Il concorso è bandito, il pranzo è servito, vabbè abbiamo capito. No, non è una filastrocca. O forse sì. In effetti, potrebbe essere un bel motivetto da canticchiare qua e là per le strade di Sicilia. Del resto, non manca niente.

Il concorso c’è: un concorso bandito dall’Assemblea Regionale Siciliana per una quarantina di posizioni, posti d’oro, stipendio il 27, sistemazione a vita.

Il pranzo c’è: la famosa tavola cunsata, sulla quale la vulgata borgatara già vede banchettare i soliti noti, i figli dei padri nobili e gli amici degli amici.

Ed ecco il terzo elemento della nostra filastrocca, la quale, in perfetto stile sciasciano, non può che chiosare con quella tipica espressione, un po’ cantilenata e accompagnata da movimento rotatorio di mano e braccio, che raccoglie tutto il pessimismo cosmico e la rassegnazione del popolo siciliano. Un popolo che capisce sempre tutto prima degli altri, che fa della dietrologia la sua corrente di retro-pensiero più ferrea; uno scudo, in realtà, per secoli di vessazioni, dominazioni e politicanti mascalzoni (un’altra filastrocca, ci ho preso gusto).

La verità è che questo concorso all’Ars è la tela migliore su cui dipingere il tratto di noi siciliani. Finalmente un pubblico concorso con tutte le guarentigie di trasparenza e meritocrazia che l’evidenza pubblica per se stessa assicura, per la nostra terra un’opportunità che ha quasi del miracoloso, eppure non sappiamo gioirne. Anzi. Gente che telefona, gente che si piazza dietro le porte, gente che implora l’ammuttuni, gente che si getterebbe da un dirupo. E gente che se ne sta in disparte, perché non ha nessun numero a cui chiamare, nessuna porta dietro cui stare, nessuna spintarella in cui sperare. Questa è la maggioranza chiassosa dei siciliani, a cui aggiungansi coloro che non ci rientrano e ci vanno giù pesante con Miccichè, il maledetto sistema e l’immancabile “Vabbè, abbiamo capito”.

Poi c’è la minoranza, quelli che si scaricano il bando da soli (e non è poco da queste parti), che verificano se ci sono le condizioni per partecipare, che eventualmente studiano, si preparano, concorrono e vincono. E, zitti zitti, entrano! E pazienza se, assieme al posto d’oro, acquisiranno ipso facto anche lo status di soliti noti, figli dei padri nobili ed amici degli amici. Se ne faranno tutti una ragione.