Anthony Barbagallo ci ha provato per tirare su un ambiente un po’ depresso: “Abbiamo sondaggi che danno avanti la Chinnici”, ha confessato a Live Sicilia. Ma la mossa del segretario del Pd è (forse) un modo per scongiurare la fine di un’alleanza – coi 5 Stelle – che dal pomeriggio di ieri ha ripreso a circolare con insistenza. Il post premonitore di Giampiero Trizzino, deputato uscente (e non ricandidabile), ha fatto scattare l’allarme: “Si sta consumando un dibattito tra chi chiede al MoVimento di rompere l’alleanza con i Cento passi di Claudio Fava e il PD e chi invece spinge per andare avanti”. E ha aggiunto: “I sondaggi li conosciamo tutti e le elezioni non si vincono con la fantascienza: se la destra non trova in Sicilia una muraglia contro la sua avanzata, vincerà e lo farà in modo schiacciante”. I sondaggi ufficiali a cui allude Trizzino, in verità, sono quelli nazionali, che annotano la presenza schiacciante di Meloni e del centrodestra in quasi tutti i collegi.

Per le Regionali, invece, le intenzioni di voto sono ignote da settimane. Pd e Cinque Stelle – insieme – hanno sicuramente qualche chance di vittoria in più su un centrodestra pallido e lacerato: sfoderare l’arma dei sondaggi ‘clandestini’ rappresenta lo strenuo tentativo per convincere tutti della bontà dell’operazione (che a Roma è già archiviata) e mantenere i grillini ancorati a una coalizione che perde consistenza col passare delle ore. Per la verità ne ha persa molto a cavallo di Ferragosto, in occasione della presentazione dei simboli: il M5s aveva chiesto agli alleati-rivali di non scrivere il nome della Chinnici – l’europarlamentare non ha tessere di partito – per garantirle un profilo super partes. Più un appiglio che una richiesta vera e propria. Che il Pd ha scelto di ignorare. Così la sfida si è trasferita su un altro tavolo: un patto in 9 punti che il M5s siciliano ha presentato alla candidata del ‘campo largo’ all’ultimo summit. Contempla, fra le altre cose, un ‘no’ agli inceneritori che il sindaco Gualtieri, a Roma, sponsorizza. Sembra un altro appiglio. La Chinnici prende tempo.

Così, nell’attesa, spuntano i sondaggi (di cartone, come le Finanziarie di Armao). Quello di Barbagallo non è l’unico. Da ambienti giallorossi, infatti, più di un protagonista, numeri alla mano, è pronto a scommettere su una coalizione competitiva, agevolata da avversari (Schifani su tutti) non certo irresistibili. Anche se il segretario del Pd, a un sostanziale ottimismo, non fa seguire dati precisi. Rimane evasivo. Alimenta la curiosità. Non spiega chi ha commissionato e realizzato queste rilevazioni, in quanti hanno risposto e a quale schieramento politico appartengono. Sembra un appiglio che va in direzione opposta rispetto ai precedenti: più utile a tenere incollati i pezzi che non a spaventare agli avversari. Questa, d’altronde, è una campagna elettorale che vive di illusioni, di giochi a effetto, di fughe in avanti e di brusche frenate. E persino di qualche azzardo.

Per informazioni chiedere al centrodestra, che fino all’ultimo – rischiando la rottura – ha dovuto disquisire sul successore di Musumeci. Un presidente imbattibile, in fatto di sondaggi. Sono stati lo strumento con cui ha tentato (invano) di cambiare l’inerzia di una legislatura stucchevole sotto molti aspetti: dalle zero riforme realizzate fino al pessimo rapporto con gli alleati e col parlamento. Eppure, secondo l’entourage del governatore, i siciliani sono sempre rimasti dalla sua parte. Secondo l’ultima rilevazione di Euromedia Research – salutata con enorme compiacimento da Ignazio La Russa – Musumeci era l’unico a poter battere la Chinnici (saranno gli stessi dati finiti in mano a Barbagallo?) con 9 punti di scarto. A differenza di tutti gli altri (da Micciché a Prestigiacomo a Stancanelli) che ci avrebbero lasciato le penne. Questi numeri, su un campione di 1.000 intervistati, sono stati l’ultimo e disperato tentativo di convincere Meloni a battere i pugni sul tavolo per ottenere il bis.

La vandea musumeciana ha vissuto sull’onda emotiva dei sondaggi: poco importa che fossero commissionati da Diventerà Bellissima, il movimento del governatore; che non avessero solidi presupposti scientifici; o un campione attendibile di riferimento. I sondaggi restavano funzionali alla tesi del ‘Musumeci o morte’, del ‘trovateci qualcuno più bravo di lui e ne parliamo’. Da uno di essi venne fuori una domanda equivoca: ‘Secondo lei, chi sarà il prossimo presidente della Regione?’. Non tanto ‘chi votereste’, ma ‘chi credete che sarà’. Un pronostico piuttosto che un’indicazione. Manco a dirlo, Musumeci ottenne il 72%. I siciliani lo amavano. Nessuno del suo ‘cerchio magico’, invece, batté ciglio quando Swg verificò che Nello era al terz’ultimo posto della classifica nazionale dei governatori con appena il 31% delle preferenze. O di fronte ai numeri di Berlusconi, che in faccia agli amici di FdI, sventolò una prospettiva assai pessimistica: Musumeci perdente nel duello con la Chinnici. “Contro di lui vincerebbe anche un gatto”, furono le conclusioni di Gianfranco Micciché a margine di una cena e qualche bicchiere al Vinitaly.

Che sia questo, ormai datato, il sondaggio finito tra le mani dei dirigenti del Pd, che plaudono alla Chinnici come fosse Mandrake? La risposta è no. E, comunque, sarebbe una bella impresa sconfiggere il centrodestra senza mai aver detto una parola contro il centrodestra. Senza aver mai iniziato la campagna elettorale o commissionato un sondaggio pubblico. Scherzi dei nostri tempi.