Stavolta nella manovrina non dovrebbero esserci sorprese: cioè, niente mance. Ma è proprio questo il motivo per cui il centrodestra potrebbe palesare tutte le sue spaccature. I deputati, che già nel segreto dell’urna avevano votato contro la proposta del governo di triplicare gli stipendi ai manager delle partecipate, e che solo una settimana fa hanno affossato il Ddl sulle politiche abitative, potrebbero tornare alla carica. Il clima nella coalizione è pessimo e le ultime dichiarazioni di Raffaele Lombardo, su Blog Sicilia, rendono plastiche le difficoltà: “Se non si fanno riforme, viene meno l’armonia”. La frase non è buttata lì a caso, ma testimonia lo scarso impatto della proposta governativa sull’Assemblea (che infatti non recepisce).
Ma andiamo con ordine. Nella sua intervista, l’ex governatore trova la forza di rivendicare – ma lo fa da circa un anno – un posto in più in giunta per il suo Mpa. Un rimpasto, un rimpastino, un tagliando: cambia poco. “Tra le ragioni per le quali registro il disagio all’interno della coalizione – attacca Lombardo – c’è una sproporzione tra il consenso ottenuto alle elezioni e le responsabilità che sono state attribuite in giunta. Noi abbiamo avuto gli stessi identici consensi della Lega, un poco più della DC, eppure quei due partiti hanno due assessori ciascuno”. Anzi, aggiunge: “Secondo me addirittura uno in più, tre, la Lega”. Il riferimento è alla nomina di Daniela Faraoni alla Sanità: il tecnico è in buoni rapporti con il leghista Luca Sammartino, punto di riferimento salviniano in Sicilia e arcirivale del leader autonomista.
Lombardo, invece, ha da poco fondato il grande contenitore di Grande Sicilia: assieme a Lagalla e Micciché si è candidato a rappresentare un centro frastagliato, che vede in Cuffaro e Forza Italia gli altri approdi possibili (ma non scontati). Dopo aver invitato Schifani al battesimo della nuova creatura, promettendogli massima disponibilità a un mandato-bis, quella convinzione resiste, anche se con qualche sfumatura di troppo: “Ricandidarsi a un altro quinquennio non ci scandalizza, non abbiamo a casa nostra alternative da contrapporgli”, ha specificato Lombardo. Che nel contempo, però, vede luci ma soprattutto ombre: “Serve una maggiore presa di coscienza della difficoltà che la sanità vive in Sicilia e una forte correzione di rotta che il Presidente la Regione può imprimere, e la può imprimere solo lui. Ci vuole il coraggio di puntare su uomini e donne non condizionate e non condizionabili”.
Ma il fulcro della questione è che “è emerso che ci sono delle differenziazioni importanti fra i partiti di questa coalizione. È necessario che ci sia una registrata, e questo è compito del Presidente della Regione”. Anche Schifani, quindi, è invitato ad assumersi le proprie responsabilità. Cosa che forse, in occasione delle provinciali, non ha fatto abbastanza (salvo rivendicare alla fine i numeri azzurri). La stessa considerazione, nei giorni scorsi, proveniva dal patriota Sbardella, commissario di Fratelli d’Italia in Sicilia, che ha accusato Forza Italia di nutrire scarso rispetto nei confronti degli alleati: “Personalmente mi sarei aspettato maggiore impegno da parte del presidente Schifani nel cercare una quadra”, ha detto l’uomo inviato da Meloni.
Due indizi non fanno ancora una prova, ne serve un altro. Potrebbe già essere arrivato dall’aula: all’Ars, infatti, non c’è spazio per un solo provvedimento. E i pochi che arrivano alla meta, vengono puntualmente impallinati dal voto segreto. E’ tutto bloccato in attesa della prossima sessione finanziaria, che pare sbloccherà 50 milioni. Si tratta di un disegno di legge già approvato dalla giunta e, qualche giorno fa, anche dalla commissione Bilancio. Una cosuzza, tutto sommato (con 15 milioni per i privati convenzionati), che ha richiesto le note e i comunicati delle grandi occasioni per accentuare la compattezza dei deputati di maggioranza. E’ chiaro che qualcosa non va. Il dubbio riguarda un presunto tesoretto da 25 milioni che si sarebbe liberato a causa degli errori degli uffici rispetto a un’altra norma, del 2024, che prevedeva una dotazione da 50 milioni per incentivare le imprese ad assumere a tempo indeterminato.
Questi 25 milioni ci sono o no? I parlamentari già fiutano l’affare, e pensano di ri-utilizzarli per le solite mance che possano avere ricadute sui territori. Ma Schifani fa (finalmente) resistenza: perché ha promesso al Ministero dell’Economia, dopo il pericolo scampato dell’ultima manovra, che i soldi sarebbero stati utilizzati in maniera equa e imparziale, su progetti di più ampio respiro. Che non significa il campo di calcio, la sagrestia della parrocchia o la sagra di paese. I “poveri” deputati sapranno rispettare l’ordine di scuderia o, mascherandosi da franchi tiratori, alzeranno la posta in palio delle pretese, finendo per snaturare il disegno di legge (snello) venuto fuori dalla commissione? Ma soprattutto, come si comporteranno se Schifani gli chiudesse davvero le porte in faccia?
“In Assemblea si fanno poche leggi – ha detto Lombardo nella sua intervista -. Praticamente si è fatta la finanziaria con la storia delle mance che è una storia assurda, ma non si fanno riforme. E se non si fanno riforme non si armonizza una coalizione. È quello il processo che consente, o che costringe, la coalizione ad armonizzarsi, cioè il processo legislativo. Se non c’è l’obiettivo comune della riforma x, emergono, invece, le diversità di vedute”. Ci sarà un altro tentativo – già questo lunedì – per capire coi capigruppo della maggioranza se i partiti remano nella stessa direzione del governo o se c’è da attendersi qualche spiacevole sorpresa. Da martedì la proposta verrà incardinata in aula. Sarà un nuovo round di questo show infinito.