Credevano che bastasse avere la benedizione politica e antimafiosa di Leoluca Orlando per diventare i padroncini del Palermo, con tutti i sogni di pubblicità che la squadra avrebbe assicurato alla loro impresa. Credevano che bastasse la loro vecchia e grifagna furbizia per spadroneggiare sugli altri soci, a cominciare da quel Tony Di Piazza venuto dall’America per giocare, anche lui, con lo stellone e la tifoseria rosanero. Ma il mondo del calcio non è assimilabile al far west delle affissioni, settore nel quale gli aggressivi Dario e Daniele Mirri fanno tranquillamente i loro affari. Il Palermo, se vuole tentare la scalata delle classifiche, ha bisogno di investimenti e di soldi regolarmente versati. Altrimenti comincia la girandola degli scontenti. L’allenatore e i giocatori se ne vanno, i ricordi si trasformano in rimpianti e le speranze diventano illusioni.