Agli albori del governo Conte c’è già qualcuno che parla di nuovo bipolarismo, che vede nell’alleanza fra Pd e Cinque Stelle qualcosa che andrà oltre il semplice passaggio di governo. E il centro? E’ sparito improvvisamente dalla geografia della politica. Ma come, quella grande fame di Democrazia Cristiana? Superata dagli eventi. Dal nuovo blocco di “sinistra” che per motivi di forza maggiore – Salvini – sceglie di cementarsi attorno a posizioni una volta (un mese fa) inconciliabili. Soffocata dalla pretesa di una politica antagonista. Ma Totò Cardinale non è uno che si arrende facilmente.

“Oggi più che mai, osservando i personaggi di questo governo – tutti rispettabili – mi accorgo che è molto debole al centro”, esordisce l’ex ministro e leader di Sicilia Futura. Che amplia l’analisi: “Da un lato abbiamo i populisti, dall’altro una formazione di sinistra che ha fatto virare il Movimento 5 Stelle rispetto alla sua precedente collocazione al fianco della Lega. Oggi la politica è dominata dall’esigenza di parlare attraverso slogan, alzando i toni, facendo venir meno il dibattito. Quando non c’è discussione, e si rincorre soltanto la pancia, tutto rischia di diventare effimero e precario. E questo rende ancora più forte la mia domanda”.

E’ davvero così sicuro che gli italiani abbiano l’esigenza di una formazione di centro? I dati delle ultime Europee, ad esempio, direbbero il contrario.

“Vede, il problema è politico: c’è una larga parte di elettorato che non si sente rappresentata dai Cinque Stelle, da Salvini o dalla Meloni. Né dal Pd, che ha rinunciato all’idea di fare un partito più di centro. Serve qualcuno che abbia una visione temperata dell’economia e della società. Un luogo in cui riunire liberali e riformisti, in cui ci sia spazio per la novità. Ma non è il sogno o l’ambizione di Cardinale. A me queste cose le dicono gli elettori che si sentono disorientati e non vanno più a votare, ma anche quelli che riponevano una speranza in Forza Italia. Se non viene fuori un’idea forte – e non sono io quello che può renderla forte – e se non vengono fuori personaggi nuovi – e io sono vecchio – tutto quello di cui parlo da mesi non avrà alcun senso”.

Ma Sicilia Futura non era nata anche per questo? Riportare il Pd al centro…

“Il mio movimento esiste ancora, ma è sclerotizzato. Si può rinvigorire, chiaramente, ma se non c’è un minimo di ossigeno nei polmoni subentra l’asfissia. Io non voglio essere protagonista, anzi rivendico il mio ruolo da notabile, da pensionato”.

Perché Sicilia Futura ha perso spinta?

“Come ha detto lei, era il tentativo di allargare l’area del centro del Pd, e si collegava a un progetto politico come quello di Renzi. Quando cambia il quadro e le condizioni generali, o si registra una sorta di resistenza al progetto, dettata dalla voglia di non avere concorrenza interna, è logico che la maturazione e la spinta si esauriscono”.

Ha fatto discutere la scelta di sua figlia, Daniela, di aderire al Misto e lasciare il Partito Democratico alla Camera. Il momento è coinciso con la presa di posizione di Sicilia Futura, che alla vigilia delle Europee ha rotto coi democratici e fatto accordi con Forza Italia per le Europee.

“Mia figlia si è iscritta al gruppo Misto per una incapacità da parte del Pd siciliano di darsi delle regole, una guida forte e soprattutto delle risposte rispetto a fatti certificati e accertati che violano le regole del partito e della buona convivenza. Non c’è stato alcun ripensamento politico. Io non ho aderito a Forza Italia quando Berlusconi voleva farmi ministro a ogni costo, si figuri se ci vado ora. Però col Cavaliere sono rimasto in buoni rapporti, ogni tanto lo sento”.

Neanche Forza Italia può più interpretare la voglia di un campo moderato?

“Non mi sembra un partito capace di mobilitare. Non più”.

Il Pd siciliano, invece, che fase sta attraversando?

“E’ in uno stato di crisi comatosa. Non lo dico solo io, ma chi ci milita e cerca, sforzandosi, di creare le condizioni per ritrovare vigore. Vediamo cosa accadrà col nuovo commissario, ma non mi pare che i soggetti in campo siano così illuminati e aperti da dire: ‘azzeriamo tutto, andiamo coi banchetti nelle piazze, promuoviamo la partecipazione libera e allarghiamo al centro’. Significherebbe mettere in discussione quello che già possiedono. Chi metterebbe in discussione tutto per accettare una sfida in mare aperto?”.

E’ più probabile, all’orizzonte, un’alleanza coi Cinque Stelle? Lupo ha già teso la mano a Cancelleri…

“Dato che l’appetito vien mangiando, chi ci dice che il Pd non faccia un’alleanza coi grillini per prendersi anche la Regione? Certo, dovrebbe spiegare su quali basi e da quali ragionamenti partire. Il M5S non mi pare così legato all’idea di un centro riformatore o progressista, o così bravo ad applicare le regole. Sarebbe un blocco per conquistare il potere, che senza un centro capace di calmierare, rischia di diventare litigioso, rissoso e inefficace. Senza un “cemento” programmatico e politico non vedo altri sbocchi. Però mi lasci dire una cosa…”.

Prego.

“Ho molti dubbi sul fatto che domani ci possa essere un’apertura totale da parte dei Cinque Stelle al Pd. Il Pd capisce che si tratta di un’àncora, e che isolati non si va da nessuna parte. Al contrario i Cinque Stelle potrebbero pensare che si sta meglio da soli”.

E’ d’accordo col compromesso storico fra Renzi e i Cinque Stelle, dopo tanto odio, o era meglio tornare al voto?

“Speravo che Renzi facesse queste dichiarazioni già un anno fa. Perché significava mettersi in gioco, aprire nuovi spazi al Pd e soprattutto evitare questa sorta di attrazione verso la destra, la destra di Salvini, che agisce solo di pancia. Si figuri se non ho apprezzato… Renzi è uno intelligente, scaltro. Gli si possono rimproverare l’egocentrismo, l’incapacità di delegare, ma è uno dei più capaci del nostro panorama politico. E poi ha capito anche un’altra cosa: se fossimo andati a elezioni, rischiava di essere compresso. Il renzismo sarebbe stato cancellato con brutalità, e tutto il lavoro fatto azzerato. Ha messo in campo una tattica legata al primum vivere. E ha fatto benissimo”.

Giuseppe Provenzano è il nuovo ministro per il Sud. Nel 2018 rifiutò una candidatura nel collegio di Caltanissetta perché gli piazzarono davanti sua figlia Daniela. E in quella circostanza disse senza peli sulla lingua che “al Sud ci si dovesse impegnare ancora per l’abolizione dell’ereditarietà delle cariche pubbliche”. Un chiaro riferimento a Totò Cardinale.

“Fu un’uscita inopportuna. Ma sa, da giovani si è sempre molto esuberanti”.

Vuol dire che l’ha perdonato?

“Gli sarebbe bastato accettare l’invito di mia figlia a fare le primarie e avremmo risolto il problema. Invece voleva prenderne il posto. Perché Daniela avrebbe dovuto rinunciare? Aveva fatto due legislature. E una volta aveva già vinto le primarie”.

Forse perché era meno radicata di Provenzano sul territorio.

“Ha preso più voti di tutti in quel collegio nonostante il Pd “ufficiale” fosse schierato contro”.

Ma quindi il Ministro per il Sud ha oppure no la sua benedizione?

“Mi auguro che mostri tutte le sue capacità e dia al Mezzogiorno e alla Sicilia quello che oggettivamente manca per superare il gap che divide il Paese in due. Il compito è arduo, ma spero ce la faccia. Gli faccio tanti auguri, perché io sono uno all’antica e mi hanno educato alla maniera dei gentiluomini”.