E se la Meloni si fosse sbagliata? E’ una domanda ricorrente in queste ore. Le liste per le Europee si chiudono oggi e gli autonomisti di Raffaele Lombardo non saranno della partita (non da attori protagonisti). E’ svanito nel finale l’annuncio del matrimonio con Fratelli d’Italia. Meloni ha tirato fuori la scorcia e s’è lasciata alle spalle i buoni propositi di inglobare nella lista della fiamma uno o due esponenti autonomisti. “Qui comando io e tu non sei nessuno”. Sembra di sentirla l’ira di Giorgia alla richiesta di Raffaele, per interposta persona, di inserire la parola “autonomisti” nel simbolo. O alla richiesta di riservare al Mpa, autentico bacino di voti nel Catanese e nell’Agrigentino, almeno un paio di posti. Ma qui comanda lei. Giorgia Meloni.

Che si sarebbe infuriata di fronte alla prospettiva, sussurrata al quotidiano “La Sicilia” da un luogotenente “missino”, che questo accordo in fondo prevedesse la candidatura di un Lombardo (il figlio Toti, quello già visto all’Ars?) alle prossime Politiche in Fratelli d’Italia. Voci di corridoio. Quel che è certo è che la fusione a freddo non si è materializzata. E Meloni potrebbe ritrovarsi senza quella percentuale di voti che forse – qualora a livello nazionale le cose andassero bene, come raccontato dai sondaggi – poteva permetterle di far scattare un seggio anche nelle Isole. Magari per il suo fido Stancanelli. E invece no. Lombardo, che non prende ordini da nessuno, è andato via sbattendo la porta dietro di sé. Delegando un freddo comunicato ad Antonio Scavone, il braccio destro che ricopre un incarico di governo alla Regione: “Andiamo con qualcun altro”.

Già, la Regione. Dove la presenza di Lombardo, nonostante la fine burrascosa della sua esperienza da governatore, nel 2012, è ancora tangibile. Un assessore, Scavone per l’appunto, occupa una posizione di vertice. Quell’assessorato alla Famiglia, dove nei prossimi anni, grazie al reddito di cittadinanza e alla riforma dei centri per l’Impiego, passeranno quattrini e nuove assunzioni. Scavone ha scalzato la Ippolito, ritenuta troppo morbida per il processo di consolidamento degli Autonomisti, che Lombardo – in incognito in mezzo alla platea – aveva rilanciato lo scorso dicembre dall’Università Kore di Enna, dove il suo drappello divenne un foltissimo pubblico, pronto a sostenere l’ipotesi di un movimento moderato e autonomista a cui persino Nello Musumeci, in quella occasione, promise di aderire. “Il partito dei siciliani arriverebbe al 40%” si affannò a dire il governatore. Che con Lombardo ha sempre mantenuto un filo diretto quanto invisibile.

Gli ha persino organizzato una fiera del cavallo superluccicante a due passi da casa, ad Ambelia, dove la Regione investirà un po’ di soldini per rimettere a nuovo la tenuta diroccata e irraggiungibile. E lo tiene in massima considerazione, perché anche dai deputati presenti all’Ars, e dallo stesso assessore Scavone, dipendono buona parte dei suoi successi. O, quanto meno, del suo mantenimento. Di recente Claudio Fava ha chiesto a Musumeci di sbarazzarsi dell’ombra (ingombrante) dell’uomo di Grammichele. Perché lui c’è e conta. Ricevendo in cambio terribili improperi (da Lombardo, non da Musumeci, che se n’è rimasto silente). All’Ars sono quattro i deputati sotto le sigle dell’ex Mpa: a Compagnone, Pullara e Di Mauro, rappresentanti della prima ora, si è unita da poco Marianna Caronia (prima nel Misto). Fanno tutti parte del mega gruppo dei Popolari e Autonomisti, che vanta la presenza di degli assessori Cordaro e Lagalla. Ma gli equilibri di questo passo potrebbero cambiare. E non è detto che dopo le Europee Lombardo non passi all’incasso (magari chiedendo un altro assessore).

Ma la potenza di don Raffaele va ben oltre il recinto dell’Ars. Saputo del defilée dalla Meloni, in tanti sono pronti a fargli la corte. In testa Forza Italia, che dopo aver rimpolpato le fila con Romano (di Cantiere Popolare) e Udc, non disdegnerebbe una nuova e santa alleanza. Lo stesso Lombardo ha ribadito che alle Europee non giocherà a smarcarsi, come Musumeci, ma che un contributo a un partito non potrà negarlo. E l’unico indiziato fin qui è Forza Italia, col benestare di Gianfranco Micciché. L’ex governatore conta ancora su un pacchetto di voti notevole: ad Agrigento, ad esempio, Pullara alle ultime Regionali aveva raccolto oltre diecimila voti che, secondo alcuni, avrebbero messo persino a rischio la tenuta della leadership presidenziale. Questo, però, non è il momento di dividersi, ma di serrare i ranghi. Di dimostrare che Lombardo c’è e conta ancora.

L’unica vera questione che lo tiene a debita distanza dall’impegno in prima persona è l’infinito processo a suo carico. Che in secondo grado gli era costato due anni di reclusione (con pena sospesa), ma che la Cassazione ha revocato, costringendo il leader autonomista a nuova sessione in aula. Dal 7 giugno sarà nuovamente imputato per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale. Anche nel silenzio però, limitando interviste e comparsate pubbliche, Lombardo fa sentire il suo peso. Come nella sanità, dato che nell’ultima sfornata di manager, all’Asp di Enna è finito suo cognato Francesco Iudica. Non che lo avesse indicato lui, per carità. Ma il territorio è stato marcato.

I rapporti cordiali con Musumeci, l’alleanza possibile con Miccichè, il ruolo di peso all’assemblea regionale. Se questo è un uomo finito, non si conoscono le doti del politico. E, forse, non si capisce di politica.