I primi exit poll dicono Faraone. Fra i “grandi elettori” risultano sia Rubino che Raciti. Non tanto (e non solo) per il bacino di voti che rappresentano, ma perché in pochi si sarebbero aspettati una convergenza sul candidato renziano, che ad esempio i partigiani, fino a qualche settimana fa, osteggiavano in modo convinto. Ma nel Pd, come altrove, regna il pensiero fluido. Lo stesso che permette a Luisa Lantieri, ex assessore di spicco del governo Crocetta, attuale vice-presidente della commissione regionale Antimafia, a mettere da parte le rivalità (“Alle ultime Regionali non avevo il sostegno di Davide”) e inchinarsi alla causa di forza maggiore: “Faraone è l’unico che può fare ritrovare serenità al partito”.

Ma in realtà, onorevole, la sua auto-candidatura avrebbe impedito l’accordo su un nome unitario per il congresso. Così dicono da sinistra…

“E’ una persona che ha fatto degli sbagli e li ha riconosciuti. Può essere un segretario equilibrato, che può far dialogare tutte le anime del Pd. Non so niente di candidature unitarie. L’unico attorno a cui fare sintesi era Sammartino. Ma lui ha fatto un passo indietro, non so cosa è successo… Forse ha riconosciuto a Davide di avere più qualità per ricoprire questo incarico”.

E cosa pensa della Piccione? Nessuna solidarietà femminile?

“E’ una brava persona. L’ho vista poco quando era deputata alla Camera, ma da un punto di vista politico credo sia molto fattiva. Con tutto il rispetto, però, serve un rinnovamento”.

Non era meglio presentarsi compatti di fronte a una scelta così delicata?

“Anch’io avrei auspicato un candidato unitario. In questo momento una guerra fratricida interna al Pd non conviene a nessuno. La gente del Pd vuole essere coinvolta, non allontanata. E per essere più inclusivi era necessario tenere i congressi”.

Quelli provinciali sono stati “sospesi” in assenza di regole certe.

“Lo ha deciso la commissione regionale, non so sulla base di cosa. Ma siamo ancora in tempo a rimediare: si fissi, prima delle primarie del 16 dicembre, la data dei congressi provinciali. In questo modo anche gli elettori avranno modo di prepararsi. Bisogna ripartire dai territori”.

Non teme che i gazebo si rivelino un flop?

“Nessuno può negare che il momento sia difficile. Ma la gente comincia a capire che non tutte le colpe sono del Partito Democratico. Siamo stati massacrati sia per il governo nazionale che per quello della Regione. Ma a Roma continuiamo a vivere un dramma, e Palermo non è che sia cambiato granché…”.

Non le sembra che il Pd difetti un po’ troppo di autocritica?

“Quando siamo stati al governo, in Sicilia, abbiamo fatto un mare di errori. Ma le piccole cose che siamo riusciti a completare non sono state valorizzate, perché c’era la guerra interna al partito. Se un assessore faceva bene una cosa, ce n’era un altro che la criticava solo perché apparteneva alla corrente opposta. Questo atteggiamento non paga. Il tempo della politica è cambiato, la gente ha bisogno di una speranza”.

Anche a livello nazionale le cose non vanno meglio…

“E le ultime elezioni Politiche lo dimostrano. Tutti hanno cercato un posto al sole anziché il dialogo con gli elettori. Il risultato è quello che sappiamo”.

Oggi, in Sicilia, si assiste ad accostamenti repentini. Il capo dei partigiani che sostiene Faraone, Gucciardi che va dalla Piccione, Cracolici e Lupo che fanno pace. Ma è diventato così scontato cambiare idea?

“Il problema del Pd è proprio questo. Prima se ne dicono di tutti i colori e adesso stanno insieme. Ma io non mi stupisco più di nulla. La politica è l’arte del possibile”.

Quale dovrà essere la prima mossa del nuovo segretario?

“Riunire tutti, compresi i sostenitori della fazione opposta. E ripartire. Altrimenti il congresso si rivelerebbe inutile: sarei io la prima a salutare…”.

E su quali temi si innesta il dialogo con la base?

“Sviluppo e lavoro. La gente sta abbandonando in massa la Sicilia. Lasciamo stare i giovani, che si formano e cominciano a lavorare fuori. Ma anche quelli che vivono da tempo nell’Isola decidono di andarsene. E lo spopolamento, specie nei paesi più piccoli come Piazza Armerina, dove vivo io, è lampante. Serve una politica reale di sviluppo e occupazione. E’ inutile parlare sempre degli stessi temi”.

Quali temi?

“I rifiuti, ad esempio. Quel treno è passato. Bisognava fare i termovalorizzatori diversi anni fa, la differenziata da sola non basta a risolvere l’emergenza. La gente vorrebbe rimanere in Sicilia ma non gliene diamo l’opportunità”.

Che voto dà al governo Musumeci a un anno dall’insediamento?

“Partiva da un bel programma, ma continua a navigare a vista. E’ travolto dalle emergenze. Indubbiamente ha trovato una situazione economica poco favorevole”.

Tornando al Pd: le piace di più la proposta di Zingaretti o quella di Minniti?

“Io ascolto tutti. Zingaretti credo sia un ottimo governatore. Minniti è una bella persona: ha lavorato bene da ministro, e Salvini sta raccogliendo i frutti del suo lavoro. Ma io seguo con molta gioia i giovani, che finora hanno avuto poche possibilità di emergere. Hanno una grinta e una voglia di fare che non mi lasciano indifferente. Speriamo che siano loro a coinvolgere l’elettorato e riportare un po’ di passione al centro del dibattito”.