Cresce la voglia di Salvini, anche in Sicilia. Cresce, con essa, il fronte degli oppositori più ferrei, capitanato da chi siede sullo scranno più alto di Sala d’Ercole: Gianfranco Micciché. Il coordinatore regionale di Forza Italia, che Silvio Berlusconi sembra avere tutto l’interesse del mondo a conservare in quel ruolo, ha sdoganato il mito dell’alleanza a tutti i costi con la Lega. E quello “stronzo” pronunciato in piano agosto ha sancito un divario, netto, dal vecchio alleato.

Micciché ha provato a far breccia, riuscendoci in parte, nel Silvio-pensiero. E anche dalla convention di Fiuggi organizzata da Antonio Tajani ha lanciato saette sul ministro dell’Interno, con il quale “in questo momento non è possibile allearsi”. Perché noi siamo altra cosa rispetto a loro – sembra il refrain di Renzi – perché noi conosciamo l’indole dei siciliani, disposti ad accogliere. Attorno al tema dell’immigrazione nasce il divario più netto, in Sicilia, fra Lega e Forza Italia. Miccichè si è messo a capo di una fronda che ha voce in capitolo e non intende recedere dai concetti di accoglienza e umanità. Qualche giorno fa il presidente ha offerto uno stage di due mesi, nella cucina dell’Ars, al 19enne senegalese picchiato a Partinico. Poi, assieme ad alcuni colleghi (fra cui Cracolici del Pd) si è recato all’istituto comprensivo “Antonio Ugo” di Palermo per esprimere solidarietà al preside, preso di mira per aver organizzato la giornata dell’accoglienza. E, ancora, è stato uno dei principali sponsor del concerto multietnico dell’integrazione che si è tento sul balcone di Palazzo Reale.

Un impegno fattivo per promuovere i concetti della solidarietà e dell’integrazione, e per smarcarsi dall’abbraccio fatale di Salvini e di quelli come lui. Perché è vero che la Lega vince, ma i valori restano valori, e vanno al di là di un mero calcolo elettorale.