incontentabili accordato il venerdì. Certo, il festoso corteo quest’anno a Palermo ha dovuto cambiare il tradizionale percorso, quello che proprio dal Foro Italico partiva, ma il lungomare è già presidiato da quasi una settimana che nemmeno per la Santa Messa del Papa, altro che gli acuti e gli sguardi ingravidanti dei tre similtenori de Il Volo… Meglio che l’anno scorso, in ogni caso, quando tutto fu spostato a settembre perché a giugno c’era Manifesta, altra vetrina dell’Aiglon, colta stavolta, che si inaugurava e molti mugugnarono: perché cedere il passo, perché rinviare tutto a quel mese un po’ umbratile, perché rinunciare al giugno assolato, luminoso, di corpi sudati e di trucco-parrucco appiccicato? Si capitolò e comunque, anche in quel meno afoso settembre, sempre un successo – il Pride – fu.

Ma vogliamo cominciare con le polemiche parlando di una festa? Assolutamente no e che festa sia, da oggi pomeriggio, ore 18, da via Roma, fino a sera tarda, ai Cantieri alla Zisa. Anche perché di Pride c’è bisogno, oggi più di ieri, forse, nonostante tutto sembri acclarato, assodato, sancito per cirinnesca legge: non c’è una bell’aria, e questo si sa, inutile parlare di sindrome persecutoria perché quelli lì, al governo, mica le mandano a dire – anzi le dicono proprio chiare in faccia, in occasioni ufficiali e ufficiose – le loro voglie di marcia indietro. E il Pride serve proprio a tenere innestata invece l’avanti tutta, che la Terra non puoi mica fermarla e non soltanto perché è un pallone che ruota instancabilmente da cinque miliardi di anni attorno a un asse, ma perché tutto gira insieme a lei e cambia insieme a lei, tutto muta e si evolve e love is love e via discorrendo senza dare la stura agli slogan.

E poi perché Palermo è la Stonewall italiana, può andar fiera del suo primato perché qui nacque la prima associazione Arcigay (l’anno prossimo faranno 40 anni), qui un sacco di gente ci ha messo per la prima volta la faccia, un nome e un cognome, l’impegno in alcuni casi di tutta una vita, sudore e fantasia, rabbia e perché no, ci ha preso anche botte, qualche volta. Un po’ come era accaduto a Torino qualche anno prima con il Fuori.

Per cui anche se “sabato è festa, domenica è festa” come canta Santa Raffa, sarà comunque festa pure oggi che è venerdì, come sempre accompagnata dalle solite domande sul perché (e l’atmosfera di grigiore cui prima si diceva è già un buon perché), sugli eccessi immortalati da foto vere e da fake (semel in anno…), sulle fasce tricolore intrecciate con qualche goffaggine alle piume di struzzo (per certe cose ci vuole arte). Al di là della festa, diradatasi l’oceanica folla che difende a forza di slogan i diritti faticosamente e tardivamente acquisiti, dopo lo show, l’importante è non perdere di vista il quotidiano, non far mancare soprattutto il sostegno a chi ancora, per motivi familiari o sociali, si tiene o è tenuto ai margini, deriso, vessato, escluso, buttato fuori di casa, a quelli che unirsi civilmente sarebbe già utopia perché nella realtà non sono nemmeno riusciti ancora ad affermarsi, a dichiararsi, in una parola semplice e complicata, ad essere. C’è ancora lavoro da fare, tanto da difendere e qualcos’altro da conquistare e il movimento glbt lo sa.