Posso sbagliarmi, non esiste un dogma dell’infallibilità quanto alle opinioni, che sono anzi cosa modesta, ma la diffidenza di questo Papa verso il sacro ha qualcosa di incomprensibile. Un certo grado di separazione dal mondo spirituale, simbolico e materiale, dal secolo, dalla vita ordinaria di uomini e donne andrebbe mantenuto. Il funerale del catafalco alle esequie papali, lontane quanto Dio vorrà, è uno dei modi, secondo Francesco, per avvicinare al pubblico normale dei fedeli le usanze della Chiesa: una bara come tutti, è l’auspicio, perché anche e forse soprattutto in senso cristiano “uno vale uno”. Lo stesso per il segreto del Conclave: Scola spostò i suoi voti sul mio nome, ha detto il Pontefice in un’intervista.

Da esterno alle procedure e alle regole scritte e non scritte della cattolicità, senza indulgere a un estetismo tradizionalista, ho sempre trovato stupende, semplicemente stupende, le litanie dei santi, l’accorrere composto e dolente della folla alla visitazione del corpo regale del Papa trapassato, l’atmosfera cerimoniale solenne di un passaggio e di un paesaggio romani e universali unici, sospesi tra la morte e l’immortalità, elevati come elevato è un catafalco con le sue porpore, il suo sentore di altare umano e più che umano, al cospetto del mistero divino tra profumi di incenso, e so di non essere il solo. Continua su ilfoglio.it