“La Caltanissetta-Agrigento sarà pronta entro giugno 2020”. Prendete appunti. E’ la promessa del tandem Conte-Toninelli, che dopo aver dato a Telt il via libera per pubblicare gli “avis de marches”, i bandi per la realizzazione della Tav (evitando di perdere un finanziamento pari a 800 milioni di euro e di far saltare il governo), ha ribaltato in Sicilia la questione delle infrastrutture. Dopo aver disatteso i presupposti elettorali del Movimento 5 Stelle, spiccatamente ambientalisti, la strana coppia ha messo piede nel Nisseno per fare incetta di promesse. Come quella di inaugurare i nuovi lotti della Statale che cinque mesi fa aveva assistito – inerme – al blocco dei lavori. “E’ un’opera più strategica della Tav” aveva annunciato il premier alla vigilia, strizzando l’occhio ai siciliani, che la speranza di percorrere quell’arteria l’hanno quasi esaurita. Ma, come ricordato ieri da Conte durante la visita ai cantieri, in compagnia dell’Anas, “l’incognita riguarda la continuità aziendale di CMC. C’è un concordato, è un’azienda in difficoltà dal punto di vista finanziario e questo crea problemi ai fornitori”. I lavori si erano interrotti, e sono ripresi su input del governo. Anas, una volta concluso il concordato, dovrebbe poter pagare le imprese del territorio che hanno ricominciato a lavorare.

Il presidente del Consiglio e il Ministro delle Infrastrutture ci hanno detto che siamo sulla strada giusta. E anche Di Maio, che nelle ultime ore a sorpresa è tornato a interessarsi di Sicilia, soprattutto per parlare ai lavoratori di Termini Imerese (scioccati dalle “ultime” di giudiziaria), ha detto alle agenzie che “è una buona notizia che nonostante il concordato della CMC riusciamo a sbloccare il cantiere della Caltanissetta-Agrigento”. Ma i 5 Stelle spacciano per “vittoria” tutto ciò che assume i contorni della normalità. Persino la “sospensiva” ottenuta da Conte sulla Tav, che non ha cancellato la partenza dei bandi, bensì rinviato di 6 mesi la resa dei conti con Matteo Salvini, è stato un “grande risultato per gli italiani”. Sulle infrastrutture, però, non si scherza. Quelli del Movimento hanno cominciato il tour dalla Sicilia, che negli ultimi mesi, su questo fronte, è stata la regione più bistrattata. Al di là della pubblicità, degli elmetti e dei buoni propositi.

Col progresso dell’Isola non si scherza. Eppure – parlano dati e dichiarazioni – la vicenda della Ragusa-Catania sembra diventata uno scherzo. Una farsa. Una superstrada di 68 chilometri che da circa vent’anni attende di diventare prima cantiere e poi opera. Il raddoppio necessario di un’arteria che continua a seminare morti e incidenti. Prima di Natale, il ministro per il Sud Barbara Lezzi aveva convocato a Roma i sindaci della Sicilia orientale, quelli interessati dal progetto, per esultare su Facebook: “L’opera si fa”. Tappi di champagne. Anche Toninelli aveva accolto con giubilo la notizia, peccato che mancasse un passaggio cruciale: il vaglio del Cipe, ossia il comitato interministeriale per la programmazione economica. Avevano dato per scontato il “via libera”. A inizio marzo è arrivato un “no” secco, perché secondo i tecnici l’opera non sarebbe sostenibile da un punto di vista finanziario. E’ come se dall’esame costi-benefici – tanto caro ai Cinque Stelle per la Torino-Lione – siano emersi più gli uni degli altri. Così la questione è stata congelata, facendo inviperire sindaci e Regione.

Non si capisce a che gioco stia giocando il Movimento Cinque Stelle, che parla di progresso infrastrutturale, di opere “utili”, ma non riesce a giustificare lo stop alla Ragusa-Catania. Che utile lo sarebbe più di qualsiasi altra opera. Non si capisce il giubilo di Toninelli, la diretta del ministro Lezzi, senza il supporto tecnico del Ministero dell’Economia che ancora una volta rimbalza la questione alle Infrastrutture. Il pedaggio dell’autostrada è talmente alto che si arrabbierebbe l’Europa, è una delle scuse accampate dietro all’ultimo stop. E ancora: chi realizzerà l’arteria, la Sarc del gruppo Bonsignore, ha un conto aperto con lo Stato sulla Orte-Mestre, per cui (forse) non varrebbe la pena viaggiare insieme su un altro binario. Ma stando così le cose si manderà tutto all’aria. Perché – e qui siamo di fronte alla vera questione – da Roma non fanno accenno a una soluzione che sia una per rimuovere gli ostacoli. Ci si nasconde dietro la classica ritrosia per il privato, dietro le solite frasette di circostanza, che poi si cerca di rendere più credibili facendole pronunciare ai grillini siciliani, già in imbarazzo come sono con una miriade di altri argomenti.

Pensate al lassismo del gruppo M5S all’Ars che, una volta venuto a sapere di un censimento da 91 milioni di euro commissionato (ma mai visionato) dalla Regione a Ezio Bigotti, l’imprenditore di Pinerolo finito in carcere per aver tentato di corrompere i giudici del Cga, ha spento la miccia giustizialista e non ha fatto altro che “minacciare” un eventuale esposto alla magistratura, senza nemmeno rivolgersi alla commissione regionale antimafia diretta da Claudio Fava. Una clamorosa leggerezza.

E tocca ai grillini siciliani, impegnati come sono nelle battaglie parlamentari a favore del taglio dei vitalizi, nascondere le magre figure dei colleghi “più grandi”. Per rimanere nel campo delle infrastrutture: Musumeci è ancora in attesa che da Roma si provveda alla nomina di un commissario con poteri speciali che si occupi delle strade siciliane. Un’eventualità sollevata per primo da Toninelli, durante la penultima visita ai cantieri dell’Isola, quando se ne tornò a Roma turbato per la condizione delle strade. Ma mai attuata nonostante la richiesta ufficiale da parte del governatore, che sarebbe anche disposto a ricevere l’incarico e tentare di risolvere gli annosi problemi della viabilità secondaria – tra appalti bloccati e progetti mai presentati – dopo la cancellazione delle province (altro provvedimento che i 5s dell’Isola sposarono sei anni fa). Ora pare che questo benedetto commissario possa comparire all’interno del decretone sblocca-cantieri e che il suo nome verrà scelto da una rosa di tre candidati che il Movimento siciliano indicherà alla governo.

E in tema di aeroporti, nonostante i mille tentativi di apparire al fianco delle popolazioni più svantaggiate – in questo caso da un punto di vista territoriale – i funzionari del Ministero delle Infrastrutture, in un tavolo romano convocato dallo stesso Musumeci, hanno detto “no” alla prospettiva, per lo Stato, di sobbarcarsi una spesa di 4 milioni di euro (a fronte dei 31 già “impegnati”) per permettere ai siciliani di volare a prezzi calmierati dagli aeroporti di Trapani e Comiso. Gli unici da cui è possibile spostarsi agevolmente verso il continente. Un “no” dietro l’altro, anche qui con la firma in calce del solito Toninelli. Che si cela dietro la maschera delle buone intenzioni e delle apparizioni social che viaggiano più spedite delle firme sui provvedimenti.

E’ un mondo dove la strombazzate pagano più dei fatti, finché la gente non capirà la pasta e la sostanza. A reggere la candela a un governo che, fin qui, non ha mostrato alcun interesse reale per stendere anche al Sud la rete delle infrastrutture utili, perché con le infrastrutture non ha mai avuto un rapporto positivo e limpido, ci sono i deputati regionali. Che hanno preso una barca di voti e dovrebbero esigere delle risposte chiare dall’esecutivo romano. Benché del loro stesso colore. Invece si limitano alle sponde, a cincischiare, a mescolare le carte in attesa che capiti la mano buona. Per innescare daccapo questo chiasso mediatico. Fatto di dirette Facebook e poco più.