Il povero Giuseppe Brindisi – colpevole della docilissima intervista a quel vecchio lupo di Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo – è riuscito nel miracolo di ricomporre il vecchio bipolarismo, col centrosinistra fuori di sé dallo scandalo e il centrodestra issato sulle barricate della difesa della libertà di stampa. Io sto con Brindisi, ma non per quella vecchia ciabatta della libertà di stampa, ormai libertinaggio.

Sto con Brindisi perché siamo circondati da piccoli Lavrov, dittatorelli del nulla di casa nostra, leader incapaci di sostenere una conversazione oltre i tavolini del bar, che pretendono domande scritte e risposte scritte, e accettano ospitate in tv soltanto previa scelta degli altri ospiti. Semmai il caso Lavrov certifica l’incapacità di distinguere fra una guerra con ripercussioni devastanti e le nostre sfarfallate di politica interna, e penso abbia ragione il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori: la magnifica dimostrazione di un giornalismo decadente in un paese decadente.

Qualche mese fa, intervistato dal Foglio, Fedele Confalonieri aveva confessato che i saltimbanchi servono per fare audience e un talk deve fare audience. E pertanto, spettacoli di saltimbanchi per un pubblico di deficienti: così stabiliamo il nostro presente e fondiamo il nostro futuro. In Quarto Potere, capolavoro di immenso cinismo, ma di grandezza di pensiero, l’editore di quotidiani «da New York a San Francisco» Citizen Kane (Orson Welles) dice: «La gente penserà solo quello che voglio io». Adesso pensiamo solo quello che vuole la gente.