Ma cosa vuoi che sia per noi, cresciuti a pane e orrore, qualche braccio spezzato in cambio della promessa di mille euro. Cosa vuoi che sia quest’orribile patto fra vittime e carnefici, questo rosario di mutilazioni, questo tariffario macabro per truffare le assicurazioni.

Cosa vuoi che sia per noi che conviviamo da sempre col parossismo del reato, col crimine spinto agli estremi, noi che quando avevamo vent’anni abbiamo visto saltare in aria giudici e poliziotti in autostrada e su una via nascosta; noi che abbiamo vissuto l’inarrivabile orrore di un bambino rapito, segregato e poi disciolto nell’acido; noi che quando andavamo a scuola imparavamo la lezione sui libri e passeggiavamo sulle strade dove ammazzavano magistrati, carabinieri, poliziotti; noi che abbiamo creduto che la parola sbirro fosse la più grave delle offese; noi che abbiamo pensato che sfilare alle manifestazioni antimafia mettesse a rischio le nostre comode vite; noi che parlavamo piano per non farci sentire; noi che avevamo paura dei nostri pensieri; noi che per legittima difesa abbiamo imparato a dire una parola in meno che una in più; noi che fatti i fatti tuoi e campi cent’anni; noi che in fondo siamo stati, siamo e chissà per quanto tempo ancora saremo, portatori insani di una controcultura che vede la legalità come un impiccio, una scocciatura per gente fin troppo zelante.

Noi l’orrore ce l’abbiamo dentro, sappiamo di meritare di meglio ma in fondo non sappiamo dove cercarlo; l’inarrivabile follia degli uomini e delle donne che si facevano spaccare il perone per 500 euro questo ci dice. Guardando quelle 42 facce stampate sul giornale non puoi fare a meno di pensare che noi siciliani siamo figli dell’orrore e quest’orrore, come una sorta di punizione divina per quello che per troppo tempo siamo stati, per sempre ci accompagnerà.